Abitare il cammino

È interessante il fatto che, come ha notato Bruce Chatwin, gli aborigeni australiani usano la stessa parola per dire “paese”, “patria” e “strada”, “cammino”. Perfetta coincidenza: essere per via è essere a casa. Così è per i nomadi: il territorio di un nomade è il sentiero che collega i vari pascoli stagionali. I mandriani rivendicano come proprietà le vie ma “in pratica non chiedono altro che il diritto di passaggio su una data striscia di territorio in un periodo fisso dell’anno. Per loro la terra perde ogni interesse non appena le hanno voltato le spalle” (Chatwin). Questo, in parte, è vero anche per il pellegrino: egli “abita” il suo cammino ed è “pellegrino” in quanto e fino a che si trova per via (di andata o di ritorno in questo caso non è decisivo). La meta sta sempre sullo sfondo, ma alla fine si “rivela”. È la meta che con la sua imponenza viene incontro al pellegrino: non si tratta di una “conquista” della meta ma di un dono ricevuto, di una “grazia”. Il vero pellegrinaggio consiste proprio nel lasciarsi raggiungere, “visitare” dalla meta. E il cammino non è neutro, indifferente. È una palestra che permette un continuo esercizio. La solitudine del pellegrino non è isolamento, l’isolamento di chi cerca solo se stesso e di questo si accontenta, ma è un esercizio di fiducia e di contemplazione: “ogni viaggio è una contemplazione in movimento” (M. Yourcenar). Ma il pellegrino ha bisaccia, bagaglio, valigia? È proprio di un pellegrino portare con sè le proprie cose o lasciarle a casa o perdele per strada?

– Abramo porta con sè tutto ciò che ha, ma si lascia guidare nel suo viaggio da un Voce che lo spinge verso dove egli non sa.
– Figure di vagabondi, come quelli descritti da certa poesia new age, lasciano tutto e si avventurano per le strade, ma spesso esaltati come tante “vispa Teresa”
– Viaggiatori come quello descritto da Montale in “Prima del viaggio” preparano tutto a puntino, ma proprio per questo stritolano il loro viaggio all’interno dell’organizzazione. Qui la novità è impossibile o quasi.
– La Ingrid Bergman del film “Stromboli” di Rossellini perde, nella sua ascesa al vulcano, le proprie valigie e così anche le proprie certezze e presunzioni.

Il bagaglio può essere reale ma anche metaforico: tutti si portano dietro un bagaglio di memorie, affetti, conoscenze… Che ne fai del tuo bagaglio? In cosa consiste il tuo bagaglio? Cosa porti *con te*? Cosa porti *di tuo*? Cosa *ti serve* veramente?

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