Un arazzo di fondo

La cultura può essere un immenso e sterile meccanismo narcisistico che imbozzola e fa crepare dentro discorsi asfittici, scegliendo sempre i locali “giusti”, le librerie più fornite, gli spettacoli più colti e gli arredamenti più arditi: una superba miseria. A proposito di Inverno, un recente film di Nina di Majo, Marco Lodoli ha scritto che “ai libri, ai film, ai quadri bisogna solo chiedere di aiutarci a essere più autentici e spontanei, di sciogliere ogni incrostazione che impedisce alla nostra energia di scorrere libera e chiara in una sfera più vasta“. Ha ragione.

L’arte e la cultura è un “aiuto” (non uno strumento, un aiuto) che scioglie le incrostazioni che impediscono l’autenticità. Ma soprattutto toglie gli intoppi che impediscono all’energia di scorrere “in una sfera più vasta”. E qual è questa sfera? Potrei porre la domanda in questi termini: in quale sfera io mi colloco? Quando scrivo, leggo, guardo, dipingo… non lo faccio mai in modo neutrale. C’è sempre un arazzo di fondo, un orizzonte, una meta-narrazione, un cosmo all’interno del quale io mi muovo, scrivo, guardo e interpreto… Qual è il disegno che ho alle spalle e davanti? Ha scritto Erri De Luca a proposito di una delle più grandi e plastiche metanarrazioni che esistano, la Bibbia: “ricevo l’immensità di un senso, anche restando alla superficie delle parole”. Le parole del senso, evidentemente, hanno una superficie tutta da perlustrare… ma soprattutto è aperta e vasta…

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