Una giornata… particolare!

logo pietre di scartoÈ stata una giornata molto piacevole ed intensa quella trascorsa qui, a Reggio Calabria, in casa delle Pietre di scarto, lo scorso sabato 29 aprile.

L’appuntamento era stato fissato alle ore 9:30 per il laboratorio di scrittura creativa che è stato animato da Stas’ Gawronski, la cui presenza periodica è sempre per noi un momento di grande crescita e condivisione. Il laboratorio ci ha visti impegnati fino alle ore 16:00; alle 17:00, poi, ci siamo ritrovati nell’aula magna del Liceo scientifico “Leonardo da Vinci”, dove abbiamo organizzato la presentazione dell’ultimo successo editoriale del nostro carissimo amico Antonio Spadaro, dal titolo “CONNESSIONI. Nuove forme della cultura al tempo di Internet“, edito da Pardes.

Per tutti i curiosi di sapere come è andata… ecco servito un dettagliato resoconto.
Già intorno alle 9:00 le prime Pietre di scarto, quelle che, come a volte diciamo, l’orologio non lo tengono al polso ma in testa, si aggiravano indisturbate nei pressi della Biblioteca Comunale di via Pio XI, dove, per straordinaria concessione, abbiamo la nostra sede, oltre a poter usufruire dei vari locali.

Primo piano, non ci si può sbagliare. Abbiamo messo sul portone d’ingresso una targa piccola ma emblematica e, soprattutto, artigianale (vuol dire fatta da noi, quindi costo zero, scusate se è poco), col nome dell’Associazione ed il nostro logo (bellissimo, con le margherite fiorite tra le pietre); anche all’altro ingresso abbiamo messo il nome dell’associazione su di un cartoncino colorato, affinchè non passi inosservato, e nei locali interni i manifesti delle varie iniziative di Pietre di scarto, dei convegni, dei laboratori, di presentazione di libri … iniziative di cui va molto fiera la nostra piccolissima associazione.

Mentre aspettiamo l’arrivo degli altri, apparecchiamo la tavola. Si! Avete letto bene e non ho sbagliato a scrivere. Abbiamo proprio apparecchiato nella stanza accanto a quella in cui si è tenuto il laboratorio e non, dunque, il tavolo per il laboratorio di scrittura creativa, ma quello per la pausa pranzo di quattro ore dopo; semplicemente, è ovvio, per anticipare i tempi e permettere a quelli che arrivavano di sistemare il loro … contributo al banchetto. È proprio vero quello che dicono di noi in televisione: le melanzane sott’olio, il peperoncino, il famoso “mangia, che hai magrito!” della mamma al Franco Neri di Zelig, è tutto vero. A volte cerchiamo di negare, ma poi, puntualmente, veniamo scoperti … a bocca piena e continuano, così, le proverbiali dicerie su noi calabresi. Eh, sì, che siamo “Pietre di scarto”, ma abbiamo anche noi una bocca, delle papille gustative, uno stomaco buono e, come tutti i calabresi, siamo abituati a chiacchierare a tavola, magari di fronte ad un piatto di fave accompagnate da pecorino e salame e da pane di grano di Pellegrina di Bagnara, come questa volta.

E mentre ci ritroviamo quasi tutti, il tempo di sistemare, ed ecco arrivare Stas’, ospite dalla sera precedente dei nostri amici, Maria e Aldo: il suo sorriso e la sua coloratissima sciarpa lo rendono inconfondibile. Arrivano intanto anche le nostre due amiche di Messina, Vera e Nancy, artefici della nascita nell’isola triangolare di una realtà, che, nonostante stia muovendo ancora i suoi primi passi, ha tutte le carte in regola per procedere al meglio ed ergersi a testimonianza della passione, della dedizione e dell’impegno, sempre convinto, che domina lo Stretto. E arriva anche il più giovane partecipante al laboratorio di scrittura di tutti i tempi, un bellissimo bambino di poco più di un mese, che ha accompagnato la sua mamma, nostra nuova amica appassionata di scrittura: è stato buonissimo nella sua culletta, oltre che puntuale per le poppate e, devo dire, era davvero bello saperlo lì vicino e soprattutto straordinariamente pronto a sorridere al risveglio. Ancora qualche chiacchiera e, dopo aver mostrato a Stas’ i cambiamenti ultimamente avvenuti nella nostra sede, forse neppure quattro metri per quattro, con quadretti, libreria, crocefisso, scrivania con su la nostra carta intestata, eccoci finalmente pronti per dare inizio ad una nuova entusiasmante scalata verso la creatività.

Stas’ ci ha invitati inizialmente ad una breve riflessione sull’esperienza da noi fatta nel laboratorio di scrittura fino a quel momento, dalla quale sono certamente emersi i progressi compiuti negli ultimi mesi: l’importanza dell’esserci messi in gioco e di aver provato la piacevole ansia di scoprire come sarebbe andata a finire, alimentando il desiderio di fare propri i nostri testi. Un passo fondamentale, inoltre, è stato l’aver compreso l’importanza di ridurre le aspettative per aprirci ad accogliere il nuovo, l’imprevisto, di lasciare da parte i preconcetti e la fretta, nella consapevolezza che i risultati si raggiungono passo dopo passo, ma che ognuno è estremamente concreto.

Il laboratorio è soprattutto un momento di pratica, un momento di esperienza concreta: abbiamo, così, evidenziato l’importanza dell’aver creduto, proprio come gli apprendisti in una bottega, nella “sperimentazione” dell’arte di scrivere come elemento fondamentale non per diventare degli scrittori, ma per affinare il nostro istinto, per maturare una migliore attenzione al mondo ed alle sue meraviglie, per responsabilizzarci nella capacita di ascolto, nel tentativo di approdare alla conquista di un “nostro”, personale e autentico stile. Siamo passati, dunque, alla lettura ed analisi di un racconto molto avvincente di Beppe Fenoglio, “Un giorno di fuoco”, tratto dall’omonima raccolta, la cui atmosfera ha decisamente fatto sorgere in molti di noi il desiderio di ritornare a scoprire le pagine di altri scritti di questo autore.

Alla fine di giugno Pietro Gallesio diede la parola alla doppietta. Ammazzò suo fratello in cucina, freddò nell’aia il nipote accorso allo sparo, la cognata era sulla sua lista, ma gli apparì dietro una grata con la bambina ultima sulle braccia”.

Queste sono le battute d’inizio del racconto di Fenoglio e le riporto perché, ancor prima di leggere il racconto, Stas’ ci ha chiesto di scrivere queste righe e di provare noi a continuare la narrazione; di provare, cioè, a catapultarci nella scena, ad immaginare il luogo in cui si svolge l’azione, a respirarne l’aria, riportarne i particolari, eventuali odori e colori, e provando a descrivere cosa provava questo personaggio in preda alla follia, pur senza sapere ancora se sarebbe stato lui il vero protagonista del racconto. Ci siamo presi qualche minuto per svolgere l’esercizio; dunque alcuni di noi hanno letto. Come si fa in questi casi abbiamo ascoltato con attenzione e provato in seguito, insieme a Stas’, ad esprimere un nostro pensiero sull’esercizio dell’altro, sottolineando ciò che ci aveva colpito, cosa andava magari modificato, ponendo, insomma, le basi per una nuova revisione, una riscrittura del nostro testo.

Abbiamo poi proseguito nella lettura e nell’analisi del racconto in questione, mentre venivano man mano fuori altri personaggi ed altri modi di vedere le cose e di rapportarsi con la vita ed il mondo, evidenziando l’asciuttezza dello stile di Fenoglio, la sua essenzialità, la vivace concretezza dei dialoghi, il segreto delle metafore e l’uso ragionevole che bisogna farne.

Il tempo è praticamente volato e dopo una pausa con rispettivo spuntino, risa e chiacchiere annesse, nuovi progetti vicini e lontani, foto ricordo, scambio di opinioni, consigli, dolce e il caffè, offerto dalla nostra solerte segretaria, eccoci nuovamente pronti per ricominciare.

Ancora alle prese con il racconto del mattino siamo andati avanti, sempre più curiosi, nella lettura ed a fare un nuovo esercizio per continuare a mettere in moto la nostra capacità di immaginazione nell’entrare nella storia e proseguirla. Giunti al finale, dopo aver scoperto cosa aveva generato il comportamento folle di Pietro Gallesio, avendo un quadro completo della narrazione è stato più facile renderci conto dell’intento preciso, della chiarezza di visione, di cosa Fenoglio aveva cercato di dirci sin dalle sue prime righe. Prima di concludere, un nuovo esercizio di scrittura ci ha visti impegnati e curiosi questa volta nell’improvvisarci fumettisti, nel provare, cioè, a scrivere, sempre con lo straordinario ricorso all’immaginazione, i dialoghi, precedentemente cancellati, di alcune vignette, la cui storia era ambientata in Russia.

Concluso il laboratorio di scrittura, non lo era ancora il nostro pomeriggio insieme. Infatti, per continuare con la serie di iniziative promosse da Pietre di scarto e dalla Federazione BombaCarta nell’ambito del generale progetto di sensibilizzazione all’esperienza della letteratura, ci siamo ritrovati poco dopo nell’Aula magna del Liceo Scientifico “L. da Vinci”, tutti puntuali, o quasi, per la presentazione del fortunatissimo libro di Antonio Spadaro, materializzatosi in riva allo Stretto per completare la nostra gioia. Hanno presentato il libro Saverio Pazzano, laureato in Lettere classiche e ricercatore presso l’Università degli studi di Messina, oltre a Stas’ Gawronski. Ad introdurre l’evento ci ha pensato Giuseppina Catone, membro attivo e fecondo della nostra associazione, la quale, insegnando al liceo scientifico, ha praticamente fatto gli onori di casa, presentando i relatori, dando ai presenti alcune essenziali informazioni su Pietre di scarto e, soprattutto, sottolineando uno degli obiettivi principali delle nostre attività, ovvero la diffusione ed il coinvolgimento nel piacere di leggere e di scrivere.

La parola è andata, quindi, al nostro caro ospite, Antonio Spadaro, il quale, dopo aver sottolineato il piacere di essere presente e di poter condividere la nostra passione, ha voluto evidenziare quanto sempre sia importante il contesto affettivo, uno degli elementi che senza dubbio caratterizza maggiormente la Federazione BombaCarta e che contribuisce alla crescita di attività di questo tipo. A. Spadaro ha letto, dunque, alcune parti dell’introduzione del suo libro, per rendere subito chiaro alle persone presenti, sia a coloro che avevano già una certa esperienza di navigazione in rete che agli apprendisti, come la nascita di internet costituisca una vera rivoluzione e come già da parecchio tempo ne fossero state poste le basi. L’introduzione di Connessioni inizia, infatti, informando il lettore su come già un gruppo di artisti futuristi, nel 1916, si fossero mossi verso quella forma di espressione che è il linguaggio ipertestuale, protagonista del testo di A. Spadaro, vagheggiando “grandi tavole di parole in libertà”, “mobili avvisi luminosi”, insomma una sorta di “poliespressività”.

Ascoltando Spadaro ci siamo resi conto di come, a distanza di anni dalle intuizioni futuriste, si sia arrivati allo sviluppo di internet, ovvero ad una rete di interconnessione tra computer collegati attraverso l’adozione di un medesimo sistema di comunicazione, una sorta di sistema a ragnatela, ha spiegato Spadaro; la parola inglese web, infatti, che significa ragnatela, viene utilizzata proprio per indicare l’intera rete. Internet si rivela oggi come un “oceano di informazioni” da riempire e da solcare e per questo usiamo generalmente il termine “navigare” per intendere questo atto di esplorazione nell’universo delle informazioni presenti in rete.

Il giovanissimo Saverio Pazzano ha esordito affermando di aver particolarmente apprezzato il testo di A. Spadaro, al quale va riconosciuto il merito di porsi come chiave di lettura per tutti i naviganti, una sorta di bussola fornita da chi è esperto di navigazione e che si rivela tale soprattutto perché, prima, ha imparato a navigare a dovere sui libri. Pazzano ha illustrato gli interrogativi che il libro pone, come, per esempio, se internet potrà un giorno soppiantare la parola scritta oppure se tutti possano con internet accedere alla cultura. E la risposta è stata che se la cultura è accessibile a tutti, essa, in realtà, dà risposte che di tutti non sono. La grande sfida della comunicazione, la rivoluzione dell’informazione è la possibilità per chiunque di accedere a dei dati semplicemente collegandosi ad un computer, ma poi non è da tutti saper vagliare le notizie, distinguere tra ciò che è vero e ciò che è privo di fondamento.

A. Spadaro, che prima di tutto è un gesuita, un uomo, cioè, con un punto di vista ben preciso, in questo suo libro, interamente dedicato alla nascita ed evoluzione di internet, non ha tralasciato l’aspetto religioso; Dio è infatti presente e vive, anche attraverso le pagine di questo libro, di cui in particolare il capitolo 7, dal titolo Dio nella “Rete”, affronta il discorso sugli spazi religiosi virtuali, sul bisogno di Dio e del dialogo spirituale, che la presenza in rete testimonia.

Pazzano, a questo punto, si è chiesto come un cristiano debba porsi di fronte a queste tematiche, come debba prendere posizione, da che parte debba schierarsi, considerando che il 93% delle persone che navigano in rete corrisponde al 23% della popolazione mondiale, alle persone cioè più ricche: un dato questo certamente provocatorio e che, inevitabilmente, porta a mettere in dubbio il fatto che si possa realmente parlare di una rivoluzione.

Chi si affaccia a questo libro è provocato a dire la propria, nella consapevolezza di poter sfruttare una ricchezza che è di tutti. Ma c’è, esiste un controllo dell’informazione con internet? Pazzano ha accennato ad un testo di T. Terzani, un ateo che stimava i gesuiti perché, sosteneva, “non cercano di comprarci l’anima, ma di spiegarcela”, proprio come il libro di Antonio Spadaro, un libro sincero, schietto, obiettivo.

Ancora tanti gli interrogativi emersi dalla riflessione del giovane relatore, come, per esempio, se il ricorso ad internet possa svilire la poesia, l’opera d’arte, il rapporto con il libro, oppure se è possibile praticare la religione via internet, porre delle domande o addirittura confessarsi. È evidente che la navigazione in rete comporta anche dei rischi, sicché tutto si gioca sulla capacità di ciascuno di affacciarsi ad internet, capacità che presuppone una formazione personale, una conoscenza di base. Le pagine conclusive, ha detto Pazzano, sono le più forti, quelle dedicate all’esperienza della lettura secondo gli esercizi spirituali di S. Ignazio di Loyola, ed è proprio da quest’ultima parte che emerge come l’autore di Connessioni sia proprio uno che oltre a saper navigare e a saperlo fare molto bene è anche uno che “naviga largo”, altrimenti che connessione potrebbe esserci tra internet e S. Ignazio di Loyola? La risposta è che la lettura ci permette di passare inevitabilmente attraverso il mondo, di fare esperienza e di rendere partecipi gli altri di questa esperienza, proprio come ha saputo fare S. Ignazio di Loyola. E con una citazione di M. Proust sul libro come possibilità per il lettore di guardare dentro se stesso, di compiere un viaggio attraverso il libro, Pazzano ha concluso definendo internet come il viaggio più straordinario che la modernità ci offre.

La parola è passata, dunque, a Stas’ Gawronski, che iniziò a lavorare proprio quando da poco si iniziava ad utilizzare internet e a questo proposito ha ricordato quanta filosofia inizialmente si fece, probabilmente per il sogno di libertà ideologica della nostra società, perché forse si sperava che internet potesse con le sue rivoluzioni regalarci un mondo migliore. Vennero applicati, insomma, molti preconcetti ad una realtà che muoveva appena i suoi primi passi e che, dunque, andava ancora esplorata e conosciuta. S. Gawronski ha poi evidenziato come lo stesso Antonio Spadaro sia stato il primo a meravigliarsi di quanto col tempo andava sperimentando, lui che per dare vita a questo suo libro è partito prima di tutto da un’esperienza.

Un libro è anche per chi sa poco, ha sottolineato Gawronski, per chiunque sia curioso di capire come funzioni la letteratura ed anche dalla sua riflessione è emerso come la parte finale del libro sia quella più significativa, perché pone l’attenzione sul rapporto tra la letteratura e le nuove tecnologie, sulla letteratura, cioè, come realtà virtuale, un’esperienza simile a quella che facciamo quando ci immergiamo in un altro mondo, come può essere quello di un romanzo, di un racconto, dalle storie dell’antica Roma agli ambienti partigiani di Beppe Fenoglio.

Quello sulla spiritualità e le tecnologie è un capitolo specifico del testo di Spadaro, dove il discorso sulla letteratura è una porta possibile e molto significativa per chi non conosce bene internet. La federazione BombaCarta, ha continuato Gawronski, è anche una comunità virtuale e Antonio Spadaro si è coinvolto in questi anni in prima persona moderando un ambiente virtuale, moderando le conversazioni in rete, e ha spiegato come internet sia un ambiente in cui è assolutamente fondamentale educare all’ascolto, alle relazioni con gli altri, per evitare di scadere in un rapporto che finirebbe con l’essere altrimenti semplicemente autoreferenziale e narcisistico e nel mettere a disposizione informazioni a vantaggio di chiunque conosca la nostra lingua. Ma se, al di là di tutto questo, si vuole anche dare valore alla comunicazione, se si vuole continuare a dar senso alla lettura dei libri, dobbiamo riuscire a provare ancora il gusto dell’esperienza.

Spadaro, ha concluso Gawronski, in Connessioni non spiega soltanto il suo punto di vista, ma pone soprattutto delle domande e questo, ha sottolineato, è molto onesto, perché a chi legge viene offerta la possibilità di interrogarsi e di formarsi un’opinione propria.

La parola è passata, infine, ad A. Spadaro che, con la sua affascinante verve, ci ha portati in questo mondo sempre più esplorato, ma per alcuni ancora sconosciuto, che ha cambiato il modo di diffondere la cultura, ampliando la possibilità di comunicazione: prima di rispondere alle domande che il pubblico presente ha voluto rivolgergli e di chiarire il significato di alcuni termini particolari presenti nel suo libro, come per esempio blog, Wikipedia e web-zine, Spadaro ha spiegato che per chi produce un’informazione il problema è come fare per avere visibilità, come poterla condividere insieme ad altri, mentre per chi naviga più importante è la capacità di far selezione, ovvero di discernere l’attendibilità della massa di informazioni a cui ciascuno può accedere.

Il sapere è avere una visione dell’esistenza, ha detto padre Spadaro, e questo internet non lo può dare; in rete è facile “pensare insieme” perché non bisogna essere necessariamente vicini; una volta il sapere aveva un centro, l’enciclopedia, per esempio, mentre oggi non è più così e la “tecnologia è spiritualità”.

Iniziando a rispondere alle domande dei presenti ha spiegato, poi, come è nato Connessioni, ovvero da una “fortunata schizzofrenia”, ironizza, dall’aver scoperto di saper fare cose che mai avrebbe immaginato di imparare, dal bisogno di chiarirsi le idee, dal suo amore per la letteratura, dalla sua attività di gesuita, dall’essere presidente e animatore di BombaCarta, nonché redattore di “La Civiltà Cattolica”, la più antica rivista culturale italiana, che dal 1850 non ha mai interrotto le sue pubblicazioni ed è sempre particolarmente attenta ai fenomeni culturali e sociali emergenti.

Rispondendo ad una precisa domanda che gli è stata posta circa l’editore poco conosciuto, ci ha permesso sinteticamente di affacciarci nell’affascinante mondo dell’editoria digitale, altro nuovo traguardo della comunicazione, il quale pone per chi scrive non pochi vantaggi, come quello di pubblicare un libro anche in copie limitate e, soprattutto, sempre aggiornabile, fino a pochi giorni prima dalla stampa definitiva. Inizialmente, ci ha spiegato, di aver rifiutato la proposta dell’amico Pardes, pensando di pubblicare un libro che presto sarebbe diventato “vecchio”, visto le celerissime evoluzioni della tecnologia.

Siamo tutti concordi nel ritenere che Antonio Spadaro sia pienamente riuscito nel suo intento, ovvero quello di aiutare il navigante ad orientarsi in internet, a comprendere al meglio questo luogo talvolta ambiguo e ad accompagnarlo in modo acuto nel suo viaggio alla scoperta del mondo.

Antonio Spadaro, Connessioni. Nuove forme della cultura al tempo di internet, Pardes Edizioni, pp. 178, 13.00 euro.

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  1. lia ha detto:

    ma tra tanti posti…mi pare che poi non sia tanto male nascere in un luogo che sta “in fondo” ( ricordo di un tuo lamento rispetto a iniziative culturali organizzate altrove ) sei figlia di una terra oscura dove il demone trova spesso dimora è vero ma la bellezza e l’incanto delle sue ossa riflettono una luce particolare, per esempio un vocio di entusiasmo, e poi oggi poco importa dove nascere, ci si “connette” in un niente
    buon rotolamento tra vanti e sapori tipici di un caliente sud che ha voglia di parlare

  2. Katia M. ha detto:

    Il mio non era affatto un lamento, ma semplicemente una battuta ironica per sottolineare quanto mi sarebbe piaciuto andare a Torino per la Fiera del libro insieme agli altri nostri amici bombers. Io sono molto fiera della mia terra, perchè se oggi sono in un certo modo lo devo certamente anche ai posti in cui sono nata e cresciuta; solo che a volte… le distanze non sono facili da coprire, per tanti motivi. Tutto qua!

  3. Angela C. ha detto:

    Mi piace un sacco la mia figliolanza ad una “terra oscura dove il demone trova spesso dimora”. Mi riporta al concetto di eudamonia, la felicità di marca greca, per afferrarla non devi fare altro che esprimere appieno il demone che ti abita. Ed ecco il problema: non è facile sviscerare quel demone in questa terra oscura: il poverino non ha molto spazio per una sua dimensione conteso com’è tra un passato glorioso dove si è innervata l’anima greca, ed un presente che lo vede così emarginato dal “continente” che pulsa una cultura estesa a noi solo in un’eco. Il mio connettermi in un niente equivale a quell’eco, ma non sbiadisce – né deve farlo – l’importanza della mia terra, radice che connota un popolo che non vuole rimanere un vocio di entusiasmo, ma ambirebbe, avendo le stesse prospettive, ad essere voce, partecipe e costitutiva di cultura.
    E questo è un lamento !!!

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