e la presente / e viva, e il suon di lei…

Si scrive col corpo @ Antonio Spadaro

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  1. demetrio ha detto:

    insomma si scrive con tutto il corpo.
    o si scrive del corpo?

    d.

  2. Antonio Spadaro ha detto:

    Sono istantanee scattate al volo col cellualre nella hall dell’Hotel Art+Tech presso il Lingotto nei giorni della Fiera del Libro.
    Il senso del titolo del post lo tengo per me per adesso, anche perchè voglio lasciare testo e immagine alla libera lettura di chi passerà dal nostro sito.

  3. lisa ha detto:

    beh…lui è legato, ma cerca di scrivere comunque : la parola trova sempre un modo per essere espressa?
    anche se i versi di Leopardi mi fanno pensare anche che sia la voce dello scrittore contemporaneo che tenta di esprimersi in libertà…o è addirittura un monito allo scrittore a liberare la voce o dare nuova voce alla scrittura contemporanea? o… vabbè mi fermo qui

  4. andrea b ha detto:

    macchina da scrivere. un po’ più rumorosa della tastiera del computer. tutto è catene, in queste foto. la sedia, la struttura del tavolino, è in catene. l’uomo è incatenato. nonostante questo, tenta di scrivere. il suono della macchina come un martello che picchia sulle catene. scrivere come liberazione. chissà. per ora questo. ciao.

  5. Angela C. ha detto:

    Suggestiva la sequenza. Pare affermarsi la volontà di scrivere per sviscerare un sé irrimediabilmente “annodato”. Oppure potrebbe simboleggiare un intimo dibattimento: se scrivere è comunque addentrarsi profondamente in sé, lo scontro sarà titanico tra la paura e la curiosità di conoscersi. Il tutto ha un sapore di freudiana memoria (…forse)

  6. raffaele ibba ha detto:

    Chissà perchè a me ricorda l’Iraq e le situazioni di gestione del corpo come oppressione.
    La rivolta c’è sempre, ma è sempre impedita.
    La libertà non è un diritto, ma un fatto, una esperienza di ogni giorno.
    ciao
    raffaele

  7. lia ha detto:

    le catene che mi urlano che io sono questa o quella cosa un punto fermo che non da emozioni quel pesante rumore della realtà che si materializza
    eppure è nell’essere prigioniera che mi scivola l’infrenabile affanno di comunicare
    io sono lo strazio della metamorfosi e sono anche il dito puntato, datemi un foglio e sono pronta a macchiarlo di vita, che non è la mia, il canto mi nasce dall’oscurità del dolore ma è al tuo sorriso che lo dono perchè tu possa asciugare il pianto della schiavitù
    il tuo piede puntato sulla tastiera non è vanità

  8. Tita ha detto:

    Le foto mi sembrano immagini significative del limite e della creatività che dalla consapevolezza del limite accettato può sprigionarsi.
    Il nostro Robinson Crusoe prende coscienza della sua condizione, –quella presente/ e viva– e perfino del  –suon di lei-, cioè nella massima concretezza:
    sono legato come un salame, in un luogo imprecisato e certo non ospitale, ma ho i piedi liberi, ho una macchina da scrivere e perfino una sedia, anche se non comoda, mi pare.
    Posso comunicare a tutti la mia disperazione, posso urlare la rabbia della mia impotenza,
    ma, anche se non –sedendo e mirando-,
    posso cantare il mio canto d’amore per la vita
    che mi lascia ancora delle possibilità e per l’altro stesso che mi ha incatenato ma non può impedirmi di –scrivere lettere d’amore-.

  9. Katia M. ha detto:

    Semplicemente… niente e nessuno potrà mai impedirci di “PENSARE”. Possono legarci, imbavagliarci, torturarci; l’uomo della foto magari non sarà riuscito a scrivere nulla di concreto, con i piedi, con la bocca, col naso… ma nessuna catena potrà mai impedirgli di formulare quanto avrebbe voluto/vorrà comunicare attraverso la parola scritta. Comunque mi rattrista guardarlo, avvolto in quella tuta unica, mi soffoca.

  10. saverio simonelli ha detto:

    mi sembra così retorico…così pensato, così allegorico e snob…mamma mia

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