Filosofia africana

«L’Africa – Madre della Vita – sembra aver trovato dimora nel cimitero», scrive Filomeno Lopes, filosofo della Guinea Bissau, mettendo a fuoco le condizioni attuali del martoriato continente, nel suo Filosofia senza feticci, pubblicato dalle Edizioni Associate. I «dannati della terra», oltre a guerra, fame e malattia, devono oggi combattere con un’interpretazione insistita che vede nell’Africa Saccheggiata prima delle materie prime, ridotta in schiavitù, azzerata nel pensiero; bloccata poi in un’astrazione geografica e in categorie folkloristiche mummificate, l’Africa intende ora scrollarsi di dosso ogni retaggio dell’odiosa colonizzazione fisica e mentale di marca occidentale. Il mito, duro a morire, del buon selvaggio ha confinato il continente in un’idea di umanità pre-logica, in un’esistenza puramente naturale, «in una sorta di paradiso perduto – secondo il giornalista Jean Lèonard Touadi – dell’arcaicità umana ormai smarrita nell’Occidente prometeico». Stanchi delle interpretazioni superficiali e paternalistiche del pensiero del vincitore, gli intellettuali della diaspora nera hanno dato vita a una rinascita di studi, volta alla ricerca dell’identità alienata della loro Mami Wata (icona enigmatica di Madre Africa). Godfrey Onah, Jean Marc Ela, Francis Abiola Irele, Fabien Eboussi Boulaga sono solo alcuni dei pensatori dialoganti intorno al fuoco acceso sotto al baobab, affinché la filosofia, lungi dall’evasione negli algidi iperurani del concetto o nella sterile ricerca della verità per la verità, si faccia portatrice di battaglie vitali; perché l’Africa martoriata è di pane e liberazione che ha bisogno. Se infatti la filosofia è la ricerca del senso, dove meglio può mettersi alla prova se non in Africa, dove oltre il 90% della popolazione soffre di un male che non ha commesso, dove si può parlare di un intero popolo crocifisso che, nonostante tutto, mostra una forza creatrice di culture e tradizioni, altrimenti inghiottite in quel nulla, imposto dai dominatori alle culture orali.
Per John Mbiti, teologo e filosofo della religione, il punto cardinale per comprendere il concetto africano di «muntu», di uomo, è il principio «I am because we are», un modello basato sul «noi siamo», sul valore comunitarista dell’idea di persona, sulla funzione della «palabre», il consensus, il discorso intessuto allo scopo di vivere insieme. In regioni disegnate arbitrariamente dalle potenze europee, costituite da popolazioni inventate a colpi di deportazioni forzate, la convivenza non potrà mai essere possibile senza «ubuntu», riconciliazione, comprensione, rispetto. «Ubuntu», in afrikaans, vuol dire coscienza africana collettiva e fratellanza universale degli africani, vuol dire essere persona solo grazie alle altre persone; secondo Desmond Tutu chi manca di ubuntu è privo di umanità. In quello che può essere considerato il manifesto della teologia della liberazione africana, composto a caldo dopo l’assassinio di Steve Biko, l’ex-arcivescovo anglicano di Città del Capo scrive: «Il razzismo spersonalizza i Neri a un tale livello da fare mettere loro in dubbio – blasfemia di tutte le blasfemie – la loro qualità di uomini e a pensare che i loro oppressori siano nel vero quando gliela negano». Per questo allora c’è bisogno di ubuntu, di riconciliazione: per la ricostituzione dell’identità nera devastata. Sta ora all’Occidente decidere se sedersi o meno intorno al fuoco.

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  1. marika ha detto:

    perchè non si trova un sito che spiega bene il concetto di sasa e zamani? vorrei saperne di più..

  2. giugiu ha detto:

    anche a me interessa il tema del concetto di tempo in africa.. in internet non sono stato capace di trovare niente di non razzista sull’africa..

  3. andrea milano ha detto:

    mmmm concetto del tempo in africa? giustamente non avranno niente da fare da mattina a sera.. bho.. comunque ho sentito parlare di sasa zamani.. senza futuro o una cosa del genere? sarebbe bello saperne di più anche io ho notato che in internet non si trova niente..o almeno non in italiano fate un articolooooo!

  4. Denis angeta Numbe ha detto:

    “Sasa e zamani” dallo swahili sarebbe “sasa na zamani”. “Sasa” significa “ora”, “adesso” e implica la nozione temporale del presente continuo. Non è solo presente legato al momento fisso, allo hic et nunc (sasa hivi), ma anche alla dimensione della continuità temporale. E’ quindi possibile che si dica: “Tutaenda sasa” cioè “partiamo ora” anche se qualche tempo può scorrere ancora. Infatti, “Tutaenda” è già al futuro benchè l’intenzione sia al presente. “Na” è la congiunzione “e” e lega due proposizioni, due termini, due entità complementari.
    “Zamani” significa “passato”, “disuso”,”vecchio” non nel senso di “Mzee” che sarebbe un vecchio saggio. “Zamani” è quindi un passato remoto, un passato finito e consumato. Nelle tradizioni africane le cose antiche vestono un valore simbolico inestimabile.
    Dire:”sasa na zamani” significa che l’azione parte dal presente continuo verso il passato al quale gli Africani sono molto legati. Spezzare questo vincolo vitale sarebbe mandare in aria tradizioni e costumi. Il presente è quindi legato al passato, ma non il contrario. Un proberbio Bembe (popolo della Repubblica democratica del Congo9 dice:”La bocca di un Anziano può puzzare, ma non può mentire”.
    Aspetto le vostre reazioni.
    Denis

  5. Denis angeta Numbe ha detto:

    “Sasa e zamani” dallo swahili sarebbe “sasa na zamani”. “Sasa” significa “ora”, “adesso” e implica la nozione temporale del presente continuo. Non è solo presente legato al momento fisso, allo hic et nunc (sasa hivi), ma anche alla dimensione della continuità temporale. E’ quindi possibile che si dica: “Tutaenda sasa” cioè “partiamo ora” anche se qualche tempo può scorrere ancora. Infatti, “Tutaenda” è già al futuro benchè l’intenzione sia al presente. “Na” è la congiunzione “e” e lega due proposizioni, due termini, due entità complementari.
    “Zamani” significa “passato”, “disuso”,”vecchio” non nel senso di “Mzee” che sarebbe un vecchio saggio. “Zamani” è quindi un passato remoto, un passato finito e consumato. Nelle tradizioni africane le cose antiche vestono un valore simbolico inestimabile.
    Dire:”sasa na zamani” significa che l’azione parte dal presente continuo verso il passato al quale gli Africani sono molto legati. Spezzare questo vincolo vitale sarebbe mandare in aria tradizioni e costumi. Il presente è quindi legato al passato, ma non il contrario. Un proverbio Bembe (popolo della Repubblica democratica del Congo) dice:”La bocca di un Anziano può puzzare, ma non può mentire”.
    Aspetto le vostre reazioni.
    Denis

  6. giamp ha detto:

    Non conosco nè il popolo africano, ne tradizioni, nulla di loro ma so che quando ne incontro qualcuno che magari vende qualcosa, ha sempre un sorriso sulle labbra che sembra così sincero da rendermelo automaticamente simpatico, peccato che non ho soldi da spendere perchè altrimenti qualcosa la comprerei anche sapendo che non dura per lungo tempo e che è una cosa illegale comprare merce contraffatta.
    Si, è vero che dietro c’è la malavita organizzata ma almeno sarà sempre un aiuto per loro o preferiamo che si dedichino ad attività peggiori ?

  7. Nicolas ha detto:

    Grazie Denis per il tuo intervento prezioso. Magari fosse così in occidente che la bocca degli anziani dicano la verità. Senza il passato non c’è tradizione di un popolo.
    Peccato che l’ignoranza porta molti a giudicare un popolo e delle culture in base agli effetti esterni. Si vuol vedere solo gli africani che vendono nelle strade, perché gli occhi vedono quel che sono capaci di vedere. Purtroppo il pregiudizio superficiale e manipolato porta l’ignoranza a lavarsi la coscienza impoverito se stessi. Ma non voler vedere rende la realtà diversa solo della propria mente. La saggezza dei popoli è la vera ricchezza della nostra umanità e non è assolutamente quantificata in moneta.
    Il concetto di Ubuntu è universale. Senza l’altro il mio io non può esistere, comunicare e crescere.
    L’autore ha ragione quando dice che la ricerca della verità per la verità è sterile. È ora per la nostra umanità di dare spazio all’uomo per liberare il meglio della cultura e tradizione senza paure e dominazioni ingiuste che impoverisce tutta l’umanità.

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