Via Varsavia

Io sono di parte, lo dico subito.
Col regista di questo film ci ho lavorato e conosco molti degli attori che hanno partecipato al progetto.
Sono di parte perché so cosa significhi girare un film senza un budget decente, quanto sia difficile trovare bravi attori, delle location e un cast tecnico di alto livello senza una grande produzione alla spalle.
Certo, questo film è co-prodotto e distribuito da Cecchi Gori Home Video (come i precedenti del regista: La ricreazione e Tuttotorna), ma rappresenta principalmente il lavoro di una piccola casa di produzione, Le cose che so di me, nata da soli tre anni.
Nonostante tutto questo, però, credo di poter essere abbastanza obiettiva nel giudizio su Via Varsavia.

Ecco la sinossi del film:

Il palco di un piccolo teatro fiorentino è il luogo che una condannata a morte ha scelto per raccontarsi prima di essere giustiziata sulla sedia elettrica. Un’accusa ignobile pesa su di lei: qualche tempo prima in America ha commesso un atto atroce di cannibalismo nel confronti del fratello. Sul palco, davanti a pochi spettatori, ad un passo dalla morte, dà libero corso ai suoi ricordi.

Il film si regge tutto sulla recitazione di Erika Renai, attrice di indubbio talento diplomata al Piccolo Teatro di Milano.
Erika interpreta due ruoli: quello di Francesca, condannata a morte, e quello di Luca, il fratello da lei ucciso e poi mangiato. L’unico artificio che viene usato per distinguere i due personaggi è quello del colore: Francesca è in bianco e nero, Luca no. Eppure sono la stessa attrice, hanno gli stessi vestiti, sono circondati dalla stessa scenografia. Ed è incredibile che lo spettatore li riconosca.
La regia qui è straordinaria, e fotografia e montaggio non sono da meno. Francesca legge delle poesie, poesie fin troppo “poetiche”, in cui è evidente la ricerca del suono nuovo, dell’allitterazione, e questo eccesso di musicalità può anche dar fastidio, può far sembrare artificiosi i sentimenti che cerca di esprimere. Eppure sono veri, veri almeno quanto i ricordi di Luca, i ricordi della sua infanzia passata in Via Varsavia, il ricordo del nonno scomparso.

Via Varsavia non è un film drammatico, ma non è nemmeno un film comico.
Non è del tutto cinema, non è tutto teatro.
Il tentativo di Emiliano Cribari, infatti, è sempre stato quello di trovare un equilibrio tra dramma e comicità, tra immagine e parola, di usare il cinema per parlare, di portare l’immagine nella poesia, i ricordi semplici nel racconto delle grandi storie. Un tentativo che è stato portato avanti anche nei lavori teatrali che hanno visto unirsi ancora una volta le sue parole e la sua regia alla recitazione di Erika Renai.

Bellissima anche la musica, che fa sentire la sua presenza ma che non appesantisce il film.

Forse, però, Via Varsavia non arriva subito. La parte iniziale serve comunque a “costruirlo”, a creare intorno allo spettacolo teatrale una rete di personaggi e di storie.
Il film è infatti arricchito da scene di puro umorismo toscano e dalla partecipazione straordinaria di attori “storici” della commedia fiorentina (Alessandro Benvenuti, Barbara Enrichi, Carlo Monni, Novello Novelli) e del cantante Marco Masini (qui al suo esordio nel cinema).

“Via Varsavia” rappresenta certamente un grosso passo in avanti per Emiliano Cribari, che è riuscito ad eliminare alcuni dei difetti che erano presenti nei lavori precedenti.
Ci sono ancora tante cose da migliorare, piccole sbavature da eliminare, ma si tratta di un film girato a budget zero da un regista che non ha ancora trent’anni.

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