Il senso dell’Amore

Abbiamo letto tante poesie d’amore e conosciamo innumerevoli vicende d’amore che hanno dato vita ad appassionanti romanzi e film, ma forse non ci siamo mai chiesti che cosa sia l’amore e soprattutto come si ami, e se l’amare sia diverso nel presente rispetto al passato. Per questo diventa particolarmente interessante il volumetto scritto nel 1912 da Margarete Susman Il senso dell’Amore, recentemente tradotto e pubblicato in Italia (Diabasis, Reggio Emilia 2007), preceduto da un importante saggio della curatrice Anna Czajka (La donna, la decisione dell’amore e il desiderio metafisico). Margarete Susman (Amburgo 1872 – Zurigo 1966) è figura importante della cultura letteraria e filosofica tedesca ancora poco nota in Italia: poetessa, filosofa della cultura e delle religioni, teorica del pensiero ebraico (Il libro di Giobbe e il destino del popolo ebraico, Giuntina, Firenze 1999), femminile e pacifista. La sua originalità è stata quella di anticipare nelle sue riflessioni i mutamenti dell’orizzonte del senso della cultura, accostando alla poesia e all’arte l’analisi metafisica del vissuto.Le considerazioni della Susman sull’amore (come quelle su altre questioni), anche se mai ampiamente conosciute e diffuse, hanno esercitato un forte influsso sotterraneo, su poeti e pensatori del Novecento.

A suo giudizio, l’amore è la relazione fondamentale, l’unica che all’uomo relegato nella solitudine dell’epoca presente, possa consentire di stabilire un rapporto con l’essenza e, di conseguenza, con la comunità. Anna Czajka nel suo saggio introduttivo, così sintetizza il nucleo essenziale del pensiero della Susman:”. L’amore sorge nella corrente della vita rivoltandosi contro il suo cieco scorrere con una forza autonoma che attinge però alla vita stessa. In un singolare momento della vita la relazione con la totalità si attua nella decisione dell’amore, nell’impegnare tutto se stesso dell’individuo. Poiché avviene in un singolo vivente, tale relazione non può mai essere perfetta e il suo esito è perciò un riferimento al simbolo, ossia all’immagine a cui si orienta l’amore”. In questo modo si elaborano sempre nuove forme simboliche per esprimere la posizione dell’individuo che si pone di fronte alla vita e di fronte all’altro che ama: di qui nasce la percezione della necessità di un legame essenziale, pur nella separazione. Su questo si fonda la fratellanza e nasce la caritas.  La Susman si sofferma ad analizzare la differenza tra l’amore del passato e quello moderno, ovvero romantico.

A suo giudizio, l’amore delle coppie più significative del passato (emblematica quella di Tristano e Isotta) è caratterizzato dalla tragicità conseguenza dell’assoluto che con l’amore entra nella vita, annientando l’esistenza dei singoli. Nella cultura recente (la Susman si riferisce soprattutto all’amore di Goethe per Charlotte von Stein) l’amore diventa anelito all’essenza e tentativo di confrontarsi con la sua presenza da parte di una “persona cosciente e libera” (p. 82). La Susman si sofferma sui complessi rapporti tra amore e sessualità, anche alla luce delle elaborazioni culturali che storicamente sono state fatte al riguardo (soprattutto da parte del cristianesimo). Infatti, nella tradizione religiosa, specialmente nel cristianesimo, questa contrapposizione è stata ignorata o mal risolta. A suo giudizio una soluzione è stata trovata nella modernità soltanto “nell’immagine della vita offerta dall’arte” (p. 101) e soprattutto dalla letteratura poetica, in quanto solo nell’arte possono attecchire i germi di una nuova realtà dell’amore. Importante è la conclusione a cui la Susman perviene, dicendo che “dovremmo imparare a comprendere ogni amore individuale come immagine e segno della grande destinazione umana dell’amore: del comune essere avvolti dal sonno e doverci ridestare sotto il cielo stellato dell’eternità” (p. 128). Parole di intensa liricità queste con cui la Susman conclude il suo saggio, coerenti con la sua concezione che il simbolo lirico abbia una grande forza espressiva, capace di cogliere ciò che non può essere percepito ed espresso diversamente, in quanto “nel simbolo […] viene paradossalmente colto l’incoglibile, viene reso intuitivo il misterioso nesso del fenomeno singolare con la totalità del vivente (Czajka, p. 18).

                    Mi pare che queste sprazzi sulla concezione della poesia di Margarete Susman ci facciano desiderare che i suoi studi sulla lirica moderna tedesca (raccolti in Das Wesen der modernen deutschen Lyrik, Stuttgart, 1910) siano presto disponibili per quel pubblico italiano come noi tanto appassionato di poesia.

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