Una tromba nello uadi (di Sami Michael)

Haifa sorge ai piedi del monte Carmelo (è lì la grotta in cui si dice dimorò il profeta Elia) di fronte a un mare azzurro e pulsante. Quando nel 1948 fu occupata dall’esercito del nuovo Stato ebraico 80.000 palestinesi furono costretti a lasciare le loro case e a rifugiarsi per lo più in Giordania. Quei pochi rimasti in città oggi sono cittadini israeliani che hanno conservato la religione e le tradizioni dei loro genitori arabo-musulmani o arabo-cristiani e vivono in quartieri che costituiscono il cuore di questa città multietnica. Una città che lo scrittore israeliano Sami Michael raccomanda di visitare perché è sempre stata un modello unico di convivenza pacifica e di dialogo tra ebrei e arabi. D’altronde Sami Michael è un ebreo della diaspora iraquena che, prima di giungere nel nuovo Stato e di imparare la lingua ebraica, ha vissuto anche in Iran. Non è casuale, quindi, la sua attenzione per i rapporti tra persone di etnie e classi sociali differenti, relazioni che, a volte quando c’è di mezzo un grande amore, rivelano l’istinto del cuore umano di trascendere la realtà in nome di una bellezza che non riconosce confini politici e sociali. More…È quando accade nello “uadi”, il quartiere arabo della città di Haifa, nella vicenda raccontata in Una tromba nello uadi (Giuntina, Firenze, 2007), il bel romanzo di Sami Michael che non mi ha fatto rimpiangere i romanzi dei pluridecorati Yehoshua, Grossman e Oz. La storia è raccontata in prima persona da Huda, una ragazza araba a cui l’esperienza dell’amore di coppia sembra essere preclusa. Bruttina, inibita, spaventata dall’altro sesso, fedele al copione della brava ragazza che lavora (in un’agenzia di viaggi di ebrei) e porta i soldi a casa, Huda ha perso l’unico fidanzato della sua vita perché con il lui il suo corpo diventava quello di un “porcospino” o di una “tartaruga”, “più congelato della carne importata dall’argentina”. Ad aggravare il suo disagio è la presenza di sua sorella Mary che invece è bella, trasgressiva, seducente, una donna che sa come far impazzire gli uomini. Entrambe sono state allevate con l’idea di dover trovare un marito che potesse prendersi cura di loro, soprattutto Mary che, diversamente dalla sorella, non ha voglia di lavorare e finirà per scegliere un matrimonio conformista in cui consegnerà la propria bellezza e intelligenza ad un cafone arricchito di un villaggio di pastori. Sarà invece Huda ad essere inaspettatamente trasgressiva, lei la vera rivoluzionaria, travolta dall’incontro con il nuovo vicino di casa, Alex, un giovane ebreo appena immigrato dalla Russia che ogni sera fa risuonare dalla finestra del suo misero monolocale sul tetto alcune note di tromba. Huda gli insegnerà a parlare correttamente l’ebraico mentre lui scioglierà con la sua passione il suo corpo facendole scoprire la femminilità a cui aveva prematuramente rinunciato. Le ferite che Alex si porta dentro per l’immigrazione forzata, la povertà e soprattutto il conflitto mai sopito con una madre che, anche dalla casa per anziani in cui è ricoverata, continua ad accusarlo e a maledirlo per la sua vita disgraziata, sono curate dall’amore semplice della ragazza e dal calore che la mamma e il nonno di Huda gli offrono dopo aver accolto, non senza tensioni, l’idea di un matrimonio misto. La ragazza araba riuscirà a dare un senso all’esistenza sradicata di quest’uomo solo in un paese straniero in cui è costretto a essere un ebreo, lui la libererà dalla paura di amare e di credere che il suo destino non è chiuso in una drammattica necessità (come, invece, crede Mary malgrado il suo carattere disinibito). Ma il dispiegarsi del destino delle due sorelle sarebbe banale se non fosse anche il risultato delle storie nella loro famiglia, soprattutto quella del nonno fuggito da bambino dall’Egitto attraversando il deserto a piedi e quella della madre vedova che non ha più visto i suoi fratelli dai tempi della loro evacuazione verso la Giordania. Destini personali che riflettono tensioni profonde comuni alle genti di queste etnie così diverse eppure così simili, una corrente sotterranea di dolore e pazienza, rabbia e desiderio di pace, nostalgia e voglia di riscatto. Soprattutto in Huda che sceglie la strada più difficile, quella di sposare l’ebreo il cui amore l’ha restituita alla vita, una scelta che la farà sentire inadeguata e criticata tanto tra gli ebrei che tra la sua gente. E naturalmente c’è la grande Storia che irrompe e strappa il delicato e prezioso tessuto delle famiglie, la guerra in Libano che richiama tutti i riservisti verso il nuovo fronte, ma anche il terrorismo che ultimamente ha preso di mira Haifa proprio allo scopo di minarne il positivo equilibrio multietnico. Ma l’incedere della Storia, anche quando azzera il destino di tanti uomini, sembra essere solo lo sfondo di una sfida che ognuno si gioca facendo i conti con i propri sogni, desideri, tensioni. Soprattutto in famiglia, il vero universo che Sami Michael ci invita a vivere fino in fondo e a curare, anche quando è luogo anch’esso di guerre sanguinose, febbrili contraddizioni e, a volte, scelte senza ritorno.

Leggi i commenti a questo articolo

Prima di inserire un commento, assicurati di aver letto la nostra policy sui commenti.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *