L’appetito d’arte vien mangiando.

Intervista di Rossana Mitolo al critico d’arte Vito Caiati.

L’arte, generosa fonte di nuovi ed originali nessi tra noi e le cose, offre preziose chiavi con cui leggere la realtà. Ma a noi, chi offre le chiavi per poter leggere l’arte stessa e, nello specifico, l’arte contemporanea? Molte delle opere d’arte contemporanea, ammettiamolo, non sono di facilissima interpretazione. Chi tra noi, infatti, non ha mai dovuto sollevare bandiera bianca, almeno una volta nella vita, al cospetto di un’opera d’arte dei nostri giorni? In quante occasioni ci siamo scervellati per rincorrere invano sensi capaci di placare la nostra curiosità sul significato di un prodotto artistico moderno? Probabilmente, in alcuni casi, abbiamo additato come unica responsabile della disfatta, la nostra assoluta ignoranza in materia, in altri, invece, abbiamo concluso che, oggettivamente, i sentieri che conducono all’arte contemporanea, sono eccessivamente impervi per noi comuni mortali. Bravi chi li capisce, questi artisti: noi possiamo farne senza.“Ma come, l’arte è la nostra linfa vitale!”direbbe un qualsiasi professorone. E allora, io mi chiedo: un’arte di cui spesso non cogliamo il senso, può comunque essere nutrimento dell’anima?

Le risposte possibili sarebbero numerose. Certo è che, per poterci appropriare degli strumenti necessari per cogliere il valore di un’opera d’arte, forse dovremmo provare a moltiplicare le esperienze di confronto diretto con esse; cioè, per imparare a leggerle, dovremmo entrarne in contatto più stretto, dovremmo, insomma, poter camminare tra le opere d’arte, inciamparci, sbatterci contro, senza dover necessariamente andare a cercarle nei templi dorati della cultura. Arte nelle piazze, per le strade, nei portoni, sugli alberi, giù dai piedistalli; perché, finché l’arte resterà imbrigliata in una mentalità volta a segregarla tra le spesse mura di palazzi o nel chiuso delle accademie, come potremmo mai pensare ad un accorciamento delle distanze tra noi, gente comune, e le espressioni artistiche odierne? Intanto, ad offrire una delle possibili soluzioni alla questione, è stata una coppia adulta di coniugi tarantini che, dopo una decennale esperienza imprenditoriale a Vicenza, ha deciso di rientrare a Taranto per aprire CasaRita, un locale in cui, cibo ed arte, potessero convivere in un rapporto armonico. A spiegare il senso di questo originale connubio e a rispondere alle nostre domande sui misteri dell’arte contemporanea e sul lavoro dell’artista che ha inaugurato la galleria di CasaRita, è stato il critico d’arte Vito Caiati curatore, insieme a Guglielmo Greco, della rassegna “Cibo e Arte”.

Cibo e arte: accostamento insolito, pur nella sua originalità. In che senso è possibile parlare di esperienza estetica quando si è a tavola, al cospetto di una pietanza?
Il cibo, come l’opera d’arte, può essere oggetto di contemplazione. La voracità con cui ci approcciamo al cibo, finisce per privarlo della sua valenza estetica. Ogni piatto, è un pezzo unico, irripetibile, proprio come un’opera d’arte. E come un’opera d’arte va contemplato affinché lo si colga nella sua specificità. Chi divora, famelico, un cibo, non gusta. Gustare un cibo, vuol dire osservarlo, cogliendone la sinuosità, assaporarlo, conoscerne la storia. Cibo e arte, sono entrambi regolati dall’idea di gusto e, come sappiamo, tutto ciò che attiene ad un giudizio di valore, rientra nell’esperienza estetica. È necessario coltivare la propria capacità di contemplazione estetica e, predisporsi alla contemplazione estetica di un cibo, conduce poi, senz’altro, ad assumere un atteggiamento analogo nei confronti di un’opera d’arte. Il risultato? Abbandono degli automatismi che non ci permettono di godere dell’esperienza estetica, un’esperienza che diventa tanto più proficua tanto più diventa comune e frequente.

La maggior parte delle persone, concorda nell’affermare che le opere d’arte contemporanee sono difficili da capire. Il loro significato, infatti, sembra sempre sfuggire. Perché?
L’arte contemporanea, è vero, è un’arte spesso complicata da comprendere. L’arte del passato parlava secondo codici fissi, prestabiliti, condivisi. Oggi, invece, a differenza di quanto accadeva prima, ogni artista usa un linguaggio proprio, ricco di simbologie assolutamente personali. Per comprendere il senso di un’opera, pertanto, è necessario conoscere in profondità il percorso artistico dell’autore dell’opera stessa, provando ad utilizzare, nel contempo, gli strumenti di lettura che l’artista è tenuto a dare al fruitore del proprio lavoro.

Ma allora, ogni artista è simile soltanto a se stesso? E se il panorama artistico contemporaneo è così frammentato, è dunque impossibile individuare un eventuale punto in comune tra i vari artisti?
Ogni artista usa il proprio linguaggio e le proprie simbologie, ma è anche vero che un fondo comune esiste; infatti, ciò che oggi accomuna gli artisti contemporanei, è la necessità di emanciparsi dall’obbligatorietà di un linguaggio codificato in nome di un valore estremamente condiviso: la libertà.

Quale suggerimento sentirebbe di dare a chi ritiene di essere “inadatto”alla comprensione di un’opera d’arte dei nostri giorni?
Molta gente osserva le opere in modo frettoloso e superficiale. Provare a leggere, a capire un’opera, significa restare ad osservarla con attenzione per un po’ di tempo e non per pochi minuti, come spesso accade. Talvolta, la comprensione non è immediata e l’unica sensazione che resta, è quella dello “spaesamento”. Bene, bisogna imparare ad accettare lo spaesamento come fase naturale del percorso che conduce ad afferrare il senso di ciò che vediamo; l’immagine proposta dall’artista, infatti, necessita di tempi più o meno lunghi per poter essere incubata in noi e per poter sollecitare i nostri archetipi. L’autoilluminazione, la comprensione dell’opera, avviene, pertanto, soltanto in una fase finale. Ovviamente, l’archetipo è sollecitato soltanto da opere di un certo valore artistico.

CasaRita si è inaugurata con l’esposizione di Ezia Mitolo, i cui lavori vanno da installazioni-sculture a installazioni-disegni, da documentazioni fotografiche a video-performance. Di che genere di opere si tratta?
Ezia Mitolo (autrice dell’opera nella foto) affronta il problema del corpo e dell’identità. Frantuma il corpo, lo amputa, lo seziona. In questo modo, ne coglie gli aspetti misteriosi, metaforici, crea nuovi nessi tra le parti: lo rende loquace ed espressivo. Ne “Le nutrici”(installazione di sculture presente nella mostra), per esempio, il corpo si riduce ad una sfera che riassume tutte le sue ambivalenze espresse dal calco della bocca dell’artista che diventa metafora del dialogo dell’uomo con il suo “oltre”. Il suo fondo poetico, è estremamente ricco ed evocativo. L’artista, è alla ricerca del Logos, della voce della psiche che, intrisa di pathos, non si esprime nella sola dimensione orizzontale della vita, ma in quella verticale e, per questo, reca in sé l’incubazione, l’azzardo del volo e la pena dello sprofondamento. Tra gli aspetti peculiari del suo lavoro, quindi, c’è il recupero dell’ombra, ossia di ciò che di oscuro, dimenticato, rimosso, giace infondo a noi. Una coraggiosa alleanza con il nero, dunque, in cui le paure, i mostri di dentro, le deformazioni dell’anima, diventano voce, parlano, si esprimono e si manifestano.

Leggi i 14 commenti a questo articolo
  1. cristina ha detto:

    Non mi permetto di dare alcun giudizio perchè non sono un’esperta d’arte. Di solito mi faccio interpellare dall’opera che ho di fronte. Ma direi che questa foto fa un pochino senso. Sembra un pesce spelacchiato. Insomma. Se vuole avere un effetto di questo tipi ci è riuscita.

  2. Marica ha detto:

    Ma quale pesce spelacchiato! Bellissima opera… il magma indefinito e la definizione del senso del gusto. L’elemento distintivo che emerge con forza. Davvero sensuale e destabilizzante la moltiplicazione delle labbra.
    Molto interessante. M.

  3. Elio Paoloni ha detto:

    Qualche altro dettaglio su Casa Rita per i conterranei?

  4. rossana ha detto:

    All’interno di casa Rita è possibile deguastare vini e birre e mangiare prodotti provenienti da piccole aziende sparse su tutto il territorio nazionale; attraverso il confronto con i proprietari, poi, si ha la possibilità di conoscere la storia di ciò che si mangia(tutti i cibi hanno il marchio Casa Rita)e si può anche acquistare ciò che si è mangiato. All’interno del locale sono allestite mostre permanenti e sono organizzati eventi culturali. Di più, non so…

  5. Elio Paoloni ha detto:

    Ma in che zona è? Un cognome, un mumero di telefono, un sito web?

    http://www.eliopaoloni.it

  6. rossana ha detto:

    il locale è in via Berardi, di fronte al ristorante cinese.

  7. Anonimo ha detto:

    non capisco cosa son
    o

  8. Anonimo ha detto:

    Vorrei sapere cosa sono,sembrano dei peni.

  9. alfonso cannoletta ha detto:

    Non credo proprio che ciò che voleva esprimere, andava prodotto sotto forma di scultura, piuttosto con la pittura. Ad ogni modo, io sono su un’ altra lunghezza d’onda, ma già il fatto che l’ immagine mi abbia incuriosito, vuol dire qualcosa, ma si limita solo ad incuriosire.

  10. silvia ha detto:

    davvero intenso e immortale..

  11. Anonimo ha detto:

    SONO UNO SCULTORE CHE NON RIESCE A TROVARE LA FORMA CHE IMPRIGGIONI O LIBERI IL NOSTRO TEMPO MA VEDO CHE IN FONDO SIAMO TUTTI NELLO STESSO ENIGMA

  12. Claudia ha detto:

    Bellissime a sembrano bozzoli, ciò che la bocca contiene, una bocca autonoma, senza corpo. Una bocca concettuale…

  13. Roberto ha detto:

    “Un’arte di cui spesso non cogliamo il senso, può comunque essere nutrimento dell’anima?” Ma insomma, più che critico io direi “criticato”

  14. Stanco ha detto:

    Finchè non si ritornerà all’arte (quella che voi autoeletti esperti e fini intellettuali definite arte contemporanea è semplicemente una colossale pagliacciata, una truffa verso la cultura… e lo sanno tutti) il mondo continuerà a sprofondare nell’abisso!

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