Padre Joe

Padre Joe di Tony Hendra (Mondadori, 2005) può definirsi un romanzo di formazione, anche se l’itinerario del protagonista per acquisire la piena consapevolezza e padronanza di sé è particolarmente lungo, ben oltre l’età dell’adolescenza. Il racconto prende l’avvio in Gran Bretagna nel 1955, quando il protagonista-autore, appena quattordicenne appartenente alla minoranza cattolica in un paese a dominante maggioranza anglicana, ha una fugace relazione con una giovane donna già sposata. Il marito, cattolico fervente, li scopre ed obbliga il ragazzo ad un’esperienza di colloqui rieducativi con un monaco, padre Joe appunto, che vive in un monastero sperduto su un’isoletta. Tony è spaventato in quanto in base alle sue infelici consuetudini infantili in una scuola elementare cattolica, teme terribili punizioni. Invece, con sua grande sorpresa, si trova di fronte un frate dall’aspetto sgraziato e balbuziente nel parlare, ma molto comprensivo, amabile e benevolo nei suoi confronti, che sorvola sulla sua “colpa” e sui suoi “errori”, senza neppure mai nominarli, esprimendo piuttosto la sua ferma convinzione che Dio sia in ogni uomo e che “l’unico vero peccato sia l’egoismo”. Da quel momento la vita di Tony prenderà un corso del tutto nuovo, sempre, anche se in modi diversi, in rapporto e dialogo con padre Joe. Il protagonista passerà dall’impegno massimo di fede con il desiderio adolescenziale di abbracciare la vita monastica, nonostante le perplessità dei suoi genitori, agli anni Sessanta quando all’università si appassionerà al teatro, con la conseguente decisione di cambiare il mondo con la forza dirompente delle risate e non più con la preghiera, per passare poi agli anni Settanta quando ottiene negli USA grandi successi come scrittore di un umorismo corrosivo, scurrile e decisamente irriverente, capace di ricadute importanti anche sul piano politico, cui seguono anni di estrema trasgressione, con i conseguenti disastri professionali e personali (alcool, droga e fallimento del matrimonio), fino a ricomporre i frantumi della sua vita in una nuova felice famiglia con moglie e figli. A questo punto la personalità dell’autore-protagonista ritrova il suo pieno equilibrio nella comprensione e nell’accettazione della propria specifica vocazione di laico impegnato nella realtà in cui vive, disposto alla condivisione familiare.
Ogni passaggio della vita di questo scrittore, poco noto in Italia prima di questo libro, ma di grande successo negli USA, è segnato dalla presenza di Padre Joe, sempre capace di ascoltare e di consigliare con discrezione e affetto, fino al suo declino fisico e al suo sereno trapasso, quando il protagonista sembra avere veramente acquisito quella consapevolezza e quell’autonomia che non glielo rendono più necessario. A questo punto la figura del monaco benedettino si rivela in tutta la sua grandezza, anche umana, in quanto se ne scopre la vasta rete di rapporti e relazioni interpersonali che lo portava, dallo sperduto angolo in cui viveva, ad essere culturalmente e spiritualmente presente nel mondo.
Questo racconto, sincero e autoironico, diventa lo specchio della vita di un’intera generazione che, partita dalle costrizioni di un’educazione cattolica formalista e autoritaria, è riuscita con fatica,  a trovare la propria strada, soprattutto se ha avuto la fortuna di incontrare maestri di fede autentica e di stabilire legami di amicizia costruttiva. La forza di questa storia è anche e soprattutto nell’essere vera, nel suo nutrirsi di sofferenza autentica, di passioni reali, di slanci e cadute, di elevazioni e coinvolgimenti affettivi, emotivi e sentimentali vissuti. L’asse portante dello svolgersi della vicenda umana è il cattolicesimo, tratteggiato dapprima nella sua caratterizzazione degli anni Cinquanta, in cui a prevalere è il forte senso del peccato con le sue conseguenze di punizione ed espiazione e il suo rapporto antagonistico con il comunismo e, nella situazione specifica, con l’anglicanesimo. La chiave di volta in questa rigidità di vita cristiana è data dall’incontro con quella che si può definire la figura di un “santo”, capace di vivere e di far conoscere agli altri un cristianesimo completo e autentico, nella sua verità e assolutezza al di fuori della contingenza del tempo storico, come ben documentano le prese di posizione polemica nei confronti delle riforme liturgiche del Concilio Vaticano II. Ma il perno di tutta la vicenda è l’acquisizione del valore dirompente della comicità che nella vita del protagonista diventa rivelazione e trasformazione esistenziale. E’ quel comico dotato di una forza tale da scompaginare e sconvolgere il mondo, fino a modifacarlo o addirittura capovolgerlo, come ben sapevano i medievali che non ne permettevano l’emergere sulla scena della cultura. E’ quel riso aristofanesco, originario della nostra storia culturale, che si nutre dell’attualità politica e che diventa epifania dell’umana intelligenza, ma che, come hanno individuato Bergson e Pirandello, è anche veicolo di bellezza artistica.

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  1. Marco ha detto:

    Ho preso il libro tempo fa, perchè avevo letto una recensione di Doninelli su Avvenire, che mi aveva incuriosito. Devo dire che è un libro bellissimo: Hendra oltre ad essere assai bravo come scrittore, è davvero coinvolgente nella sua limpida sincerità. Mi ha fatto riflettere, anche, su quanto veramente possa cambiare e far crescere, il semplice contatto con chi ha la grazia di vivere la fede in maniera autentica…

    Marco

  2. fulvia rendace ha detto:

    Quale gioia nel sapere di aver condiviso la lettura di questo libro con la grandissima Rosa Elisa. Un anno fa circa, ho ritenuto di offrirla durante un nostro laboratorio di lettura. Tony vive un’esperienza che gli cambia la vita: incontra, nell’unto e straordinariamente mite Padre Joe, l’Amore e il Perdono. Durante i suoi anni, non mancheranno le cadute e gli eccessi, ma Tony sa, che ci sarà una mano ossuta, prestata a Dio, che lo aiuterà a tirarsi su, per ricominciare.
    Rosa Elisa ha, con grande fascino, presentato i temi di questo libro, ed io, microscopica di fronte a questa Maestra, aggiungo solo che ai “Tony” di buona volontà, Nulla vieta di trasformarsi in tanti “Padre Joe”.

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