La vertigine e il mistero: Abitare nella possibilità

È ancora possibile accostarsi alla letteratura con gli occhi della meraviglia? A leggere Abitare nella possibilità (Milano, Jaca Book, 2008) di Antonio Spadaro la risposta è decisamente affermativa. Non solo perché l’autore restituisce alla letteratura tutto il suo “campo di battaglia”, il suo cogliere “il mistero della nostra posizione sulla terra”, ma perché lo sguardo di Spadaro è esso stesso capace di suscitare stupore, di custodire – nella complessità degli argomenti – la scaturigine dell’esperienza poetica.

Spadaro traccia un percorso densissimo che è impossibile richiamare qui in tutta la sua ampiezza. Il cuore della sua investigazione può essere così formulato: la letteratura come passione per il possibile. Il possibile inteso non come fuga o evasione dal reale, ma come ciò che apre il reale ad una dimensione ulteriore, redimendolo dal mutismo e dal frastuono che lo copre. La letteratura insomma come provocazione, nel senso pieno della parola: come qualcosa che chiama il reale ad uscire dai suoi confini e – in questa fuoriuscita – a rivelare il senso che custodisce. Perché la parola poetica è chiamata a questo: a tendere alla verità. Non a caso la riflessione di Spadaro si appunta sulla soglia, il confine, la frontiera, ossia su quelle parole liminari con le quali il reale scavalca i limiti che lo trattengono. E’ la trascendenza dunque la chiave di volta che sorregge la trama di Spadaro e il colloquio con cui avvince, in un unico disegno, Giacomo Debenedetti e Carlo Bo, Flannery O’ Connor e Ignazio di Loyola. Una trascendenza – è bene sottolinearlo – che non oblitera mai il reale, non lo anestetizza ma lo assume in pieno.

Abitare nella possibilità sembra avere un movimento “ascensionale”. Confrontandosi con la figura di Carlo Bo, Spadaro sceglie una letteratura “di compromissione radicale” con il reale. E’ la letteratura “materica”, “polverosa”, che però non smette mai di muovere sulle tracce del mistero. Quindi il “salto” nel tragitto suggerito. L’autore si confronta con la vocazione “profetica” e “teologica”, una letteratura attenta alle “parole dell’ignoto, alle figure dell’infinito, alla grammatica della trascendenza” che innervano la pagina scritta. Infine l’approdo a Ignazio di Loyola. Qui il discorso si fa vertiginoso. Spadaro mette a confronto la scrittura poetica con la pratica degli esercizi spirituali del fondatore della Compagnia di Gesù. Un metodo, questo, “di espressione spirituale che fa intimamente appello” alle “più profonde risorse creative” di chi lo tenta. La principale è “l’apertura radicale all’evento dell’ispirazione”. Ebbene qualsiasi confronto con l’idea di letteratura non può non misurarsi con questo evento. Quale senso essa lascia intravedere? L’ispirazione – suggerisce Spadaro – “partecipa all’esperienza della creazione”.

Antonio SPADARO, Abitare nella possibilità. L’esperienza della letteratura, Milano, Jaca Book, 2008, pp. 302, euro 24,00 – ISBN 978-88-16-40832-6

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  1. serafina ha detto:

    Sulla copia che ho acquistato ieri hanno appiccicato un etichetta con € 29,00 sopra al prezzo originale. Mi è sembrato strano per un libro appena uscito… è normale?

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