Il sogno del nuovo vecchio Springsteen

Spensierato e gioioso, come è stato scritto? E’ davvero il nuovo lavoro di Bruce Springsteen – Working on a dream – un’opera (facilmente) ottimista? Il senso della caduta e della perditache hanno accompagnato gran parte della produzionde del Boss e non ultimo il denso Magic – sono così lontani dalle nuove canzoni e dal loro universo poetico? Il pendolo sembra scivolare verso il sì se solo si dà un’occhiata ai titoli dei brani.

Qui spunta un “giorno fortunato”, lì “il regno dei giorni”, e ancora parole come dream – si può capire l’America senza la retorica del sogno? – e life (che compare addirittura in due titoli, This life e Life itself). La riprova starebbe tutta nella title-track. Ma è davvero così? WOAD è il gemello sorridente di Magic?

Se lì il mondo andava alla deriva, la strada verso casa appariva listata da lutti, “i cadaveri venivano ammassati alla porta”, il diavolo occheggiava dalla sua sala giochi e un’intera nazione sembrava incatenata ai trucchetti di un prestigiatore, in WOAD compaiono – coperti da arraggiamenti spesso enfatici  – il senso incombente della perdita e della morte. Il lavoro si apre con la storia di un fuorilegge – incrocio vertiginoso tra atmosfere alla Morricone e le sanguinose storie di Cormac McCarhy – e termina con la delicata elegia all’amico scomparso, un impasto di immagini che richiama vecchie storie di circhi, così amate dai fan della prima ora: “Millions of stars shining above us like every soul living and dead/ It’s been gathered together by God/ Sing a hymn over your bones”. In mezzo c’è un uomo che ha perso tutte le scommesse sulle quali sì è buttato (My lucky day), c’è la verità che è andata a pezzi (What love can do), c’è un uomo che insegue la felicità in una corsia di un supermercato (Queen of supermarket), c’è un uomo che ha preso tutte le ricchezze della terra ma che ha finito per guardare “il buio con il suo occhio buono” e “la luce con quello cieco”. E c’è The Wrestler, pura poesia della sconfitta, dove tra immagini di spaventapasseri e uomini legati comicamente danzanti, emerge la figura di un uomo preso a pugni dalla vita ma non arreso. E ancora ci sono cuori schiacciati dal peso della vita (ancora My lucky day) e la consapevolezza che le cose preziose scivolano via imbiancate dal tempo (Life itself), l’incertezza del futuro (Tomorrow never knows), le rughe e i minuti che “ticchettano” via (Kingdom of days).

Rimane il patto, la certezza che “per vincere bisogna prima pagare”, l’impegno a mostrare quello che l’amore è in grado di fare: cancellare il marchio di Caino (anche questo un passaggio cruciale nella mitologia springsteeiana). Non c’è allora un “nuovo” Springsteen. L’uomo che intona “surprise, surprise” e che augura al figlio/a che il “sole accarezzi e benedica la tua anima per tutta la tua vita” è lo stesso che rimaneva fuori dalla porta di casa in Adam raised a Cain, celebrava il doloroso Giorno dell’indipendenza, scopriva la sua Living proof nel respiro di un bambino e che giurava che “almeno questa volta non avrebbe mandato tutto a puttane”. 

E il brano Working on a dream? Solo retorica al servizio della causa di Obama, la poesia che arretra per farsi slogan? Ognuno deciderà dell’uomo che sale le scale, che impugna il martello, e che canta che il sogno sarà suo. Un giorno.

Leggi i 6 commenti a questo articolo
  1. Massimo ha detto:

    Ciao Luca, leggo (oltre che ascoltare) “Working on a dream” grazie al tuo post. Conosco poco di Springsteen. Parlando con qualche fan del Boss, la preoccupazione per il nuovo album era rivolta al produttore Brendan O’Brien, già all’opera in “Magic”, reo – secondo loro – d’aver trasformato in peggio la musica di Bruce. Saltellando tra le traccie, ho notato alcune influenze. Ad esempio, “This Life” ricorda il modo di cantare di Brian Wilson dei Beach Boys, e in un passaggio il John Lennon di “Dream #9”. La copertina del disco può ingannare l’ascoltatore, pare “leggera”, figlia di un sogno pronto a realizzarsi. Condivido l’idea del mistero pasquale che caratterizza il disco: che “per vincere bisogna prima pagare”. La mia preferita: “Life Itelf”. E continuo ad ascoltare, leggere e comprendere. Grazie.

  2. Gian Luca Figus ha detto:

    Ottimo post Luca.. grazie di cuore, nel week end ascolterò il disco.
    Anch’io non sono uno “springsteeniano”, e di fatto la tua recensione è ancora più preziosa per me. A presto..

  3. Stefano LittleSteven ha detto:

    Ottima analisi (al solito da parte tua (dei significati e risvolti che non si possono cogliere solo “ascoltando” un disco di musica; sull’aspetto musicale se ne sono dette tante e solo pochi brani mi attirano come mi aspetterei da Bruce, certo che per i madrelingua digerire una (pur bella melodicamente,archi a parte) QUEEN OF THE SUPERMARKET… non è da Bruce ammettiamolo!!

    Io voto per LAST CARNIVAL come numero uno del disco, anche perchè ha uno stile un po’ diverso (dallla bella WRESTLER più “solita”)

    Al prossimo disco? Speriamo

  4. lucia ha detto:

    Ciao Luca!
    Condivido in pieno e penso che abbia fatto un’ottima analisi di Working on a dream, è davvero l’idea del sogno che stravolge e allo stesso tempo rende piena la vita di ognuno…. Un giorno, chissà quando arriverà quel giorno.
    Ma intanto grandi artisti come Bruce ci rendono più leggero il faticoso cammino verso il nostro sogno. E parole come le tue aiutano a comprenderlo!

  5. Carlo ha detto:

    ciao luca!
    finalmente una recensione come si deve!
    Si trovano in giro solo critiche e sciatti commenti, ma come al solito tu vai dritto ai testi e al dramma che la musica di bruce esprime!

    Grazie

    Ciao
    ;-)

  6. Luca Miele ha detto:

    Grazie a tutti amici..In un’intervista al Times Springsteen così cattura il “segreto” della sua poetica: “Look at my songs: the verse is the blues, the chorus is the gospel, moving from the grit, the dirt, the tangible, to the hope, the prayer, the intangible. To me, that’s life”.

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