Stanze segrete

A Roma c’è un piccolo teatro (quasi un salotto, non più di quaranta posti) e una compagnia che meritano di essere scoperti. Voglio segnalarlo anche a coloro che non sono di questa città, ma potrebbero passare per Roma e desiderare di assistere ad uno spettacolo teatrale di qualità (tanto più che il teatro si trova in Via della Penitenza, a un passo dal cuore di Trastevere, tra il carcere di Regina Coeli e Porta settimiana). È il teatro Stanze segrete (www.stanzesegrete.it). Diretto da Ennio Coltorti, regista e attore straordinario che ha legato il suo nome e quello del teatro soprattutto alla rappresentazione di A cena col diavolo di Jean-Claude Brisville, la sfida verbale tra Talleyrand e Fouché sul destino della Francia appena dopo la sconfitta di Napoleone a Waterloo.

In questi giorni, fino a domenica 15 marzo è in scena un’altra sfida di Brisville, quella tra Cartesio e Pascal, l’incontro-scontro, profondamente umano (e in fin dei conti solidale), tra il filosofo che rimuove tutto ciò che non può essere spiegato dalla ragione (la morte, la salvezza dell’anima, il giudizio di Dio sull’uomo) e il tormentato matematico giansenista, sedotto dal Mistero di Cristo ma schiacciato dal senso del proprio peccato. Da non perdere (è necessaria la prenotazione telefonica perché ha grande successo e i posti sono contati).

L’interpretazione è rivelazione ogni volta che l’espressione creativa si pone con passione al servizio della realtà e non dell’interprete o di un’idea cara a quest’ultimo. Questa verità è difficile da riscontrare oggigiorno, ma anche da conservare a livello di aspettativa tanto è insita nell’accadimento dell’esperienza artistica (fruita o posta in atto). Ogni volta la si scopre come fosse la prima volta e l’impressione che se ne ricava è molto vicina a quella del miracolo. È difficile da riscontrare, dicevo, soprattutto a teatro dove le derive narcisistiche e ideologiche spesso impediscono ad attori e registi di mettere da parte la propria persona e le proprie idee per diventare strumenti di uno svelamento che libera l’energia nascosta nel reale. Anche perché di questi tempi il teatro viene offerto e vissuto soprattutto come intrattenimento culturale a cui ci si abbona: si prende quello che capita, si vuole passare una serata diversa, si desidera essere tenuti a bada piacevolmente per qualche ora. Raramente si cerca e si trova sul palcoscenico un evento unico, capace di bucare la conoscenza convenzionale che abbiamo della nostra vita e di farcela guardare, anche solo per un attimo, con altri occhi.

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  1. tita ha detto:

    Occorre ricordare quello che dici, caro Stas, sull’arte non come intrattenimento culturale che per qualche tempo porta fuori dal proprio mondo non sempre facile da vivere, ma come evento unico che può farci superare la conoscenza convenzionale che abbiamo della realtà e della nostra vita e farcela guardare con altri occhi.
    L’arte al servizio della realtà, in un processo di disvelamento graduale o di rivelazione improvvisa che sa di miracolo, direbbe Quasimodo.
    Grazie. tita

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