Report Laboratorio O’Connor – aprile 2010

Un Laboratorio O’Connor sui generis? Forse un po’.

Di certo un Laboratorio O’Connor pieno, partecipato e coinvolto, che ha fatto seguito in termini temporali e spaziali, al Laboratorio di Cinema. Insomma un “mega-laboratorio” come ha detto qualcuno, viste le innegabili “intersezioni” fra le parti. Pubblico attivo e partecipativo, attento e con quel pizzico di provocazione che rende equilibrato lo scambio. Come sempre, nessun tema portante, eppure, come sempre, i testi letti hanno evidenziato incroci di contenuti, personaggi, immagini, sensazioni evocate. Alcuni brani, tuttavia, avevano una certa connessione con l’azione scelta per il mese di aprile, ovvero lottare, combattere.

Bella la “novità” introdotta nel corso delle discussioni: ogni testo ha evocato il riferimento ad una pellicola cinematografica, dando così prosecuzione al Laboratorio di Cinema che poco prima aveva proposto una serie di titoli davvero “cult”.

E dunque, signori, il catalogo è questo:

  • Ernest Hemingway, I 49 racconti: un brano dal racconto Il lottatore dove Nick Adams (alter ego dello scrittore) assiste ad una pietosa scazzottata fra un ex pugile un po’ suonato, grande boxeur (Adolph Francis) ridottosi a fare il mendicante, e un negro ex detenuto (Bugs). È interessante come nel volume di Hemingway ci siano ben due racconti dedicati alla nobile arte del pugilato, questo e Cinquanta bigliettoni, storia di un pugile costretto a disputare un incontro truccato. (film evocato? “La nobile arte” da “I mostri di Dino Risi, appena visto al lab di cinema, o “The wrestler”?)
  • Marco Capoccetti Boccia, Non dimenticare la rabbia: anche in questo caso, una raccolta di 12 racconti da cui è stato scelto un brano di Ultras. In mezzo a storie di strada, calcio, quartiere, un testo sulla dimensione della lotta e della contestazione, la descrizione di un mondo in cui per esistere bisogna essere sempre in prima linea, come appunto il caso della trasferta a Milano da parte dei tifosi romanisti per vendicare Antonio De Falchi ucciso dai tifosi rossoneri nel 1989 (il grande schermo segnala “Hooligans”, ovvero Green street hooligans).
  • Carson Mc Cullers, Riflessi in un occhio d’oro: la descrizione delicata, impalpabile di un’attrazione, di un desiderio non detto, di un innamoramento al limite del reale fra il capitano Penderton e il soldato Williams. “Una volta avvicinatosi a lui, il capitano lo scorse liberare dalla carta una tavoletta di cioccolato e gettare negligentemente la stagnola sulla nitida bordura d’erba che costeggiava il viale. Il capitano ne provò un acuto risentimento e si allontanò un poco; poi tornò indietro, raccolse l’involucro del cioccolato (marca Baby Ruth) e se lo mise in tasca”. (“Querelle de brest” di Fassbinder, dall’omonimo romanzo di Jean Genet?).
  • Agota Kristof, La trilogia della città di K.: il breve ed intenso capitolo Esercizio di accattonaggio. Una scena cruda , un’esercitazione fatta da bambini che non hanno nulla di fanciullesco e che si muovono in un mondo di adulti; il loro sguardo chirurgico sulla gente: “E allora perché chiedete l’elemosina? Per sapere che effetto fa e per osservare la reazione della gente”. (“Sciuscià”?).
  • Dacia Maraini; Anna Salvo; Finzi Silvia Vegetti, Madri e figlie. Ieri e oggi: un brano dalla premessa, una specie di piccolo manifesto dei laboratori di lettura, che riporto per intero. “[…] Nel castello di Trani, in quel fine settimana di settembre, freddo, umido e ventoso, sono passate più di duemila persone. Quelle che sono entrate hanno seguito i dialoghi con un’attenzione non comune. Forse perché hanno percepito la tensione umana e intellettuale creatasi tra autori così diversi tra loro. Una tensione positiva, all’interno di una piccola comunità provvisoria, raccolta intorno ai libri. Non a caso. Perché discutere di libri induce a una ricerca critica e alla curiosità verso gli altri. È questa la semplice idea alla base dei “Presidi del libro”: che i lettori di libri possano costituire piccole comunità per dialogare sui temi per loro più interessanti. E che questi incontri siano esercizi utili alla costruzione della società civile, oltre che alla diffusione del piacere di leggere. […]”. Nella discussione è emerso un punto di contatto-allontanamento fra questa premessa e il manifesto del Futurismo: qui la tensione conduce verso la positività dell’elemento culturale, nell’ideologia futurista portava alla lotta da cui si sprigiona la creazione artistica.
  • Alejandro Jodorowsky, Io e i Tarocchi. La pratica, il pensiero, la poesia: il frammento che dà la voce al diavolo. E se il diavolo parlasse… Pagine in cui l’Arcano si descrive, si narra, si racconta. In sede di laboratorio si è discusso parecchio su questo testo, sul linguaggio forse un po’ stereotipato, sulla forza di seduzione che questa sorta di monologo porta con sé e sulla scarsa concretezza che lascia a fine lettura. È un diavolo simile o diverso da quello di Kavanagh segnalato dal post “Si può ridere di Dio/3?”…
  • Michail Bulgakov, Il Maestro e Margherita: le pagine dove Rjuchin riflette sul valore della sua poesia a confronto con quella di Puskin (inevitabile il link al film “Amadeus” e al confronto del grande musicista con Salieri). Solitudine, paura, tempo che passa inesorabile e sempre uguale a se stesso (molto diverso dal celebre “Domani è un altro giorno” di “Via col vento”!). Bella l’osservazione testuale su “Mosca era invasa dall’alba” a inizio brano e “Sul poeta, incontenibile, si stava rovesciando il giorno” a fine brano.
  • Giuseppe Genna, Hitler: leggiamo le pagine che descrivono la distruzione da parte di Goebbles di ventimila volumi. Non siamo d’accordo sulla parte in cui si parla del potere di un libro e della sua persistenza ad ogni attacco. Però ci appassioniamo alla caricatura del nazista e voliamo subito al cinema con “Bastardi senza gloria”.
  • Mario Luzi ci regala una delicatissima poesia sul bisogno di mantenere vivo il dialogo, sul rapporto intenso e strettissimo che c’è fra voce e silenzio. Una sorta di preghiera al mondo perché ripeta all’infinito il suo dettame: “Mai il dicibile sia stato tutto detto, mai”.
  • Jack London, Guerra: ci facciamo rapire dalla parte terminale di un racconto che London pubblicò nel 1911 sulla rivista The Coming Nation. L’incontro fra un giovane soldato e un drappello di nemici, l’incontro con la morte e i suoi ultimi momenti di vita. Qualcuno definisce il racconto tattile: vero! Una scrittura che conduce dentro la scena e fa usare gli occhi del protagonista, certo fino all’ultimo di sfuggire ai colpi dei suoi cecchini: “Una pallottola gli passò da parte a parte il cappello, ma non se ne accorse nemmeno; quella che sforacchiò le mele sul pomo della sella, invece, la notò. E trasalì, abbassandosi di più, quando una terza pallottola, sparata bassa, colpì un sasso fra le zampe del cavallo e rimbalzò in aria, sfrecciando ronzante come un prodigioso insetto”. (“Il buono, il brutto, il cattivo”?).

Vi aspettiamo al prossimo appuntamento, se siamo riusciti ad incuriosirvi almeno un po’.

Leggi i 2 commenti a questo articolo
  1. Vincenzo ha detto:

    Come al solito (la seconda volta!) una serata piacevolissima che da vita a intensi scambi di opinioni.
    I brani generano spunti per nuove letture; Kristof, Luzi e London su tutti.
    Grazie Vincenzo

  2. Luca Benedetti ha detto:

    E non dimentichiamo la pagina “bombanobii” dove consultare l’archivio del Laboratorio ed i report passati!

    http://www.anobii.com/laboconnor

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