(R)imparare a leggere

Osservate questa foto. A lungo, a fondo. Quello ritratto non è uno scrittore, ma un Lettore. Con la L maiuscola.

Perché Ezio Raimondi – filologo, critico letterario e decano degli italianisti – è soprattutto un maestro della lettura. Di quelli che ti fanno innamorare della pagina. Raimondi sa bene che niente è più destabilizzante di un libro. D’improvviso le rivoluzioni sono dentro di noi, invece che fuori. Quando leggiamo ospitiamo nell’animo maremoti e margherite, teogonie e cosmogenesi, la fine della vita e l’incerta speranza della sua rinascita. Ospitiamo nell’animo altri animi umani. A patto di essere buoni lettori, s’intende. Perché niente è più indifeso di un libro.

Leggere non è come fare la spesa (per quanto le librerie siano sempre più simili a supermarket). È l’intimo incontro con un’altra persona, nascosta nel velo della pagina. Occorre allora, per citare un titolo di Raimondi, Un’etica del lettore (Il Mulino, 2007). Etica, sì. Quando leggiamo stiamo investendo la nostra voce – esteriore o interiore che sia: prestiamo cioè uno dei tratti più distintivi della nostra personalità. La nostra voce esegue il libro, quasi fosse un cd. Forma compiuta e morta che riprende vita soltanto quando il lettore gli presta la propria interiorità.

Nel tempo della lettura, il libro ci abita: dobbiamo avere dunque rispetto per questa voce che – pure unica e irriducibile – può rivivere solo affidandosi alle labbra di un altro. Che il testo possa manifestarsi integralmente per ciò che è – «epifania dell’altro» – è responsabilità affidata al lettore. Un’interpretazione completamente soggettiva non può scrollare le spalle e autogiustificarsi quale gioco innocente, perché è reductio ad unum dello spirito di un altro. Un piccolo atto di totalitarismo ermeneutico.

Questa profonda consapevolezza dell’ambiguità dell’oggetto-libro, più simile a un frammento di anima che a un soprammobile, Raimondi l’ha raccontata nuovamente in Le voci dei libri (Il Mulino, 2012). Un testo davvero curioso, una vera bio-bibliografia dove l’autore si racconta attraverso la storia della sua biblioteca. Nella quale ogni libro significa un evento, un incontro, un amico, una svolta intellettuale, una scoperta improvvisa. L’intensità del sentimento e dell’affetto che si riversa sull’oggetto-libro divengono parte integrante dei suoi stessi contenuti.

Un libro non è mai solo ciò che racconta. Ogni pagina è pregno di un contenuto emotivo, ci invia impulsi e ricordi, come un’amigdala. Raimondi trae ad esempio questa considerazione, riprendendo in mano l’ormai sgualcita “Storia della letteratura italiana” di Francesco Flora, compratagli dalla madre e studiata in mezzo all’odore di soffritto della cucina: «C’era un’impronta del vissuto diretto che entrava nell’esperienza raffinata del libro […] Era come una trasfusione tra il quotidiano e lo straordinario. E lo straordinario era ciò che mi dimostrava che anche il quotidiano aveva una sua dimensione straordinaria, che andava praticata, capita, interpretata».

Il libro è sempre anche chi lo rappresenta: il professore che ce lo ha fatto conoscere, l’amico o l’amore che ce lo ha regalato, il libraio che è riuscito a scovarne una copia proprio per noi. Il vero libro è sempre qualcosa che rimanda al di fuori di se stesso, e cioè a relazioni vitali con il prossimo. In questo modo il libro non è mai esperienza chiusa e solitaria, ma rete di amicizie con il passato (gli autori) e il presente (gli altri lettori).

«Dialogo e amicizia sono intimamente congiunti. Cerchiamo di dialogare per affermare una vita piena e dialogando stabiliamo un rapporto che alla fine si può chiamare amicizia». Certo, viene da chiedersi se nel mondo del libro-merce delle grandi catene di librerie e del contenuto-astratto detto e.book (che non si logora, non si macchia, ma su cui non si può neppure fare una dedica) il libro non rischi di perdere la sua dimensione umana, avvicinandosi sempre più a testo assoluto, puro, intangibile, disincarnato. In tutti questi anni Ezio Raimondi ci ha ricordato che un libro è un uomo, un frammento dello spirito, un bagliore che invoca rispetto. A noi, ora, la responsabilità di ricordare la lezione del maestro.

Leggi i 14 commenti a questo articolo
  1. andrea monda ha detto:

    bella riflessione Paolo, mi ha fatto venire in mente questa frase di Cormac McCarthy: “Perché questo mondo che ci pare una cosa fatta di pietra, vegetazione e sangue non è affatto una cosa ma è semplicemente una storia. E tutto ciò che esso contiene è una storia e ciascuna storia è la somma di tutte le storie minori, eppure queste sono la medesima storia e contengono in esse tutto il resto. Quindi tutto è necessario. Ogni minimo particolare. E’ questa in fondo la lezione. Non si può fare ameno di nulla. Nulla può venire disprezzato.” (da Oltre il confine)

  2. Federico Cerminara ha detto:

    A me piace molto anche la foto :-)

  3. Pietro ha detto:

    Grazie P. Antonio! Il Libro Le Voci Dei Libri l’ho appena comprato e già ne parlo con la moglie e con la nipotina Arianna che deve iniziare la prima media. Credo che un maestro non è un frammento di spirito ma che, per Grazia: ” Chi ha conquistato un’identità precisa è in grado di dialogare meglio con tutti “. Beato Giovanni Paolo II.

  4. Paolo Pegoraro ha detto:

    @Pietro: grazie a te, ma… non sono P. Antonio… ; )

  5. Paolo Pegoraro ha detto:

    @Cermis: «anche»? e… perché?

  6. Federico Cerminara ha detto:

    Perché il pezzo è interessante, ma te lo avevano già scritto :-)

  7. Stas ha detto:

    Bellissima riflessione, grazie Paolo! Un saluto dalle terre di Billy Parham (protagonista di Oltre il confine) dove ho la chiara sensazione che Cormac, nel comporre la sua “trilogia della frontiera”, abbia dialogato nel profondo con questi luoghi, rispettandone le caratteristiche fino in fondo. E’ stato molto emozionante arrivare al limite estremo della sperduta Animas Valley lungo una strada sterrata, e ritrovare a Cloverdale (dove sopravvive solo il rudere della vecchia comunità scomparsa negli anni cinquanta) la scena precisa delle prime pagine di Oltre il confine. Ciao!

  8. Pietro ha detto:

    Il libro non è un uomo. Il libro è tutta l’umanità che comunica se stessa a quanti, curiosi, si pongono in
    religioso ascolto, leggendo. E’ frutto dolce e necessario alla crescita globale della civiltà dell’Amore.
    L’Amore, che ispira l’anima, e la prepara all’incontro con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. E’ un mistero infinitamente bello e intrigante, che apre la mente e il cuore al desiderio costante di condivisione, di dialogo
    e di comunione con l’Altro!
    Paolo, scusa l’errore. E Grazie di cuore!

  9. Pietro ha detto:

    A proposito di critica letteraria: ” l’ mi son un che, quando / Amor mi spira, noto, e a quel modo / ch’e’ ditta dentro vo significando “. Dante Alighieri, Purgatorio Canto XXIV, 52-54. Come interpreta questi versi la critica?. Il Poeta scrive per esperienza vissuta, o è pura fantasia? Paolo, mi puoi illuminare?. Grazie !.

  10. Paolo Pegoraro ha detto:

    Bellissima la citazione di Cormac sulla “necessità dell’inutile” (quante letture “inutili” sono necessarie per arrivare ai libri “utili”? quante pagine “inutili” è necessario scrivere cancellare riscrivere distillare per arrivare a poche righe “utili”? una volta raggiunta la mèta, il percorso – qualunque sia stato, anche quello più lungo e insidioso – si scopre essere l’unico immaginabile) e invidiona per lo Stas viaggiatore!

    @Cermis: sorry, intendevo perché ti piace la foto… tra pagine scribacchiate e libri ammonticchiati c’è continuità, mi pare!

  11. Pietro ha detto:

    Ricordo una visita da giovane in casa di un amico scultore. Parlavamo da qualche minuto, quando la figlia, una bimba piccola, piangendo si attacca ai pantaloni del padre che, tutto preso dai problemi dell’arte, dimenticava i suoi doveri di genitore. Purtroppo è rimasto solo, la famiglia lo ha abbandonato!
    Nello studio le opere riempiono tutto lo spazio, silenziose e tristi come il loro autore sempre più chiuso in se stesso. Tra l’Amore per la famiglia e l’arte, quest’amico ha scelto l’arte. E se pure la società nel futuro gli ergerà un monumento, egli ha causato la morte della cellula più importante, necessaria e Bella della civiltà umana. E’ questione di mettere ordine nelle priorità della vita!!! Mi chiamano, devo andare a festeggiare il compleanno di Samuele, il terzo nipotino meraviglioso. Oggi compie un anno!!!

  12. Pietro ha detto:

    Le voci della Rete.
    E’ un miracolo! Scienza e tecnica collaborano da migliaia di anni per servire l’uomo nel migliore dei modi. I cervelli meccanici aiutano il cervello spirituale nel meraviglioso lungo cammino dal buio verso la Luce. Lo sguardo è la prima parola! L’Altro dà senso alla nostra vita. La Rete allarga la comunicazione a livello planetario e oltre. Qui, la dignità e l’identità dell’uomo sono messe al primo posto. Qui, grandi e piccoli si incontrano per crescere insieme nella lode a Dio e nel gioioso servizio della Carità…

  13. Pietro ha detto:

    A volte l’uomo rimane prigioniero della voglia smodata di conoscere tutto. E dimentica il Cielo!
    Preghiamo la Beata Vergine Maria nella solennità dell’Assunzione. Ci aiuti Lei a mettere ordine nelle priorità della vita. Dietro le case silenziose, a Oriente spunta il sole. La notte è tramontata. Un nuovo giorno ci è donato. Iniziamo a dire: ” Grazie ” !!!

  14. Rosa ha detto:

    Davvero interessante questa riflessione sul libro e sul lettore. Il libro ci abita, è vero, e abitandoci ci mette in viaggio con l’altro.
    Questo viaggio-incontro peraltro è possibile moltiplicarlo all’infinito nello scambio con altri lettori.
    Così succede a chi come me fa parte di un Gruppo di Lettura, L’isoladegliasini, un gruppo di persone cioè che condividono il piacere della lettura, disinteressatamente.
    Ho letto il testo di Raimondi tempo addietro e, a parte le considerazioni sul rapporto epifanico tra lettore e libro, una frase mi colpì: “l’attenzione è la preghiera naturale dell’anima”.
    Ecco il lettore, il lettore attento e curioso, potrebbe essere più semplicemente uno che prega.

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