Rete e critica letteraria. II parte.

Young man writing, 1852, Jean-Louis Ernest Meissonier5. Luoghi della critica in rete.

Ciò che ancora sembra non cessare di disorientare tanti, e soprattutto quelli tra noi non proprio esattamente nativi digitali, è la sovrabbondanza dell’offerta reperibile in rete. Ma ciò che è davvero cresciuto a dismisura, rispetto al tempo in cui la rete non c’era, non è tanto l’insieme delle proposte più o meno assimilabili alle riviste letterarie cartacee, quanto l’opportunità di amplificare la diffusione delle impressioni di lettura. Ciò che un tempo si concretizzava nel passaparola, nella condivisione di gusti con piccole compagnie di amici, nel consiglio a un allievo o nel colloquio con il libraio, adesso è un’informazione la cui trasmissibilità in teoria non ha limiti (il che comporta, tra l’altro, riflessioni non trascurabili circa la consapevolezza di ciò che si sta facendo e sulla assunzione delle relative responsabilità).

Il problema allora è semmai individuare all’interno di questa produzione tumultuosa ed in evoluzione pressoché continua i luoghi in cui semplicemente si tenta tout court di esercitare la critica. E questo tentativo può dirsi tanto più riesca quanto più derivi da un progetto consapevole e organizzato di interpretazione del reale, di lettura del contemporaneo, di ricerca di senso nel singolo testo esaminato o nelle tendenze più generali che via via vengono enucleate: tanto più, in concreto, un luogo della rete si proponga ai lettori come (Faini) “uno strumento critico compatto (tale cioè che, al di sotto della varietà dei temi, si individui un coerente e consapevole programma critico-culturale)”. In questa prospettiva, l’offerta è ampia e differenziata: molti siti si fregiano di dichiarazioni di intenti su cui si orientano con diversi gradi di coerenza gli interventi di redattori e collaboratori. Rientrano nella categoria, tra gli altri (e senza alcuna pretesa di esaustività: sono soltanto i siti che solitamente consulto, in forma più o meno sistematica), oltre ovviamente a Bombacarta, tra i primi la cui presenza in rete è motivata da un Manifesto, Vibrisse bollettino, Il primo amore, Nazione Indiana, Le parole e le cose, La poesia e lo spirito, Minima & moralia, Critica letteraria, Punto critico, Doppio zero, Samgha, Letteratitudine, Retroguardia 2,0 …

La loro consultazione combinata propone oggi un esteso panorama sulla letteratura contemporanea con una ricchezza di stimoli quasi impensabile, ad esempio, per un lettore sistematico delle terze pagine dei più importanti quotidiani della metà del secolo corso.

6. Una questione di autorevolezza e di competenza.

Accertata dunque una presenza piuttosto cospicua in rete di siti di critica letteraria nel senso pieno del termine, occorre come passo immediatamente successivo riflettere sulla loro autorevolezza, dalla quale deriva la possibilità di incidere in qualche misura, sia pur minima, sulla realtà, a partire da quel dettaglio che è l’opera di cui si sta trattando. Di dire, in altri termini, qualcosa sul nostro mondo e sul nostro tempo, in via indiretta, se è vero, Fortini docet, che “esercitare la critica, svolgere un discorso critico vuol dire … poter parlare di tutto a proposito di una concreta determinata occasione”. Non ho certezze sul confronto che ovviamente si impone al riguardo con i più blasonati inserti culturali, o, per la saggistica più ampiamente intesa, con le più riviste più importanti. Qualche indizio della crescente credibilità di alcuni siti di critica letteraria si può però cogliere. Alcuni nomi illustri sono approdati in rete, mantenendo a volte una doppia cittadinanza, dimostrando spesso di ritenere poco rilevante il mezzo di diffusione delle informazioni e delle idee. E ciò a prescindere da blog personali o collaterali al quotidiano di riferimento, ma in forma di collaborazione diretta a siti del tutto autonomi da collegamenti con la carta stampata. Interessanti poi i percorsi verso la Rete avviati da riviste nate cartacee come Satisfiction e L’Indice, che hanno dato vita a siti di alto livello, e di notevole popolarità. Le prospettive sembra dunque stiano cambiando, le distanze si raccorciano: si può lecitamente pensare che si avvicinino tempi in cui i confronti tra critica su carta stampata e critica su web diventeranno sempre più proponibili, o meglio, altri ancora, in cui questo genere di confronti non avra’ più senso, proprio perchè fondato solo sullo strumento di comunicazione utilizzato.

Dove e come allora si forma autorevolezza per i siti letterari? Avendo a che fare con una realtà non compiutamente assestata, non disponiamo di riferimenti certi per definirne una soglia. Una minima tradizione si è comunque già formata anche in rete, e siti letterari con una decina d’anni di qualificata presenza possono ragionevolmente ambire ad esserne parte (una buona quota delle riviste novecentesche ha avuto un’esistenza più corta…). D’altra parte, indipendentemente dall’anzianità di permanenza attiva sul web, il credito maggiore o minore di cui gode ogni sito culturale, ed in particolare letterario, dipende, ovviamente e nè più e nè meno di quanto avviene per le riviste di carta, dalla validità dei contributi che lo animano, o, in altri termini, dal livello delle collaborazioni. L’attività che si svolge all’interno di siti come La poesia e lo spirito o Minima & moralia o Doppiozero quanto ad analisi del contemporaneo e a conseguenti capacità di elaborare proposte non credo sia molto dissimile da quella che veniva dispiegata nelle redazioni delle riviste che tanta parte hanno avuto nella cultura novecentesca. E’ evidente che siamo assai lontani dai timori di Stothard. Qui non si pone nemmeno (o, meglio, si pone al massimo in forma residuale) il problema di influenzare il mercato editoriale: i collaboratori di questo genere di siti penso sottoscriveranno, chi con qualche ovvia riserva, chi incondizionatamente, le parole di Giorgio Manacorda in Apologia del critico militante: “Sono convinto che il pubblico sia l’ultima preoccupazione del critico militante. Per lui il pubblico non esiste, … se il lettore esistesse, il valore dell’opera sarebbe deciso dal mercato, il che non è. Il valore dell’opera è deciso dall’opera – e il critico militante è solo colui che è attrezzato per accorgersene.”

La novità sta forse nelle modalità di formazione di questa autorevolezza (se e quando c’è), che, in funzione della gratuità che regola attualmente i rapporti autore – critico – lettore, si dovrebbe incentrare stabilmente sull’elemento che unicamente dovrebbe essere fondante, e cioè sul valore intrinseco del prodotto culturale che si propone. La credibilità dei siti deriva allora evidentemente dalla competenza di chi scrive, e dal modo nel quale il mezzo di comunicazione viene utilizzato. Quanto alla competenza, anche in questo caso, la questione mi pare possa porsi in modo non dissimile a quello delle pubblicazioni su carta, e cioè che essa possa ordinariamente essere valorizzata tramite processi di selezione e/o di aggregazione analoghi a quelli in uso preso le riviste e le pagine culturali. Qui la gratuità, tuttavia, gioca un ruolo opposto a quello prima evidenziato: il valore intrinseco del singolo intervento è indipendente dalla circostanza di non essere remunerato.

Scrive al riguardo Andrea Coccia su Klit (22 ottobre): “… Ho l’impressione … che la forza della mia opinione non dipenda più, o meglio, sempre meno, da che testata mi pubblica. Potenzialmente (ma soprattutto, in prospettiva) se questo articolo lo pubblicassi su La lettura del Corsera o sul blog di kLit, a cambiare sarebbero soltanto i soldi che mi verrebbero in tasca. Diciamo – stimo – un centinaio di euro da RCS nel primo caso, e diciamo – questo è un dato certo – una pacca sulla spalla dallo staff organizzativo nel secondo. A livello di opinione e di autorevolezza, a quel livello che non si gioca sui conti bancari ma nella testa di chi legge, paradossalmente la cosa non ha più così tanta importanza”. La competenza dunque non è necessariamente connessa all’esercizio professionale dell’attività di critico. Estremizzando il concetto, in termini più generali, se ne potrebbe dedurre che la rete non fa che attualizzare la notazione di Carlo Bo, secondo cui “la letteratura è una condizione, non una professione”. Non è del resto una novità: quanti sono gli scrittori, per restare al campo di osservazione privilegiato dai critici, che vivono esclusivamente di scrittura ? E quanti i poeti ? La rete non promette (per ora?) niente dal punto di vista economico a chi vi scrive, il che non esclude affatto che su di essa pubblichino autori la cui competenza è indiscutibile. Al contrario, questa situazione può contribuire a ridefinire in senso assai meno assoluto l’opinione, tipica di questi nostri anni, che debba indefettibilmente esistere una proporzione diretta tra remunerazione e professionalità.

7. Rendere un servizio.

Anche a voler fare la piu’ ampia tara possibile delle diverse intenzioni, talvolta deteriori, che animano gli interventi in rete (narcisismi esasperati, ambizioni mal riposte, acrimoniosi livori personali, frustrazioni e velleità di rivalse ecc…), la sua attuale gratuità qualifica la critica letteraria via web come una attività di volontariato culturale, la cui dignità va comunque salvaguardata. Chi vi si dedica può allora trovare una forma di compenso nella percezione stessa dell’utilità del suo lavoro. La questione si pone allora in termini di servizio, su come cioè possa rendersi un servizio nel modo migliore possibile alla comunità (minima o ampia che sia) dei lettori che frequentano la rete, il che costituisce anche la ragione fondamentale che motiva, o meglio ancora che deve motivare, chi pratica questa forma di attività culturale. In altri termini: occorre capire come le peculiarità che la rete offre in termini di trasmissibilità della conoscenza, ma anche di trattamento dei testi, possano adattarsi al lavoro critico, oppure per altro verso influenzarlo. L’idea di servizio applicata ad un’attività di tipo critico si concilia del resto con la ben più ampia concezione dell'”utilità” della letteratura in generale (sotto questo profilo A che cosa “serve” la letteratura? di Antonio Spadaro ha evidentemente parecchio da insegnare).

Il servizio si può allora rendere bene anzitutto mettendo a frutto il più evidente dei vantaggi offerti dalla rete: una garanzia di indipendenza molto ampia. Il tanto demonizzato mercato non dovrebbe esercitare alcuna forma di coercizione nei confronti di critici e di recensori che offrono le loro prestazioni a titolo gratuito. Sotto questo profilo, le differenze tra rete e pubblicazioni cartacee possono agevolmente essere rimarcate. Così, al riguardo, Massimo Rizzante in Nazione indiana (4 aprile 2011): “in rete sei libero fin da subito di dire la tua e di proporre autori e opere che non sono sottomessi ai diktat del mercato editoriale. Nei giornali la libertà va conquistata nel tempo, e non è detto che si ottenga”. L’autonomia rispetto a sollecitazioni esterne è una caratteristica, allo stato attuale della critica in rete, certo assai facilmente decifrabile nei siti e molto frequentemente in essi dichiarata: essendo peraltro un elemento essenziale dell’attività critica in generale, tramite qualunque mezzo si esprima, ne deriva una forte potenzialità di credibilità. È probabilmente la leva più potente da utilizzare per affermare l’esistenza di una critica in rete che non si trovi in posizione di minorità nei confronti di quella che appare su carta stampata. Dal prestigio indotto da un giudizio critico indipendente dovrebbe derivare, se questo potenziale di credito non andrà disperso, anche un maggior richiamo nei confronti dell’industria editoriale: una recensione positiva e garantita come indipendente dovrebbe comunque essere un (piccolo, grande, inesistente? Sarebbe una discussione comunque qui fuori tema) valore aggiunto per il “prodotto editoriale”. Ne deriva il dovere per chiunque si cimenti in questo genere di attività di salvaguardarne ed accrescerne l’autonomia.

Il servizio si può rendere bene anche tenendo nel debito conto l’amplissima possibilità di intervento nelle più diverse direzioni che la rete offre. Ci si può, infatti, svincolare abbastanza facilmente dalle contingenze e dalle novità editoriali (il critico quando esercita la sua professione in rete anche per questo ha maggiore indipendenza) e dedicare attenzione anche a testi non recenti, che meritino riscoperte o recuperi (si pensi alla meritoria attività resa in questo senso da Samgha e da Bottega di lettura). La gratuità dell’attività garantisce ovviamente una ampiezza di scelta di questa portata, e può favorire alcuni sviluppi particolari. Per una saggistica più vicina all’attualità della produzione letteraria possono aprirsi scenari interessanti, anche utilizzando le potenzialità del mezzo (links, rinvii intertestuali …): non essendo particolarmente pregnanti i vincoli di spazio e di tempo che presiedono all’organizzazione dei corrispondenti lavori critici su carta, e che favoriscono (o impongono) attività recensorie sintetiche, possono svilupparsi studi di più ampio respiro su opere recenti e sulla produzione di autori o di gruppi di autori in attività. D’altro lato, perché non pensare ad un ritorno alla nobile pratica del commento testuale, data la facilità di combinare testo originale con analisi? Sullo sfondo, quello che è un carattere peculiare della rete, l’apertura verso il dialogo, il colloquio, lo scambio non solo delle conoscenze, ma anche di singole opinioni. La possibilità di postare commenti spalanca spazi al dibattito virtualmente senza limiti (nonché occasioni altrettanto ampie per dare sfogo ad intemperanze verbali, ampiamente favorite dall’anonimato). Soprattutto, ha già consentito la riduzione della distanza fra critico e lettore, che è poi chi del lavoro critico fruisce, e che fino a solo pochi anni fa non aveva modo di esprimersi. Sotto un diverso punto di vista, poi, la rete offre a chi scrive la possibilità di darsi i tempi che ritiene più opportuni, dall’intervento sostanzialmente in tempo reale a quello più accuratamente meditato, non essendoci normalmente vincoli di scadenze (e tenendo d’altro canto ben presenti le vertiginose prospettive di durata che accompagnano la pubblicazione di un testo in rete…).

Ancora, il servizio si può rendere bene limitando il più possibile l’autoreferenzialità, pecca che la stessa solitudine dell’atto di scrivere in rete alimenta, e che può attribuirsi sia all’atteggiarsi dei singoli autori, sia all’impostazione generale dei siti, il che contrasta paradossalmente con le amplissime possibilità di rinvii e citazioni che il mezzo offre. Sono ancora rari i dibattiti e gli scambi di opinioni tra siti diversi (da ricordare, tra i pochi, tanto per restare in casa, il confronto di qualche anno sulla Italian new epic proprio su Bombacarta, richiamato successivamente anche su Carmilla).

In linea generale, infine, il servizio si può rendere bene riuscendo a conciliare la spontaneità che la rete suscita e la competenza indispensabile per fare critica, qualunque sia l’ambito in cui viene esercitata. Dall’individuazione, e soprattutto dalla sua continua manutenzione, di un punto di incontro tra di esse dipende probabilmente il futuro della critica in rete, che potrebbe assestarsi nella permanenza inerte in una sorta di riserva indiana, oppure, auspicabilmente, evolvere verso nuovi modi di esprimersi, più incisivi e al tempo stesso più attenti alle esigenze del lettore, più “popolari” e meno elitari, più comprensibili, ma non meno rigorosi nella ricerca del bello.

Leggi i 2 commenti a questo articolo
  1. Elvis Pavan ha detto:

    Oggi dilaga la convinzione che sempre più cose si debbano fare gratis per pura passione: dalla musica alla letteratura, dal recitare in peccaminose pellicole per adulti alla politica…
    Ho il forte sospetto che questa utopia sia il veicolo inconsapevole di nuove forme di sfruttamento come già insinuato anche dai Wu Ming.
    La critica letteraria non mi sembra che in questo momento sia nè più nè meno libera di quanto lo fosse in passato, ai tempi ad esempio di “Non leggete i libri, fateveli raccontare” di Luciano Bianciardi: anche nella rete le voci valide sono sommerse da un mare di melma, pennivendoli e incompetenti; certo che l’internet ha moltiplicato le opportunità d’incontro e quindi le tre o quattro persone con cui si condividono le passioni intellettuali non le troviamo più solo nei luoghi più vicini, il liceo, la fabbrica, la sede del partito, la parrocchia, ma li troviamo per le vie dell’intero mondo.
    Una delle sfide della contemporaneità sta nel trovare un modo per eliminare le nuove forme di sfruttamento (il “lavorare tutti, lavorare gratis” profetizzato da Pablo Echaurenn negli anni ’70) senza però comprimere i necessari spazi di dono e servizio gratuito all’altro.

  2. Elvis Pavan ha detto:

    Scusate l’omissione, l’articolo dei Wu Ming a cui facevo riferimento è questo: http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=5241

Prima di inserire un commento, assicurati di aver letto la nostra policy sui commenti.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *