Pietra: enigma, senso e valore

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La pietra ha un’età? No, come tutto il resto. Nel senso che nella materia, come ricorda Lavoiser, “niente si crea, niente si distrugge, tutto si trasforma”. Il tempo dunque non cambia “essenzialmente” le cose, ma dà loro forme diverse. Con la pietra questo rimanere essenzialmente uguali è più stabile, essendo il suo “divenire” più lento; vedendo una pietra nera oggi, ci si chiede quale uomo di quale epoca l’ha vista eruttare fuori da un vulcano in forma di lava; trovando in collina un fossile di una conchiglia ci si chiede quanto tempo sia passato e quanto poco sia cambiato per quella pietra. Al di là di tutte le qualità, positive o negative, che la pietra evoca, essa ha a parer mio una sua collocazione e una sua essenza anteriore a qualsiasi attributo o predicato: essa è. Niente come la pietra “sta”, “è presente”. Con la sua compattezza e il suo peso ci limita, ci ostacola, ci interroga. Occupa spazio. La pietra è una presenza, e dunque un enigma.

La cosiddetta “Età della pietra” è per noi oscura, sicuramente perché conosciamo molto poco degli uomini e le civiltà di quel tempo, ma anche perché è stata un’epoca misteriosa per gli stessi uomini che l’hanno vissuta. Poche élite conoscevano i misteri delle pietre. Ma esistono davvero questi misteri? Senza spingersi ad esaminare la provenienza e i veri contenuti di superstizioni e riti tribali, è interessante chiedersi perché questo materiale si è caricato di tanto senso, perché l’uomo, ad esempio, vi ha costruito enormi strutture assolutamente inutili quali Stonehenge, le Piramidi in Egitto e nel Sud America, disponendo di mezzi rudimentali e primitivi. A mio parere il tempo è ciò che dà valore alla pietra. Stonehenge è rimasto in piedi dopo millenni perché è stato costruito in pietra, ed è stato costruito in pietra proprio per rimanere per millenni a venire, altrimenti lo facevano in legno. L’uomo costruisce “sulla” e “in” roccia, per far durare le proprie opere, perché si sente eterno ed antico come le pietre. E per questo vuole essere seppellito sotto una pietra. Per durare quanto lei.

Oltre al tempo, c’è un altro fattore fondamentale che dà valore alla pietra, ed è la diffusione nello spazio, cioè la quantità ovvero il numero. E qui slittiamo di pietra in pietra: se i reperti archeologici hanno valore grazie al tempo, alla loro storia, i minerali preziosi no, essi non testimoniano eventi ma sono di valore in quanto sono pochi, sono pietre preziose perchè rare, è l’unicità il loro valore. I minerali preziosi, meno se ne trovano, più sono preziosi. Se l’oro fosse stato comune e il ferro rarissimo, avremmo adottato monete di ferro. Dunque è l’uomo che da valore alle pietre, spesso sbagliando di valutazione (penso agli indigeni che hanno venduto Manhattan per qualche pietra), ed assegnando maggior valore a quelle pietre più rare. È la febbre dell’oro. Avere una cosa e sapere che il resto del mondo non ce l’ha. Essere gli unici possessori di qualcosa, o essere tra i pochi ad averla. Quanti posseggono diamanti per esempio? Qualche decina di migliaia nel mondo forse.

Ma quanto sono validi questi valori (storico ed economico) che l’uomo attribuisce alla pietra? Hanno qualche fondamento? O sono soltanto sovrastrutture, invenzioni, convenzioni, prive di significato intrinseco? Cosa dà significato alle cose? Quale parametro è giusto per dare valore alle pietre? Sicuramente l’utilità pratica è un elemento minore nel valutare una pietra. Una statua ad esempio può valere molto di più di un muro di pietra. E una pietra scheggiata del paleolitico è ritenuta un pezzo da museo a differenza di un tagliere in pietra dell’IKEA. Insomma chi decide quanto si paga una pietra? “Di chi è” una pietra? Ma qui rischiamo di divagare.

Guardando la pietra non più dal punto di vista del suo valore (o prezzo) ma del suo utilizzo, la sua durezza assume importanza fondamentale. La pietra è stata utile in quanto dura: lavorabile, scheggiabile, ma dura. La sua durezza e il suo peso hanno fatto evolvere la tecnologia umana. Il legno e il cibo (pensando al grano, e quindi al pane e alla pasta), sono stati lavorati principalmente grazie alla pietra, poi rimpiazzata da materiali più duttili e plasmabili. Ma oltre a questa primordiale utilità tecnologica la pietra evoca anche una altrettanto primordiale spinta di violenza e morte. Probabilmente Caino aveva una pietra nella mano che “alzò” contro il fratello. L’uomo infatti è sempre in crisi con il mondo, non riesce ad essere in armonia con esso, deve forzarlo, deve “rompere”, e distorcere le cose, per possederle. Così un sasso che giace tranquillamente al suolo viene usato per fracassare le ossa di un nostro simile, o, legato al collo, per farsi sprofondare nell’acqua e togliersi la vita. Il lancio di una pietra è l’azione più primordialmente umana del mondo. Perché necessita di pollici opponibili, visione prospettica e soprattutto impulso passionale. Secondo un mito greco Deucalione e Pirra dopo il diluvio ricreano l’umanità lanciando dietro le loro spalle, senza guardare, delle pietre (“le ossa della grande Madre Terra”). Un’azione creatrice che immette nella natura (la grande Madre) l’irrazionalità di un sasso che viene scagliato alla cieca. Irrazionalità puramente umana.

caino e abele

A volte si può uccidere non solo con la pietra ma anche con la parola, a volte si usa l’espressione “le parole sono pietre”, ad indicare la loro forza, positiva o negativa, a sottolineare la loro stabilità “rocciosa”, la loro definitività. Le parole possono essere pesanti, taglienti, scolpite, ruvide, proprio come le pietre. C’è qualcosa quindi di forte, di violento nella pietra che rompe, irrompe per imporsi e rimanere lì dove cade, proprio come nella grande poesia dove le parole, poste lì dove sono (la poesia è canto, ritmo) restano, immortali.

La pietra è dunque testimonianza e manifestazione della Natura, di un sistema superiore, di un ordine primordiale, di una dimensione eterna, ma anche della forza che su questo sistema l’uomo esercita, la violenza che si sprigiona dal contatto dell’uomo con questa realtà a lui antecedente. Nessuno ha mai visto una pietra formarsi, ma tutti prima o poi abbiamo lanciato, per passare il tempo, una pietra in aria. L’uomo non conosce essenzialmente la Natura, ma la modifica, la distorce, la utilizza. E questo utilizzo non è solo tecnologico, “razionale”, ma anche perverso, contro natura, irrazionale, impulsivo e caotico. A differenza di una valanga, che colpisce indistintamente tutti, un sasso colpisce “quella persona” e la ferisce secondo un disegno consapevole.

Ma quanto è consapevole una pietra?

Il punto è questo: che valore ha il valore che noi attribuiamo alla pietra?

Leggi i 2 commenti a questo articolo
  1. ilgattocertosino ha detto:

    Riflessioni e considerazioni molto interessanti sulla pietra! Complimenti a Dante.

  2. Katheryn R. Foreman ha detto:

    Le ragioni dietro la tradizione delle pietre runiche sono oggetto di dibattito ma includono questioni d’eredità, di status e la commemorazione dei defunti. Diverse pietre ricordano esplicitamente un’eredità, come la pietra di Ulunda e la pietra di Hansta , ma la grande maggioranza di esse nominano solamente colui che ha eretto la pietra e colui al quale è dedicata.

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