Svolta di respiro

“Atemwende” è il titolo di una raccolta del poeta di origine rumena Paul Celan. In italiano questo titolo è tradotto con l’espressione “Svolta di respiro”. Quale il senso di questo titolo?

Il poeta assume, “inspira”, la realtà che gli sta intorno, la elabora per mezzo dell’arte e la restituisce, la “espira” come poesia. Nella sua semplicità, questo flusso d’aria rende perfettamente il senso della poesia nel suo rapporto con la vita. Il poeta, infatti, non può che respirare la propria aria, quella che lo circonda e i suoi polmoni la elaborano per espirarla in forma poetica. La poesia insomma è “respiro”. Ma se l’aria intorno alla realtà si fa irrespirabile? Se l’aria si fa densa di polvere? Cosa accade al poeta? Smetterà di restituire poesia? Il suo respiro non potrà che diventare rantolo e sarà sufficiente appena per un grido, incapace di dire il reale e appena utile a denunciarne l’indicibilità. La situazione critica sembra condurre la poesia sull’orlo di se stessa, come scrive Celan in un suo saggio: l’unica cosa che si salva è la parola, ma essa deve attraversare “le proprie impossibilità di rispondere, la propria tendenza ad ammutolire”.

Ecco il punto: la poesia non ha la natura di un “pauroso ammutolire”. Non è “qualcosa che toglie […] il respiro”, nè tende a diventare “respiro di pietra” (“Steinatem”). Per Celan la parola può attraversare “mille tenebre” ma alla fine la capacità di parola si salva dal mutismo, dall’afasia sempre incombente. Resta dunque l’attesa, la speranza, la prospettiva di una salvezza della parola.

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