La letteratura preventiva

Nelle riflessioni sulla letteratura si percepisce spesso un certo “ritardo”. Essa infatti, a giudizio di molti, servirebbe a capire meglio, interpretare, intendere meglio la vita e le sue vicende, “dopo” che esse siano accadute. L’elaborazione del proprio vissuto o l’approfondimento e il disvelamento restano sempre processi a posteriori, seppure capaci di rivitalizzare ciò che non abbiamo colto mentre accadeva. La letteratura allora sarebbe la camera oscura dove si sviluppa ciò che è già impresso (dunque viene dopo l’evento); il sistema per incanalare il torrente della vita (che già scorre); la digestione e la ruminazione (di ciò che è già stato ingerito). Sembra che tra vita e la letteratura si stabilisca un rapporto di prima/dopo.
Tutto ciò è verissimo e importantissimo.

Tuttavia si deve considerare la questione anche da un altro punto di vista. La letteratura infatti gioca anche d’anticipo e aiuta a prepararsi a ciò che si ha da vivere e che ancora non è accaduto. Si tratta di una funzione “prolettica” o, se si vuole, “profetica” (nel suo senso più ordinario) della letteratura. A volte ci si ritrova ad affrontare certe situazioni (emotive, o storiche) grazie al fatto che la letteratura ci aveva di nascosto preparati a viverle.

Spesso gli eventi non ci colgono impreparati perché ci troviamo ad afferrare quello che capitava proprio grazie ad un bagaglio misterioso che ci aveva allenati a vivere situazioni a noi lontane, impedendoci in molti casi di ritrovarci spiazzati anche di fronte a realtà che ci sono naturalmente estranee. La letteratura, a suo modo, era venuta “prima”. E’ anche vero che la letteratura pre-viene e pre-para proprio perché è interpretazione del già vissuto.

Dunque la letteratura non solo “pre-viene”, ma a volte offre gli occhi per vedere ciò che altrimenti resterebbe non visto e anzi non visibile (e dunque non “vivibile”, in qualche modo).
(n.b. devo l’idea di questa riflessione a Francesco Longo, che ringrazio)

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