Affidamento, intimità e rigenerazione: l’arte di dormire

Alcyon Sleep di Rodney Graham

Disteso sul sedile posteriore di un furgone, mentre le immagini della periferia di Vancouver si riflettono sul suo pigiama di seta blu, Rodney Graham dorme beato. Autore e protagonista del video di 26 minuti, intitolato Alcyon Sleep, l’artista canadese sperimenta e rappresenta una delle caratteristiche principali del dormire:l’affidarsi. Come un bambino si abbandona al movimento cullante della macchina, come un bambino si fa portare. Eppure nel video chi guida non si vede, ma ci deve essere…perché in quel guidatore ogni fiducia è riposta.

David di Sam Taylor-Wood
Lontano da ogni necessità di controllo è anche il sonno del calciatore David Beckam, filmato dormiente da Sam Taylor-Wood, in un’opera commissionata niente meno che dalla National Portrait Gallery di Londra. Già dal titolo, David, l’artista inglese intende restituire un’immagine intima, vicina, familiare di un divo osannato e irraggiungibile: da qui la scelta di ritrarne il sonno, luogo di vulnerabilità, di intimità. Solo due obiezioni: innanzitutto le vite delle cosiddette star ci sono già fin troppo vicine, i loro amori e fisiologie hanno saturato le distanze; inoltre poi il video ci restituisce un’immagine oleografica del Beck, bello di mamma con tanto di tatuaggio, orsacchiotto addormentato che non russa e non assume la tipica aria da ebete del comune mortale che dorme.
L’intimità con cui questo video ci mette in comunicazione è quindi un’intimità falsa e la bellezza innegabile del protagonista è comunque artefatta. Un’occasione persa per rappresentare un’altra caratteristica del sonno e cioè il pudore, dato dall’esporsi allo sguardo altrui in una condizione in cui il controllo della coscienza latita.

The Maybe, di Cornelia Parker,

Interessante e complessa interpretazione del sonno è invece The Maybe, di Cornelia Parker, opera-performance che ha visto Tilda Swinton dormire per otto ore al giorno, per un mese, in una teca di vetro alla Serpentine Gallery a Hide Park. La teca in questione è la chiave di volta per tentare un’interpretazione del pezzo: si tratta infatti di una wardian case, una teca usata nel diciottesimo secolo per il trasporto di materiale botanico. Dal parallelo tra la pianta che cresce e la donna che dorme, il sonno emerge come un momento in cui si osserva una crescita e una rigenerazione. Il titolo poi, The Maybe, indica un’originale e inaspettata interpretazione del dormire: il sonno come esperienza dinamica, come esperienza della possibilità, come affidamento al cambiamento…chi l’ha detto quindi che chi dorme non piglia pesci?

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  1. Herald ha detto:

    …Sognare forse…

    Bel lavoro

  2. teresa ha detto:

    interessante. Mi ha colpito particolarmente l’ultima per motivi personali, perché spesso penso a me stessa come una pianta. Penso che il motivo dell'”esposizione” forse fallito nel tentativo di taylor wood sia invece qui fortemente presente, sia per la modalità della performance (non è un filmato, ma l’attrice è veramente in vetrina per otto ore e per diversi giorni), sia per la simbologia: cosa c’è di più esposto di una pianta?

  3. lisa ha detto:

    Dormire è anche chiudere gli occhi…un gesto di chiusura all’altro. Ci si allontana, si fugge in una dimensione in cui si dimentica. Esporre i propri occhi chiusi equivale anche ad un rifiuto di corrispondenza – puoi guardarmi, vivermi, ma qui dove io sono tu non sei –

  4. Tita ha detto:

    Non sento il chiudere gli occhi come gesto di chiusura, rifiuto di corrispondenza.
    Al contrario mi pare il gesto di massima fiducia: mi fido talmente di te che non ho bisogno di stare in guardia, ti conosco a tal punto che non ho bisogno di guardarti per capire le tue intenzioni, di te mi fido.
    E’l’atteggiamento del bambimo che dorme, si abbandona, in braccio alla mamma.
    Comunque significativo l’accostamento delle tre foto e il commento che le accompagna e sottolinea le differenze.

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