E se fosse un derby…

Ogni esperienza, soprattutto se attraversata dal dolore, ci gratifica prima o poi del giusto disincanto. Questo grande sciamano, troppo sommariamente denigrato, circoscrive una realtà demistificata dall’illusione. E’ allora che, non so perché, le intuizioni si aggrovigliano in quello che sembra un risveglio della coscienza !

Subentra in alcuni l’esigenza di chiarificarsi attraverso la parola, e fino a quando questa, e in essa l’intuizione che fermenta, non si declina in un verso o un pezzo di prosa, recalcitra come un cavallo bizzoso. Purtroppo la parola se è strumento che addomestica, spezza nel contempo un respiro d’infinito, prerogativa dell’idea non ancora concettualizzata.

A parziale difesa di quel respiro ampio è la poesia che da sempre si presta di più, rispetto alla prosa, ai puntini sospensivi. Cattura un sospeso che rimane, per così dire, informe. Per poter meglio evocare, forse, in chiunque l’accolga, per divenire nuova prerogativa, spargendosi in ognuno verginea di significati. Da sempre è l’immagine di un prolungamento dello spirito che si dilata all’infinito.

Ricordo di un acquazzone estivo che mi relegò in un negozio per quasi mezz’ora. Spuntò il sole e mi avviai all’auto. Procedevo cautamente nel tentativo di limitare gli schizzi e, all’improvviso, il mio piede rimase sospeso su di una pozzanghera. Non fu la paura di inzupparmi, ma il terrore che stessi per profanare qualcosa: era mirabilmente riflesso uno spicchio di cielo. Il celeste si spargeva in diverse tonalità e il vibrare lieve del liquido ricordava uno sguardo languido: un occhio del cielo ?! C’era materiale per scrivere una poesia e della buona prosa. La poesia avrebbe sublimato l’attimo, la prosa denunciato le troppe buche che affliggevano il lungomare.

Nel confine tra ideale e concreto una differenza tra poesia e prosa? E il dilemma allunga ad altre strade: è nel lasso senza tempo di un rosato tramonto, celebrazione del giorno che declina tra melodie di silenzi, o nello scoppiettante soffritto da ragù alla bolognese, visibilio dei sensi in festa, la vera dimensione di una vita ? E sbozzo una risposta povera quando penso che anche l’anima può morire di fame.

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  1. Katia M. ha detto:

    Più che alla differenza tra poesia e prosa, più o meno chiara, credo, a chiunque ami leggere e scrivere, quello a cui piuttosto ho subito pensato leggendoti è stato: che cosa spinge una persona che sente il bisogno di comunicare, di esprimersi attraverso la parola scritta, a scegliere di farlo in versi oppure in prosa? E’ una questione di capacità, di competenza? voglio dire… io posso amare la poesia più della prosa, prediligerla nella scelta delle mie letture e sentire che mi attrae sopra ogni altra cosa, ma non essere in grado di buttare giù dei versi, sebbene abbia molto chiari la sensazione, il sentimento, lo stato d’animo che hanno determinato il concetto che vorrei esprimere.
    Alcuni ci riescono in modo del tutto naturale, quasi avessero “ereditato” e dunque “genetico” il dono della musicalità e del ritmo, che gli permetterà sempre di tradurre in concreto anche il balenio più appannato e fuggevole; altri invece preferiscono la prosa perchè offre indubbiamente “maggiori possibilità” di resa.
    A mio avviso, si è capito, è più difficile far poesia che prosa. E di “cattive” (mi riferisco ad entrambe) in giro ce n’è anche tante. Ma, insomma, chi scrive in prosa è perchè è incapace di scrivere in versi o viceversa?? ma c’è anche chi riesce a fare entrambe le cose, o no?
    Illuminatemi un pò….

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