Nasce il Videopodcast di Asterione

Nei giorni scorsi, dopo una lunga e silenziosa preparazione, il Gruppo Asterione ha dato alla luce il proprio videopodcast esordendo con un’intervista di Salvatore Martini a Raffaele Castria, attore, regista, direttore del Teatro Stabile del Giallo di Roma.

Raffaele Castria

Raffaele Castria

Castria è da anni coinvolto in prima linea nelle attività dell’Associazione Culturale “La Voce della Luna”, nata dall’omonimo Centro Diurno della ASL RM/E ed ora divenuta anche una Compagnia Teatrale dallo stesso nome.

La conversazione parte dal teatro per arrivare al teatro integrato (in cui lavorano insieme attori professionisti e persone di altra provenienza, spesso – ma non necessariamente – giunte da percorsi terapeutici o riabilitativi); inevitabilmente però la riflessione torna al senso stesso del teatro. È anche occasione per chiarire alcuni equivoci sul teatro integrato, troppo sbrigativamente identificato come mera “teatroterapia”.

Noi di Asterione siamo estremamente soddisfatti del risultato: abbiamo lavorato a questo progetto con impegno e grande partecipazione emotiva, e vederlo nascere ci riempie di orgoglio. In particolare, l’intervista a Raffaele Castria ci piace per ciò che ci viene raccontato, per come viene fatto, per le riflessioni che stimola: insomma, non potevamo iniziare meglio. Speriamo che almeno parte di questo entusiasmo venga condiviso dai nostri spettatori.

Lascia un commento a questo articolo
  1. Stas' ha detto:

    Complimenti, è un’intervista interessantissima. E molto buona anche la produzione del video.

    Nella testimonianza di Raffaele Castria ho riscontrato una genuinità di intenti e un approccio che ricorda molto l’esperienza dei laboratori di Bombacarta e di Bombacarta nel suo insieme.

    1. Innanzitutto mi ha colpito il fatto che il regista e i terapeuti si siano messi in gioco nella realizzazione dello spettacolo senza la preoccupazione del risultato finale: il risultato è l’esperienza stessa! Perchè, come afferma il regista, la preparazione della messa in scena comunque ti obbliga a immergerti in ciò che di più “umano” c’è nelle persone.

    2. In secondo luogo, l’approccio “esperienziale” fa sì che l’obiettivo dell’iniziativa non sia terapeutico, anche se è evidente che i pazienti ne traggono beneficio. L’obiettivo è più ampio e inafferrabile. E’ quasi indefinibile e il regista parla di “teatro utopico-antropologico”. L’esperienza si concretizza nel profondo di ciascun partecipante (non solo degli attori-pazienti, ma dello stesso regista e degli assistenti) in modo unico unico e non misurabile. Il fatto di non tendere nè alla perfezione di un prodotto (lo spettacolo) nè alla guarigione dei pazienti (la terapia) può essere incomprensibile per molti come lo è per altri il laboratorio di scrittura di BC quando diciamo che l’obiettivo non è quello di arrivare a scrivere un testo da pubblicare (ovvero di diventare degli scrittori) e neppure di usare la scrittura come terapia dell’io, ma l’esperienza in tutta la sua ampiezza ed estensione umana, spirituale, culturale, sociale.

    3. Mi piace l’approccio alla dimensione della follia. Castria cita Basaglia, ma a me viene in mente il Mario Tobino de “Le libere donne di Magliano”, un libro straordinario, in cui si può vivere la “prossimità” tra la dimensione dei “sani” e quella dei “malati” di mente ovvero quell’umanità profonda che, a ben vedere, non solo ci fa capire di non essere molto diversi (è come se la passionalità dei “malati” avesse 40° di febbre mentre la nostra rimanesse sempre a una temperatura normale), ma che è possibile addirittura mettere insieme uno spettacolo teatrale e vivere insieme un’esperienza di crescita e di senso.

    Bravo Asterione, bel colpo!

    Stas’

  2. Cristiano Maria Gaston ha detto:

    Intanto grazie per i complimenti. Proprio ieri commentavo nella mailing list di Asterione un’intervista che avevo appena visto su RaiNEWS24 a Simone Cristicchi, che sta portando in giro un monologo in cui rappresenta dei personaggi di malati mentali e che dice essere stato frutto di una sua esperienza biennale di volontario al CIM. Cristicchi dice che da queste persone ha imparato molte cose. Beh, secondo me ha imparato di più Castria.

    Cristicchi prende la malattia come oggetto da rappresentare, come qualcosa di “poetico”, Castria aiuta delle persone che hanno perso parte della loro libertà a reimpossessarsene. Preferisco questo secondo approccio.

    In “Ortodossia”, Chesterton (per la cui scoperta sarò eternamente grato ad Andrea Monda) scrive : “Un cieco può sembrare pittoresco, ma ci vogliono due occhi per vedere quello che c’è di pittoresco… Per un pazzo la pazzia è quanto ci può essere di più prosaico, perché per lui è la realtà”.

    Mettere in scena la follia è la cosa più facile del mondo, basta fare gli estrosi o i pazzerelli; peccato che ciò non faccia altro che rimarcare un confine, una differenza, uno iato.

  3. beatrice di giuseppe ha detto:

    Mi sembrava doveroso, visto ciò di cui mi occupo, e visto che Cristicchi ha vinto il Festival di Sanremo con la sua canzone sui “Matti”, leggere il suo libro, edito mondadori, uscito adesso: “Centro di Igiene Mentale”. Un cantastorie fra i matti. Non metto in dubbio la buona fede, ma il Cristicchi arriva più o meno con trent’anni di ritardo a narrare, come se fosse qualcosa di cui stupirsi, la crudeltà dei manicomi. Si erge difensore di creatività e voci inascoltate, di persone recluse mettendo in luce sopratutto gli aspetti di marginalità e di esclusione a cui, senza dubbio, i malati mentali sono stati costretti per molti anni.E dunque? Che ci vuoi dire, che il mondo è cattivo?
    L’autore lascia intravedere la salvezza e la guarigione al di fuori delle mura dell’ospedale psichiatrico…Chissà forse in alcuni casi… Mi sembra comunque che il suo intento dovrebbe allora limitarsi a descrivere (anche se sinceramente non ne vedo l’attuale utilità)il marciume della società nei confronti di ciò che temiamo di più: la diversità, la follia. Si impegna e si ingegna invece il Cristicchi a comprendere, a scovare creatività, mondi genuini, sensibilità diverse, anime pure… Le persone che soffrono sono incazzate nere, non o non solo anime pure! Ed è questo ciò che ci spaventa, è difficile entrare in contatto con il disagio psichico perchè sentiamo che le persone malate hanno ricevuto cose troppo diverse; la vita ha girato male per loro e spesso sono incazzati anche con noi che stiamo meglio…La creatività a volte è un lusso che non può essere concesso, se non veramente attraverso(vedi Castria) un attento e lungo lavoro di relazione, di nuova fiducia, con professionisti e persone veramente in grado di cogliere e accogliere.
    Il libro appare obsoleto e scontato, oltre che impreciso: ma lo sa il Cristicchi, che si è dato tanto da fare in giro per l’Italia andando a scovare i luoghi morti della follia, che i CIM (Centro di Igiene Mentale) ora si chiamano CSM (Centri si Salute MEntale) e che nei suddetti CSM i pazienti NON dormono??? Non sembrerebbe…gli proporrei una bella ricerca su ciò che adesso si tenta di fare con i malati di mente, sulle idee, sull’ascolto vero della sofferenza, sullo sforzo continuo di ridurre la distanza, sull’accettazione di quegli aspetti di rabbia e distruttività che così ci spaventano e che davvero ci dividono ma che al contempo fanno parte di noi e non possono essere coperti dal romanticismo di una poesia scritta in pochi momenti di lucidità.
    Ma perchè riporta l’intervista con un conduttore di un laboratorio che afferma che i malati sono i detentori della “vera” arte (pag.55)? Ma davvero ci crede? Ma perchè dobbiamo dare per forza una luce rosa a ciò che di più tremendo c’è, il terrore, la rabbia, la passività, la non comunicabilità. Conduco un gruppo di disegno in una Comunità Terapeutico Riabilitativa e spesso quando finisco il gruppo sono triste e arrabbiata, stanca, magari delusa, altre volte contenta perchè qualcuno è riuscito ad aprire un piccolo varco di pensiero con qualcun altro. Sono mondi di dolore e sofferenza inesprimibili, certo creativi, ma in fondo tutto è creativo, andrei se fossi in Cristicchi un pò più sui contenuti..ma quella è un’altra cosa..
    Beatrice di Giuseppe

Prima di inserire un commento, assicurati di aver letto la nostra policy sui commenti.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *