Ricordando Kapuscinski

Ryszard Kapuściński

Ryszard Kapuściński

E così un’altra vecchia quercia se n’è andata. Restiamo senza parole, noi piccole ghiande. Era un magnanimo. Nelle sue parole sentivi il mondo che aveva visto, le persone con cui aveva condiviso il pane, anche quand’era un tozzo; c’erano spazi immensi dentro i suoi silenzi, ore di attesa negli aeroporti, e il silenzio rattrappito di chi sta rintanato in una trincea, senza sapere se in questo minuto, o in quello successivo, ci cadrà dentro una granata. Era venuto a Roma due mesi fa per presentare, in anteprima mondiale, l’uscita di una raccolta di poesie del suo grande amico Czeslaw Milosz. Incontrarlo, ascoltarlo, è stato un dono inaspettato (leggi qui l’ULTIMA INTERVISTA). Al Caffè Greco scelse di leggere una poesia inedita intitolata Cieli; e a rileggerla, avverto tutto il meditato sapore di un testamento spirituale.

Czeslaw Miłosz, Cieli

«Padre nostro che sei nei cieli…».
L’espressione “che sei nei cieli” non indica un luogo,
ma la maestà di Dio e la sua presenza nel cuore dei giusti.
Il cielo, la casa del Padre, costituisce la vera patria
verso la quale siamo in cammino e alla quale già apparteniamo.

(Catechismo della Chiesa Cattolica)

Per quanto lontano mi spinga con la memoria
ho sempre voluto esser nei cieli. Qui ho vissuto
sapendo di esserci solo nel frattempo,
se un giorno mi sarebbe stato dato di tornare
alla mia patria celeste. Non che non abbia mai pensato:
Dopo la morte non c’è niente.
Mentivano i santi e i profeti,
i costruttori di templi, i sapienti e i poeti:
non abbiamo, né mai abbiamo avuto
un Padre, né una casa.
Il grido di generazioni in attesa di pietà
si levava nel vuoto e cadeva nel vuoto
mentre loro andavano sotto terra
assieme alla propria illusione.
Le maschere della tragedia, le tiare,
i paramenti liturgici, marciranno nel fango
come ossa di mammuth. Così pensavo,
ma ero cosciente che a suggerirmelo
fosse la voce del nulla, contro cui si ribellavano
il mio corpo e il sangue, ed erano loro
a guidarmi nel mio lungo viaggio fra gli uomini.
Quante volte ho provato per loro amore e rabbia,
schifo, riconoscenza e adorazione.
La loro debolezza mi scaldava, la loro forza mi sosteneva,
erano con me nei miei sogni e nelle notti di veglia.
Non fosse stato per loro, sarei stato indifeso,
e osservando loro componevo inni in lode
di barche di faggio, specchi di metallo levigato,
acquedotti, ponti e cattedrali,
tutto ciò in cui si esprime la nostra somiglianza
con l’inesprimibile, il nostro Padre nei cieli.

[traduzione di Luigi Marinelli]

Leggi i 9 commenti a questo articolo
  1. Rosa Elisa Giangoia ha detto:

    Grazie, Paolo, per aver richiamato l’attenzione di tutti noi su questo personaggio. Sono quelle figure che qualche volta abbiamo incontrato nelle nostre letture, magari un po’ affrettate, ma che poi rischiano di sfuggire; invece vanno fissate, consolidate. Certo che aver avuto la fortuna di incontrarlo deve essere stato un grande dono!

  2. paolo pegoraro ha detto:

    E’ un dono che coindivido: vi raccomando l’intervista – che ho realizzata per «Letture» ed è stata ripresa da Wuz – perché parla dell’Europa nata sotto il segno del libro, e delle sfide che ci aspettano in questo non facile XXI secolo.

  3. Marco Migliorelli ha detto:

    Hai saputo farti da parte come sapeva far lui ma senza tradire la tua propria mano. Ecco la più umile e semplice, fiera deontologia.

  4. Stas' ha detto:

    La sua scomparsa mi ha addolorato. Si è spenta una stella in una notte molto buia. E non solo nel firmamento del giornalismo di cui, senza dubbio, Kapuscinski era l’astro più luminoso.
    L’ho conosciuto e intervistato a lungo nel settembre del 2005 in occasione del Premio Napoli (era finalista con le sue poesie). Credo sapesse già di essere malato, mi parlò di un’operazione che avrebbe dovuto affrontare non appena fosse rientrato in Polonia.
    La sua grandezza stava tutto nello sguardo che gettava sulle cose. Uno sguardo acceso da una luce interiore in grado di illuminare la realtà tanto da consentirgli di coglierne e di testimoniarne le tensioni essenziali, i risvolti più profondamente umani. Era uno sguardo che brillava della bontà e della sapienza straordinaria di chi ha il dono di amare veramente la vita.

    Presto pubblicherò il testo integrale dell’intervista sul mio sito.

    Stas’

  5. Antonio Giaimo ha detto:

    Un giorno Kapuscinski dal Corno d’Africa, dove si trovava in mezzo allo sfascio di un paese povero e ridotto all’era presitorica, raggiunse in aereo Roma. Ando’ in albergo si rinfresco’ ed usci… in piazza di Spagna.
    Fece pochi passi, guardo tutta quella gente seduta a discutere a Trinita’ dei Monti e penso’ che la mattina aveva lasciato un mondo diverso dove i bambini morivano per le strade. La differenza era cosi’ forte che lui scoppio a piangere davanti a tutti travolto da un sentimento umano universale…

  6. Maria Grazia ha detto:

    ..ho incontrato Riszard per caso..se si vuol credere che ci siano cose che capitano per caso…ha saputo risvegliare la mia curiosità e smuovere la mia pigrizia con il suo ” Ebano”.. mi ha aperto la porta così, semplicemente,e mi ha fatta entrare nel suo mondo…mando un abbraccio ideale a tutti coloro che lo amano..

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