Are you writing from the heart?

Trentadue anni, sette album alle spalle e un progetto davanti: realizzarne cinquanta, uno per ognuno degli Stati Uniti d’America. Progetto troppo ambizioso? Sufjan Stevens, giovane promessa statunitense, non se ne preoccupa.

Nato a Detroit, nel Michigan, ha rafforzato carattere e talento nelle fredde terre nord americane, imparando a suonare gli strumenti più vari e a non farsi spaventare dalle sfide. Il primo album che registra in casa ai tempi del college è ispirato ai nove pianeti, i dodici apostoli, i quattro elementi; il vero album d’esordio, A sun came, è autoprodotto, fondando insieme al patrigno l’etichetta, Asthmatic Kitty Records che tuttora promuove artisti emergenti.
Il progetto di mettere in musica gli Stati Uniti è già avviato: Greatings for Michigan è del 2003, Come on! Feel the Illinois del 2005.
Cosa vuol dire mettere in musica un luogo? Vuol dire percepirne umori, atmosfere, raccogliere storie, vuol dire attingere alla più diverse esperienze per mostrare come quel luogo possa influenzare le relazioni umane e, perché no, i rapporti con il sacro. Vuol dire insomma uscire da se stessi, da un musica capace solo di autocelebrazione, o di ripiegamento nei (propri) sentimenti, che tanto va di moda, e aprirsi invece all’ascolto, all’osservazione, persino alla contemplazione. È quanto fa Stevens in questi album, dove, con note folk e minimaliste, ci racconta paesi, paesaggi, personaggi, in un memorabile poema della middle-class statunitense.
È legittimo però chiedersi se non sia anche questa una forma di autocelebrazione, sia pure collettiva. Ma è da vedere cosa e chi viene celebrato. Una delle canzoni più intense dell’album dedicato all’Illinois, «John Wayne Gacy jr.», celebra con toni struggenti l’uomo che negli anni Settanta a Chicago, ha seviziato, stuprato e ucciso decine di bambini, il brav’uomo vicino di casa di cui nessuno mai avrebbe sospettato, quello che fa dire: «And in my best behavior I am really just like him». Sotto il mio “miglior comportamento” io sono esattamente come lui. Noi siamo come lui, o lui è uomo come noi, perché «A good man is hard to find», un brav’uomo è difficile da trovare, come scriveva Flannery O’Connor e come ci ricorda Stevens nell’omonima canzone, quando lo stesso omicida della O’Connor celebra la propria condanna: «Once in the backyard / She was once like me / Twice when I killed them / They were once at peace / They were once like me».
L’album in cui è inserita la canzone, Seven Swords, è una vera e propria meditazione sulla fede e sul manifestarsi di Dio nella storia dell’uomo.
Proprio perché Dio si manifesta nella storia di uomini niente affatto bravi e buoni, che Stevens si interessa a loro: sono loro che vengono celebrati, e proprio in loro Dio, un dio in carne e ossa che ama e che rimprovera, che prende e che dona (come nella struggente «Casimir Pulaski Day»). È un Dio che calza le nostre scarpe, indossa i nostri vestiti, entra nel nostro quotidiano e nei nostri pensieri, senza chiedere di fare nulla, se non di lasciarlo fare.

I always knew you
In your mothers arms
I have called your name
I have an idea
Placed in you mind
To be a better man
I’ve mad a crown for you
Put it in your room

[…]
And when you write a poem
I know the words
I know the sounds
Before you write it down
Only wear your clothes
I wear them too

[…]
(«Vito’s ordination song»)

«E quando scrivi una poesia Io conosco le parole, Io conosco il suono, prima che tu la scriva… Indossa soltanto i tuoi abiti, li indosso anch’io». Il che non significa sottrarsi alla responsabilità dell’essere, in questo caso, artisti. Ne è un esempio la canzone che da il titolo all’album Come on! Feel the Illinois: dopo una prima parte che celebra l’Illinois con toni epici, gioiosi e ironici, ne segue una seconda che si conclude con un ripetuto «Are you writing from the heart?», stai davvero scrivendo dal cuore? Stai davvero sentendo con il cuore?

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  1. Marica ha detto:

    Marco SII LIBERO

    Marco piangi
    è liberatorio,

    Autocelebrati
    perchè nessuno
    lo farà per te,

    sii audace e nessuno
    potrà mai schiacciarti,

    impara a volare
    e sarai felice.

    Marco non li ascoltare
    se per tutti è solo
    presunzione, tu hai
    imparato a pagarne
    il prezzo quindi
    vola. Sii definito.

    Marco ti voglio vedere
    giocare e infangarti
    in questa terra, non
    devi stare sulla sedia
    col portamento giusto,
    la calza giusta e il
    pantalone a scaletta
    rifoderato.

    Ti ingannano tutti Marco,
    con la storia dell’umiltà
    non lo vedi? Tutti vogliono
    brillare e allora invece
    di oscurarli tutti:
    accendiamoli tutti.

    Marco sei una candela
    e io ti voglio riconoscere
    nella notte, seguirò il tuo
    tracciato.

    Mi chiedo solo,
    perchè non ti devi
    autocelebrare? Se tutto
    avviene nella mente, se
    siamo fratelli allora tu
    esprimendo te stesso
    non parli anche un pò
    di me.

    E’ strano ma io mi
    riconosco dentro di te
    se urli, allora lanciami
    l’S.O.S.
    Sono per l’eccesso se
    serve, per qualunque
    cosa persegui un fine
    positivo, ma odio
    la repressione.

    Anima Mundi
    che tu possa
    ridere, piangere, ascoltare,
    mille mani che
    battono le mani.
    M.

  2. domenico di tullio ha detto:

    Marica, per sottoporre le poesie originali è consigliabile iscriversi alla mailing list, anche a questo dedicata.
    Il blog è, invece, riservato a commenti pertinenti al singolo contributo. Certi della tua comprensione, ti auguriamo una buona permanenza sulle nostre pagine.

  3. Marica ha detto:

    Hai ragione e mi scuso (anche se erano pertinenti al contributo). Se mi verrà in mente qualcosa utilizzerò la mailing list ma credo che il mio compito sia finito. M.

  4. Marica ha detto:

    La cosa più divertente di tutte Domenico è che io non volevo sottoporre proprio nessuna poesia originale. Io volevo parlare di vita, solo che preferisco incolonnare invece di scrivere a serpentone. Allora lo scriverò: Autocelebrazione? si! Perchè nessuno lo farà per te. Personalmente o no? Per forza, è tutto personalmente. Se poi ti esprimi io potrò leggere in te me stesso e la coscienza del mondo. Delle tre poesie avete lasciato solo la conclusione (ora si che è fuori tema) :))) Zao, e a presto (permango con gioia).M.

  5. caino ha detto:

    bella l’idea di john wayn gacy Jr. davvero.
    non penso ce la farà, con i suoi 50 e oltre album… però… meglio essere ambiziosi che cantare della vespa.

  6. Marica ha detto:

    Per la cronaca: Miky tu invece cosa ne pensi?
    Perchè io Domenico proprio non lo invocavo.
    (dai, a parte il mio stile funky, non vorrei
    apparire irritante, a me Bombacarta piace e
    tra qualche giorno sarò mooolto più sporadica).
    Mi piace confrontarmi e vi ringrazio per i bei
    post con le immagini che mi stimolano alla composizione
    pittorica. “Se fossi foco arderei lo mondo”, ma
    questo è solo show. Un grazie in particolare ad Antonio
    Spadaro per quello che ha fatto per Paolo e per la
    creazione di un laboratorio da un foglio inespresso
    dentro a quel cassetto. Vorrei solo un mondo dove non
    esista una mailing list per sottoporre l’anima (ma
    ora voglio troppo, voglio l’utopia). Yeah!
    M.

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