Ricordo di Enrico Morovich

di Bruno Rombi
La recente dedica, da parte del Comune di Genova, di uno spazio pubblico alla figura dello scrittore fiumano Enrico Morovich, a conclusione delle manifestazioni culturali svoltesi a Genova, Busalla e Chiavari, per celebrare il centenario della sua nascita, riapre in qualche modo il discorso su uno scrittore che ha lasciato una traccia importante nella letteratura italiana del ‘900.
La dedica del Belvedere sopra la Stazione Principe, che si affaccia sulla ferrovia e sul porto, restituisce allo scrittore uno spazio a lui molto caro, se è vero che, abitando in via Almeria per circa 40 anni, familiare gli era il percorso della linea urbana n.33 che da Principe, attraversando tutta Circonvallazione a Monte, porta all’altra grande stazione della città, e cioè a Brignole.
Al percorso di quell’autobus lo scrittore fiumano aveva dedicato la sua lirica che così inizia:
Viaggiavo sull’autobus per Corso/ Firenze guardando le navi alla/ fonda, in attesa di sbarco, lontane,/ davanti a Multedo, nel mare azzurro / lambito da un po’ di vento; e mi/ tornarono in mente mattine d’inverno/ quando dal parco sul colle vedevo/ l’azzurro Quarnero che la bora agitava…, lirica nella quale mare di Genova e mare di Fiume convivono nell’abbraccio ideale di una vita in gran parte trascorsa nella Superba, ma iniziata sulle coste dell’Adriatico. E proprio con tale lirica si apre il volume Cronache vicine e lontane (1) dello scrittore nato a Pecine (sobborgo fiumano) il 20 novembre 1906, battezzato a Tersatto, un villaggio sopra Sussak solo il 20 gennaio 1907, e morto a Chiavari il 29 ottobre 1994.


Ricordarlo oggi significa far riemergere, dal mondo delle ombre, o meglio dei “fantasmi” com’egli chiamava i personaggi dei suoi racconti e dei suoi romanzi, i vari Scarabeo, Marcolfo, Bellisario, Speranzino, Procopia, Spellamusetti, accomunati tutti dal segno di una grande ironia e nati dai suoi sogni ad occhi aperti, da quel suo modo di guardare la realtà con la doppia lente del disincanto, ora concava, ora convessa, al fine di avere una visione completa del mondo circostante.
Di Morovich autore di una certa notorietà negli anni ’30-’40, grazie ai volumi L’osteria sul torrente (2),  Miracoli quotidiani (3), I ritratti nel bosco (4), Contadini sui monti (5), L’abito verde (6), pochi si ricordavano, allorché, negli anni ‘50 giunse a Genova come profugo fiumano.
Eppure i racconti di tali volumi, sia quelli ambientati a Fiume e nelle campagne circostanti, sia quelli più rarefatti in atmosfere di sogno e di miracolo, ricchi di una fervida fantasia e di una non consueta vena di surrealismo, lo fecero classificare, sin dalle prime comparse sulle pagine di “Solaria” nel ’29, un “favolista nato”, per il quale è possibile cogliere ascendenze letterarie, per un verso, in autori di lingua tedesca quali Lernet-Holenia, Ludwig Thoma e Joseph Karl von Eichendorff (dei quali s’era alimentato nell’adolescenza) e, per l’altro, in Soffici, Papini e Palazzeschi, cui s’era rivolto, mantenendo nel contempo un’attenzione costante ai grandi movimenti di pensiero europeo dai quali sarebbero emersi, per originalità, un Mann, un Gadda, uno Svevo, un Hesse, e, nello specifico, un Breton e un Savinio, con i quali è possibile un più agile accostamento.
L’ultima traccia della sua attività di scrittore risaliva al 1946 allorché alcuni suoi racconti erano stati inseriti nell’importante antologia, curata da Gianfranco Contini per le edizioni “Aux Portes de France” di Parigi, Italie magique- Contes surrèels modernes, insieme a quelli di Aldo Palazzeschi, Antonio Baldini, Nicola Lisi, Cesare Zavattini, Alberto Moravia, Tomaso Landolfi e Massimo Bontempelli. Antologia che Einaudi ha ristampato in italiano nel 1988.
In effetti, dal 1942, anno della pubblicazione di Contadini sui monti e di L’abito verde, passati quasi inosservati a causa delle vicende belliche, e fino al 1962, anno in cui l’editore svizzero Sauerländer di Aarau propose, col titolo Racconti e fantasie, brani scelti da Miracoli quotidiani e da Ritratti nel bosco, Enrico Morovich sembrò essere “entrato in sonno”. Sonno che, però, era soltanto apparente perché in quegli anni collaborava assiduamente a “Il Gazzettino” di Venezia, a “La Nazione” di Firenze con racconti e note, e a “Il Giornale di Brescia”, alla cui terza pagina affidava molti dei racconti poi confluiti nel volume Ascensori invisibili (7 ), racconti che, fedeli ai canoni della sua poetica, gli daranno negli anni ’80 la gioia di una seconda giovinezza.
L’abbandono di Fiume il 15 luglio 1950, in seguito al Trattato di Pace con l’Jugoslavia, il continuo peregrinare per l’Italia ( Napoli -Campi Flegrei, Busalla, Lugo di Romagna, Pisa) prima del definitivo approdo, nel 1958, a Genova, come funzionario del Consorzio Autonomo del Porto, contribuirono a sfocare l’immagine dello scrittore che invece, durante il soggiorno pisano, tra il 1952 e il 1958, non solo aggiunse alle collaborazioni già citate quelle a “Il Mondo” di Pannunzio e a “Il Caffè” di G.B. Vicari, ma scrisse anche, negli ultimi due anni del soggiorno pisano, i due romanzi Il baratro (8) e Piccoli amanti (9) , due opere così importanti da riaccendere l’attenzione della critica più qualificata sul suo nome.
Ma è soltanto dopo il 1971, anno nel quale Enrico Morovich va in pensione come funzionario del CAP di Genova, che egli comincia a riordinare i suoi scritti sparsi qua e là su fogli diversi, tra i quali, oltre ai già citati quotidiani, vanno ad aggiungersi “Il Secolo XIX”e il “Corriere Mercantile” di Genova, “Il Giornale d’Italia” e la rivista “L’Osservatorio Politico-Letterario” sulla quale pubblicherà anche molte delle sue poesie che poi confluiranno nel volume quasi clandestino Racconti a righe corte (10)
La pubblicazione, nel 1980, del volume di racconti Ascensori invisibili, come già sottolineato, riapre il discorso critico su Morovich, discorso del quale aveva fatto avvertire la necessità, un anno prima, anche Giuliano Manacorda con la cura e la pubblicazione del volume Lettere a Solaria (11), cui fece seguire immediatamente dopo una ragionata analisi dei rapporti tra il Nostro e “Solaria” in Il carteggio Enrico Morovich- Alberto Carocci 1928-1939 (12).
Non a caso i giudizi critici, che ricompaiono sulla stampa, sottolineano “la dimensione onirica (che) consente allo scrittore estrose escursioni nel favoloso surreale (cani che ragionano e parlano, calcolatrici che si ingolfano…”, come annotava Francesco De Nicola sulla “Gazzetta di Parma” dell’8 maggio1980, o il tono delle vicende al limite del paradosso e dell’assurdo, allusive della condizione dilaniante dell’uomo contemporaneo, come sottolineava Bruno Maier su “Il Piccolo” di Trieste del 13 giugno.
Il lavoro di riordino delle carte moroviciane, attingendo dai vari giornali e riviste ai quali per anni aveva collaborato, trova il suo sostegno in alcune persone amiche dello scrittore. Da un lato chi scrive, che stimola Morovich, conosciuto negli anni ‘60, a tirar fuori dal cassetto gli scritti ivi dimenticati, e che poi si interessa criticamente della sua opera e direttamente dei rapporti con gli editori, fino a procurargli un contratto decennale con la Rusconi, mentre pubblica la prima monografia Morovich scrittore tra gioco e sogno (Sabatelli,1986), cui farà seguito Morovich oltre i confini (Sabatelli, 1992).
Dall’altro, a partire dagli anni ’70, Caterina Gualco, titolare della Galleria “Unimedia”, pubblica con la sua sigla, dopo Ascensori invisibili, anche La nostalgia del mare (1981), I giganti marini (1984), riproposto da Sellerio nel 1990, e Notti con la luna (1986), mentre con la “Compagnia dei Librai” licenzia Racconti di Fiume e altre cose (1985) e con le “Edizioni della Luna Nera” e le “Edizioni del Piombino”, entrambe di Alessandria,alcuni raccontini anche illustrati.
La pubblicazione di tali libri, cui s’aggiungerà quella di La caricatura (13) , la riproposta in un unico volume delle prime tre opere di Morovich con il titolo di Miracoli quotidiani (14), di Non era bene morire (15) e del volume di ricordi Un italiano di Fiume (16), riaccenderà l’attenzione della critica più qualificata sullo scrittore che trascorrerà gli ultimi anni della sua vita a Genova, fino al ’92, col conforto di un’attenzione ormai insperata.
L’analisi della sua opera da parte della critica, sia di quella accademica, sia di quella militante, è sempre più intensa, e di Morovich si occupano vi via, fra gli altri, Giorgio Barberi Squarotti, Giorgio Baroni, Ines Scaramucci, Angelo Marchese, Lucifero Martini, Gilbert Bosetti dell’Università di Grenoble, Rinaldo Derossi, Patrizia C. Hansen, Bruno Maier, Ermanno Paccagnini, Stefano Verdino e, ripetutamente, Francesco De Nicola.
Ed è proprio De Nicola a innescare il “caso Morovich” rispondendo sulla terza pagina di “Il Lavoro” di Genova del 1° luglio 1987 ad un articolo di Leonardo Sciascia, apparso su “Tuttolibri” della settimana precedente.
Nell’articolo dedicato a Mario La Cava, Sciascia, ripensando con ammirazione alle sue letture di “Omnibus”, ricorda i brevissimi metafisici racconti di Enrico Morovich, scrittore ormai da anni in silenzio e ingiustamente dimenticato (17).
De Nicola gli fa notare che Morovich non è stato in silenzio in tutti quegli anni, se è vero che proprio in tempi più vicini a noi ha pubblicato diversi volumi e che di lui si sono occupati, oltre al maggior storico della letteratura italiana contemporanea Giuliano Manacorda, molti altri studiosi e che a lui è stata dedicata la prima monografia “scritta con ampiezza di informazioni…” da Bruno Rombi.
Ciò basta a suscitare l’interesse di Leonardo Sciascia che, ricevute da chi scrive le ultime opere di Morovich insieme alla sua monografia, gli dedica su “Tuttolibri” del 17 ottobre 1987, un intelligente articolo pubblicato accanto all’intervista dell’inviato di “La Stampa” Nico Orengo.
Vive gli ultimi anni della sua vita, avendo scelto l’isolamento e la solitudine e il distacco dalla mondanità e dalle beghe del mondo letterario, con il candore di un ottantenne rimasto perennemente fedele a se stesso. La notizia dell’ammissione del suo romanzo Piccoli amanti nella cinquina dei finalisti al Premio “Strega” lo fa sorridere.
Trasferitosi nel ’92 a Chiavari, presso parenti, sorride del fatto che siano apparsi in Francia, con l’editore Solin di Parigi , Miracles quotidiens e, con Verdier di Lagrasse, Le gouffre. E sorride del fatto che persino ad Helsinki ci si occupi di lui e ripete sempre più frequentemente, quasi come un presagio di un’altra vita, un brano del suo libro Notti con la luna: Ma pure codesta bella luna, nonostante la mia solitudine, pareva rincuorarmi come volesse dirmi di pazientare, promettendo che presto sarebbe venuto il giorno in cui avrei fatto tesoro delle nuove lune splendenti sulle meravigliose nuove città che sarei andato ad abitare.
E allorché la sua vita si spegne, il 29 ottobre del 1994, e l’annuncio della sua scomparsa viene dato da tutta la stampa nazionale, il suo nome ormai appartiene alla Storia della Letteratura Italiana del ‘900.
Fra le carte del suo archivio, lasciate a chi scrive, molti sono i racconti inediti, e molto interessante risulta la corrispondenza intavolata, nel corso degli anni, con scrittori, giornalisti ed esuli dalla sua terra. I carteggi con questi ultimi sono molto interessanti, come è possibile constatare leggendo il volume Lettere a un’esule fiumana (Campanotto Editore) da me curato proprio in occasione del centenario della nascita.
In esso, con i sentimenti di chi ha abbandonato la sua patria, filtra anche l’amore per la cara amica Carmen Saulig, ma anche la capacità dello scrittore di registrare personaggi ed eventi che in qualche modo sono entrati nel contesto della sua esistenza.

1 Genova, San Marco dei Giustiniani, 1981.
2 Firenze, Ed. Di “Solaria”,1936.
3 Firenze, Ed. Parenti,1938.
4 Firenze, Ed. Parenti, 1939.
5 Firenze, Vallecchi, 1942. Nuova ed. Milano, Rusconi, 1995.
6 Roma, Ed. “Letture d’oggi”, 1942. Nuova ed. Milano, Marcos y Marcos, 1989.Premio Chiavari XIII edizione.
7 Genova, Unimedia, 1980. Nuova ed. postuma ampliata (a cura di B.Rombi), Trieste, Istituto Giuliano di Storia, Cultura e Documentazione,2000.
8 Padova, Rebellato, 1964. Nuova ed. Torino, Einaudi, 1990- Premio Pozzale XXXV edizione.
9 Milano, Rusconi, 1990 (a cura di Bruno Rombi). Finalista Premio Strega 1991.
10 Genova, 1977.
11 Roma, Editori Riuniti, 1979 (Vedi lettere n. 101, 130, 131, 153,227, 231,251, 299, 315,342.)
12 In “La Battana”, n. 61, settembre 1981, pp. 5-38.
13 Genova, Ed. Lanterna,1983. Nuova ed. Milano, Rusconi,1994
14 Palermo, Sellerio, 1988 (comprensivo anche di L’osteria sul torrente e Ritratti nel bosco).
15 Milano, Rusconi, 1992 (a cura di Giuliano Manacorda).
16 Milano, Rusconi, 1993 (a cura di Bruno Rombi)
17 “Tuttolibri”, 27 giugno 1987.

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  1. Marina Petronio ha detto:

    Manca dalla bibliografia: ” Enrico Morovich – L’Ultimo sapore della vigna”,Racconti Disegni,Poesie e Lettere del Morovich a Rinaldo Derossi, a cura di Marina Petronio, Ed. LINT e IRCI (Istituto Regionale della Cultura Istriana) Trieste, 2002. Le lettere in tedesco sono state tradotte in prima versione italiana dalla curatrice.

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