da “Il naufragio del Deutschland” di G. M. Hopkins

Nelle nevi sfreccia
Scagliando all’indietro il porto
Il Deutschland, di Domenica, e il cielo già s’infeccia
Perché l’aria è infinita e senza conforto
E il mare silice schiumascaglia, nero-dorsuto al soffio regolare,
Stabile da EstNordEst, nel quadrante maledetto, il vento sorto;
Neve irta e bianca-fiammante tutt’attorta in turbinare
Vortica verso gli abissi di sole vedove dove di padri e figli non c’è traccia

E poi quanto al conforto del cuore,
Il basso-capezzoluto terra-brancicato grigio
Si libra, i cieli blu-ghiandaia il fulgore
Di uno screziato e scorticato maggio!
Azzurra-palpitante e canuta-iridescente altezza; o notte ancor più alta
Con fuoco tintinnante e la Via Lattea falena dal morbido piumaggio
Qual è il cielo del desiderio a tua sembranza
Il tesoro mai visto di cui nessuno – nemmeno per sentito dire – immagina lo splendore?

“C’è chi mi trova spada qualcuno
Invece la flangia e la rotaia; fiamma
Zanna, o flutto” la Morte batte sul tamburo
e le tempeste strombazzano la sua fama.
Ma noi sogniamo di essere radicati nella terra – Polvere!
Carne cade accanto a noi, noi, benché il nostro fiore abbia la stessa trama,]
Ondeggiamo col prato, dimentichiamo che lì è dovere
Dell’aspra falce d’acquattarsi e che verrà il vomere bruno.

Uno si precipitò giù dal sartiame per salvare
Le folli-dolci-donne di sotto
L’uomo abile-ardito con la vita una corda a circondare
Fu scagliato sino alla morte d’un sol botto
Nonostante il suo petto-corazzata e i fasci di forza:
Poterono vederlo per ore spinto sopra e sotto
Attraverso lo sfrangiato vello di spuma. Cosa poteva fare
contro l’annodarsi di fontane d’aria lo scalciare delle onde il loro diluviare?

Ed io la mia mano baciando
Fino alle stelle, al bello-frantumato
Stellato, fuori di sé espandendo;
Bagliore, gloria del tuonato;
Baciando la mia mano fino all’occidente di-susina-screziato
Poiché, sebbene egli sia sotto dello splendore e della meraviglia del mondo,
Il suo mistero deve essere in-tensionato, forzato
Perché lo saluto nei giorni in cui lo incontro e benedico quando lo comprendo

La Speranza grigi crini mostrava
La Speranza aveva messo il lutto
Scavata dalle lacrime che l’angoscia sbranava
La Speranza da dodici ore aveva abbandonato tutto
E atroce un crepuscolo serrava un giorno addolorato
Senza soccorso, solo faro e fuoco che splendevano dappertutto
E infine vite furono strappate al ponte spazzato
E alle sartie si aggrapparono nell’aria orribile che rovinava

Il testo è tratto da Lello Voce, Farfalle da combattimento, Milano, Bompiani, 1999.

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