Ian McEwan, Blues della fine del mondo

Nato come una lettura presso l’Università di Stanford e poi pubblicato nel volume The Portable Atheist: Essential Readings for the Non-Believer a cura di Christopher Hitchens, Blues della fine del mondo (Einaudi, traduzione di Susanna Basso) è un esile ma robusto saggio sul rapporto tra l’uomo e la sua finitezza.
McEwan inizia proprio con i suoi interlocutori, pensando ad una fotografia del loro incontro che un giorno non rappresenterà altro che qualcosa di ormai finito, concluso, passato e forse antiquato, proprio come lo sono per noi, oggi, delle vecchie foto di appena un secolo fa.
Dopo questo incipit freddo e morboso, McEwan allarga il suo sguardo all’umanità intera, con un aneddotico excursus dei movimenti millenaristici medioevali fino alle più recenti aggregazioni religiose statunitensi.
Se prima la fine del mondo aveva come riferimenti scenari apocalittici e fuori dal controllo dell’uomo, oggi potrebbe essere l’uomo stesso a spingere i bottoni sbagliati. Ma McEwan non fa una polemica sul nucleare. Riflette, più che altro, sul bisogno che l’uomo ha di una compiutezza, di dare un volto o un nome alla propria temporalità.

Che siano un dio o la storia, che sia l’anticristo o un esperimento sui buchi neri a segnare quei punti di non ritorno per il genere umano, questi, in realtà, sono solo un modo per cercare risposte, risposte che, per assurdo, una fede religiosa non può che rimettere solo che a se stessa e alla sua innata ineffabilità. Non ha importanza quale sia il credo, piuttosto la forza di un pensiero apocalittico che risiede nel credo stesso. E non nella scienza! L’approccio di McEwan non può essere che ateo o, se non vogliamo dare etichette, sicuramente analitico e razionale. Non esclude che il credente possa essere nel giusto, ma si preoccupa che questi possa avere almeno un ragionevole dubbio sulle proprie certezze. Tutto questo, per McEwan, è possibile solo grazie alla curiosità, laddove “le religioni ufficiali hanno sempre avuto, per usare un eufemismo, un rapporto difficile con la curiosità”, ovvero con la volontà di capire. Se la scienza oggi non ha potuto ancora determinare cosa sia certo e cosa sia vero in assoluto, è della curiosità che deve avvalersi per rimanere quell’unica fonte di “conoscenza genuina e verificabile del mondo”. L’uomo vivrà pure nell’incertezza, ma, conclude McEwan, “affrontare tale incertezza costituisce il mandato della nostra maturità”.

Da Pulp Libri n. 78 –- marzo/aprile 2009 – Edizioni Apache

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  1. Maurizio C. ha detto:

    Mi vien da dire due cose, per la mia esperienza personale:
    – avverto un gran bisogno di “incompiutezza” (non il cotrario)
    – la mia religiosità nasce essenzialmente dalla curiosità.

  2. la cantastorie EmMagi ha detto:

    Calamità naturali, guerre, crisi economica disoccupazione.. vivo nell’incertezza.

    Oggi più che mai penso, sia necessario, comunque, rimanere radicata e sviluppare via, via la consapevolezza di un amore pieno che mi ha posto al mondo, una pienezza d’amore che deposita ogni ceatura, all’interno di quel flusso che è e diventa la vita vissuta.

    Sarebbe come a dire la barca è costruita in un cantiere ma poi deve essere appoggiata sull’acqua del fiume. Così ogni creatura è appoggiata sull’acqua del flusso della vita, ed è un amore immenso che permette che tutto questo sia.
    E’ importante scoprire, con curiosità e stupore, che alla radice della nostra incompiutezza, del nostro itinerario sulla terra, di questo grande giro temporale, che è il nostro tempo, è importante ricollegarsi all’antico, aprire una finestra all’origine, scoprire che alla sorgente di tutto questo, prima di tutto questo e sempre c’è un Amore Infinito.

    A quest’Amore si attinge, è lì che si pesca, si diventa canali, si diventa mezzo perché quell’ amore scorre attraverso di noi e si arriva agli altri, è la nostra incertezza che “da un volto o un nome alla propria temporalità”.

    Come un fiume che fa passare l’acqua assorbe anche l’umidità degli argini così noi dobbiamo assorbire quell’Amore che sgorga all’origine, di tutta quella possibilità , è questo l’aspetto che “costituisce il mandato della nostra maturità”, che attiva la nostra capacità , costituisce il nutrimento, che ci da il benvenuto per riconfermarci in ogni momento.

    Questo è secondo me il tasto evolutivo da premere, per creare quella condizione umana per cui ogni cosa ha il suo peso, il suo valore, il suo giusto ritorno di accettazione, anche di noi stessi anche quando ci sentiamo di essere incapaci o poco chiari. Amore è accoglienza sempre.
    La nostra incompiutezza è la nostra infelicità, ma è in moto, bisogna inzupparsi d’amore come una spugna è necessario inzupparsi di quell’amore divino di quell’amore illimitato, perché quando si è pieni di quell’ energia dinamica, trasformatrice,su quell’amore non si posa niente non si ferma nessuna macchia.

    Se si posa qualcosa di non costruttivo è trasformato, rinnovato, dissolto.
    Il passo evolutivo è lì, un tasto da premere che ti consente di dar peso alle cose che succedono, quel che trovi in giro non ti disorienta più.

    L’incompiuta infelicità è come un’ umidità che avapora davanti ad un fuoco, e si può aiutare le persone a riconoscere quel fuoco, per far evaporare la loro infelictità.

    Il fuoco, sì è un’ immagine che si può diffondere.

    http://www.cantieredellafede.it/public/default/actual/contents/%5B30%5Dmoses_n.jpg

  3. la cantastorie EmMagi ha detto:

    Ps. Scusate distrazioni ed errori nel testo, ma mi è venuto così come un fiume in piena.

  4. il pellegrino ha detto:

    Donne della Resurrezione

    Un chiarore complice la luna
    indica loro stralci di sentiero
    e vanno le donne di ieri nottetempo
    provviste di oli profumati e coraggio inaudito.

    Osano infrangere leggi di forza e di morte
    vanno anzi corrono le donne di ieri
    per smuovere il sasso della tomba
    per lenire ferite indelebili
    per profumare il corpo straziato.

    Da allora continuano ad andare le donne di oggi
    con la passione d’ieri.

    Vanno sotto gli occhi increduli delle stelle
    vanno e nel cuore un presentimento
    antico e sempre nuovo
    la loro audacia obbligherà la vita
    oggi come ieri a ripetere il miracolo.

  5. Franci51 ha detto:

    ma cosa c’entra con mcewan?

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