Casa d’altri

Silvio D’Arzo (1932 – 1958) è uno scrittore di culto, amato da un pubblico tanto selezionato quanto devoto. Alcuni scrittori contemporanei lo considerano addirittura fondamentale nella propria formazione umana e letteraria. Tra questi anche Pier Vittorio Tondelli, Claudio Piersanti, Guido Conti e Eraldo Affinati. Per gettare una luce sull’opera di questo scrittore emiliano e nel presentarvi la puntata di CultBook dedicata al racconto capolavoro intitolato Casa d’altri mi servo di una frase di Eraldo Affinati la cui scuola di lingua italiana per ragazzi stranieri in difficoltà Penny Wirton prende il nome proprio da un racconto di Silvio D’Arzo (Penny Wirton e sua madre): “un romanzo piccolo o grande che sia, offre informazioni sull’uomo. Informazioni speciali, che in nessun altro luogo potremmo trovare”.

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  1. lalla ha detto:

    “Racimolando, spigolando, tagliuzzando, si può nello Zibaldone trovar citazioni che, variamente ravvicinate e collegate, possono servire a far dire al Leopardi ciò che più garba. Per difendersi da tale pericolo, è necessario guardarsi dalle citazioni frammentarie.” (Attraverso lo Zibaldone, G. Leopardi, a cura di Valentino Piccoli).
    Così da “Memorie della mia vita” … se non voglio morire, bisogna ch’io non viva (A Pietro Giordani, Pisa, 5 maggio 1828), Zibaldone.
    Ma quando il Leopardi dice che era annoiato della vita e in voglia di uccidersi , aggiunge di accorgersi che ciò sia contro natura, turbi l’ordine delle cose, perchè spinge al suicidio, che è la cosa più contro natura che si possa immaginare.
    E se sempre lì, in “memorie della mia vita”, dice (VII, 4525,5) che due verità gli uomini
    non crederanno e cioè di non sapere niente e di non essere niente. A cui aggiunge una terza: di non dover sperare nulla dopo la morte.
    Il Leopardi quando parla di morte o suicidio cerca sempre nella sua irrequietezza e debolezza fisica una rivalsa attraverso l’infinita forza spirituale. Come una sorta di navigazione, attraverso la cattiva sorte, grazie alla voglia di conoscenza di nuove esperienze. E chi se ne avvicina, vede, come con gli occhi dell’eroe omerico Ulisse, che in un mare senza confini, cerca il ritorno alla sua terra sulla sua piccolissima imbarcazione.
    “Leopardi’s day, ore 19 isola Tiberina”.

  2. leo ha detto:

    “Ma quando il Leopardi dice che era annoiato della vita e in voglia di uccidersi…”

    L’uomo desidera il piacere perché ama se stesso
    Infelicità e…

    Carta 2736,1
    “in questa presente mortificazione e monotonia della vita umana, che contrastano colla vitalità ed energia della giovanezza; in questa mancanza di distrazioni violente che stacchino il giovine da se medesimo, e lo tirino fuori del suo interno; in questa impossibilità di adoperare sufficientemente la forza vitale, di darle sfogo ed uscita dall’individuo, di versarla fuori, e liberarsene al possibile; in somma in questo ristagno della vita al cuore e alla mente e alle facoltà interne dell’uomo, e del giovane massimamente.
    Quivi è maggiore appetito e smania ed avidità e fame e bisogno di piacere: e non trovandosi il piacere nelle cose umane è necessario che dove n’è maggior desiderio quivi sia maggiore infelicità, ossia maggior sentimento dell’infelicità; quivi maggior senso di privazione e di mancanza e di vuoto; quivi maggior noia, maggior fastidio della vita, maggior difficoltà e pena di sopportarla, maggior disprezzo e noncuranza della medesima.”

    Se uno non è un poeta, nella crisi d’ideali di oggi, la mancanza di promesse di futuro,cosa gli resta da fare?
    A voi l’ardua sentenza

  3. manuela pallonì ha detto:

    ”il mondo non è casa tua; a te sembra di starci a dozzina” e in emiliano significa “starci in prestito” (D’arzo). Appena trentatreenne, lasciava questo mondo che non amava, non riamato.

    Nel racconto “non c’è sole nè luna nel cielo” c’è l’incertezza sul senso stesso della vita, c’è l’estraneità, quel sentimento del sentirsi al mondo come in “casa d’altri”, appunto; c’è la solitudine nella monotonia, c’è la solitudine di Zelinda con la sua spietata, vita di stenti, non diversa , dove in ogni stagione lava stracci e budella, ogni giorno fino a sera “Proprio l’ora che la tristezza di vivere sembra venir su assieme al buio e non sapete a chi darne la colpa: brutt’ora».

    Nell’obbedienza del senso religioso la vecchia chiede una dispensa per porre fine alla sua vita “Io capisco benissimo quello che dite voi preti…”.

    Tema che che porta alla ribalta, tra divieto e permesso, fede e arbitrio, il luogo dove l’eutanasia cerca cittadinanza. Zelinda attaccata alla sua capra il malato terminale attaccato alla macchina.

    Nel racconto il grido e la domanda è’ l’ora in cui si chiede“ il senso finale del nostro esistere” e allora la “casa d’altri” è la nostra casa.

  4. daniela ha detto:

    Ho appena visto su La7 il film “Tempi nostri (Zibaldone n. 2)” 1954 di Alessandro Blasetti; è un film a episodi ed uno di questi ha come titolo “Casa d’altri” ed è tratto dal racconto di Silvio D’Arzo. Il prete è interpretato da Michel Simon e Zelinda è Sylvie (Louise Sylvain Mainguené). Nel film, subito dopo aver confessato al parroco di pensare seriamente al suicidio, gli salva la vita in quanto il prete stava per precipitare in un burrone e lei lo lega con una corda e lo aiuta a risalire e a mettersi in salvo.
    Il prete ha buon gioco nel farle notare che la sua vita non è inutile come lei gli ha appena detto, visto che almeno è servita a salvare lui.
    Qui finisce l’episodio.
    Non possso contestare l’asserzione del sacerdote ma non mi convince e preferisco la vera fine del racconto che mi lascia pensare che Zelinda abbia cercato la morte e che Dio, così come il prete e gli abitanti del paese, in un compassionevole e dolce silenzio la abbracci e la avvolga di quel tepore (lei vissuta sempre in un luogo dove freddo, pioggia o neve erano padroni della maggior parte del tempo) che non ha mai conosciuto.

  5. Alice (delle meraviglie) ha detto:

    FORSE PIU’ SEMPLICEMENTE, ZELINDA HA RIVOLTO DIRETTAMENTE A DIO LA SUA DOMANDA, E LUI LE HA SEMPLICEMENTE ACCORDATO IL FATTO ,CHE ERA GIUNTO IL SUO MOMENTO.

    UNA VECCHIA, MISTERIOSA MONTANARA CON UN SENSO RELIGIOSO ANCORA “VIVO”, NON SI SAREBBE MAI UCCISA, NON FA PARTE DELLA SUA CILTURA.

    IL BELLO DEL ROMANZO E’ CHE LASCIA IL FINALE APERTO, E OGNUNO DICE LA SUA IN MODO PIU’ O MENO ” COMPASSIONEVOLE”.

    NELLA FEDE NON C’ E’ SPAZIO PER IL SUICIDIO.
    LA VITA E’ SACRA.

  6. anonimo ha detto:

    In questo mondo artificiale, virtuale, globale, esistenziale,ma di morte naturale non muore più nessuno?
    Ma!Misteri della vita!

  7. lalla ha detto:

    Per me nella trama del racconto c’è nascosto il disegno del diavolo:
    tutto è così semplice e circlare; il paesino di capre, la vecchia con la capra e il prete.
    La vecchia in verità è il diavolo che nelle sembianze di una vecchia strega con la capra (il motivo) cerca di far cadere il prete in tentazione. Compiendo il peccato (il suicidio),
    vi riuscirà.

  8. EmMagi ha detto:

    “La vecchia in verità è il diavolo che nelle sembianze di una vecchia strega con la capra”

    Per me Silvio D’Arzo si rigira nella tomba a sentir questi “commenti letterari”

    “Sei una capra!” è un’interiezione solitamente riferita a qualcuno che non riesce in nessun modo a comprendere un determinato concetto, e in questo caso, a non comprendere la solitudine della vecchiaia, e il dramma teologico che può avere una persona in prossimità della morte nel non saper dare un senso alla sua vita.

    La capra nella cultura popolare

    Si dice che il latte di capra sia il più adatto a sostituire quello umano e che il naturale senso materno dell’animale abbia più volte salvato dalla fame bambini abbandonati nei boschi o semplicemente contribuito a svezzare i figli dei pastori.

    Per la legge ebraica, la capra è un animale “pulito” e può essere macellato per onorare un’ospite importante, oltre che per celebrare alcuni tipi di sacrifici. Tende di pelle di capra venivano utilizzate nella tenda che conteneva il tabernacolo Durante lo Yom Kippur.

  9. Manuela ha detto:

    CASA D’ALTRI di SILVIO D’ARZO, uno scrittore reggiano morto nel 1952 a trentadue anni di leucemia

    Casa d’altri, con” le sue parole chiave SOLITUDINE, SILENZIO, MORTE.
    Quelle che provava D’arzo la morte l’ha portato via nel pieno della giovinezza e dell’ispirazione letteraria.

    La storia è fatta di niente, eppure potrebbe essere “un giallo esistenziale”, “un giallo dell’anima”, quando la vita diventa insopportabile.

    L’ autore “è uno scrittore di culto, amato da un pubblico tanto selezionato quanto devoto” e in quanto tale sapeva che la vita è in mano a Dio.

    E’ morto nella sofferenza e non si è tolto la vita, come avrebbe potuto legittimare nei suoi racconti, il suicidio?

  10. lulu ha detto:

    “c’è nascosto il disegno del diavolo”

    Per me Silvio D’Arzo si rigira nella tomba a sentir questi “commenti letterari”
    infatti qualcuno il diavolo ce l’ha in corpo con crisi uterine.

  11. magdala ha detto:

    ” presentarono a Gesù un muto indemoniato.

    Scacciato il demonio quel muto cominciò a parlare e la folla presa da stupore diceva “non si è mai vista una cosa simile in Israele”
    (…)Gesù andava per utte le città e villaggi…predicando il Vangelo.)

    (…) Vedendo le folle sentì compassione perchè erano stanche e sfinite…allora disse ao suoi discepoli: pregate dunque il padrone delle mèsse che mandi operai nella sua messè!”

    Il potere conferito ai dodici discepoli è quello di cacciare i demoni e guarire tutte le malattie, quindi di eliminare ogni sofferenza umana. Dobbiamo però ricordare con forza che il comando di predicare il vangelo del regno di Dio precede nell’ordine tutti gli altri e li supera per importanza.

    Gesù ha detto che le folle “erano stanche e sfinite come pecore senza pastore” (9,36). Dice che sono “pecore perdute” cioè disperse, fuori dall’ovile.

    E’ volontà del Padre che il vangelo del regno dei cieli sia annunciato prima al popolo d’Israele.

    La delimitazione dell’ambito in cui vengono mandati i dodici è quella stessa del Cristo, inviato esclusivamente a Israele (Mt 15,21-28). Solo con la sua risurrezione Gesù riceve dal Padre il potere illimitato in cielo e in terra e quindi dà l’avvio definitivo alla missione universale dei suoi discepoli (Mt 28, 18-20).

  12. NB ha detto:

    “pregate dunque il padrone delle mèsse che mandi operai nella sua mésse!” ( Mt 9,32-38)

    La predicazione degli apostoli riprende e continua l’annuncio del regno dei cieli fatto da Gesù (Mt 4,17) e da Giovanni Battista (Mt 3,2). Questo annuncio viene fatto con la parola (v.7), con le azioni di bene (v. 8a) e con la testimonianza della vita (vv.8a -10).

    La testimonianza della vita consiste nella gratuità. Gli inviati di Dio non lavorano per il proprio onore, né per la propria grandezza, né per il proprio arricchimento.

    Il non ricercare il proprio interesse è certamente la prova più grande della bontà della causa che essi promuovono (1Cor 9,18; At 20,33; 1Tm 3,8; ecc.).

  13. lalla ha detto:

    Scusatemi la parentesi, mi son fatta prendere dalle capre,i caproni, Caprarica etc..
    « Tonica, terza, quinta, / settima diminuita. / Resta dunque irrisolto / l’accordo della mia vita? »
    (“Cadenza”, 1972)
    Giorgio Caproni (Livorno 7 gennaio 1912 – Roma 22 gennaio 1990)

  14. NB ha detto:

    “Resta dunque irrisolto / l’accordo della mia vita? ”

    Va bene, però ognuno ha la sua vita irrisolta e i suoi problemi, ma non si scarica addosso agli altri le prorpie frustrazioni. Ci si rimbocca le maniche e si pedala.

  15. aninima ha detto:

    “Ci si rimbocca le maniche e si pedala.”

    Senso comune della vita e la sua fatica di vivere”

    Zelinda e la capra

  16. luisa ha detto:

    Mi ha colpito molto la vecchia,
    l’immagine,
    poi ho cercato di entrare in quella atmosfera e ho sentito qualcosa di gelido, di fermo , il tempo che non passa!

    In realtà passa ma non trasforma non crea energia , emozioni, solo questa tristezza lunga quanto la strada che deve percorrere!!

    E la notte.?.. come farà che una volta era più lunga perchè non c’era la luce elettrica

    chissà da quanto tempo era triste

    poi ho pensato stranamente una domanda casuale:

    Cosa potrebbe capitare a questa donna vecchia?
    Cosa potrebbe succedere da far nascere così una storia a parte l’evento che lei preannuncia ma non si sa, e poi non inzierebbe la storia ?

    Chissà se questo è il contesto adeguato per una simile domanda?

    Forse no perchè è vecchia?!

    poi ho pensato al mondo dei mie nonni :
    la campagna , gente che lavorava col corpo , facevano una fatica che li ammazzava sin da giovani , al massimo da piccoli avranno studiato fino alla terza elementare.
    lavoravano nei campi attorno ai maiali , i maschi , le donne sin da bambine non avevano spensieratezza , ma imparavano a fare i lavori , pulire la casa, accendere il fuoco per la minestra, fatta in casa con le uova fresche, poi se c’era bisogno andavano nei campi a dare una mano, o dar da mangiare alle galline o fare il bucato al fiume con l’acqua corrente fredda, come quella con cui ci si lavava, era una vita durissima! le sorelle maggiori dovevano badare anche fratelli e sorelle minori!

    poi mi venuto in mente come si divertivano, nelle stalle a ballare, quando c’erano le feste, qualche suonatore una fisarmonica, una voce… ,e bastava stringernene qualcuna o qualcuno di quelli che erano lì, o semplicemente essere visti o viste , e poi rivedersi alla messa , o a prendere l’acqua al pozzo!darsi appuntamenti segreti nelle stalle o in mezzo ai campi.. insomma quel mondo primitivo era pieno di energie!

    poi i figli… la società cambia e ritrovarsi anziani al giorno d’oggi non è facile quando si è gustata la vita così,
    le energie non ci sono più, ci sono i ricordi! i nipoti e un po’ di calma, troppa!

    avrà dei ricordi questa vecchia, sarà stata giovane?

    E perchè non ricordare Sisifo, col suo macigno sulle spalle, che per punizione degli dei lo porta in cima alla montagna e poi inesorabilmente lo vede rotolare giù, e un giorno dopo l’altro la stessa storia, la stessa fatica inutile, ma inevitabile, e mentre scende dalla montagna ripensa la sua vita , prende coscienza, e forse si trova al punto della vecchia la quale si chiede se ne valga la pena?
    Ma il riscatto di Sisifo sarebbe nella sua coscienza, nell’essere consapevole e nell’acquisire così dignità , non subendo totalmente il suo destino.

    Pensavo ancora, perchè la vecchietta non monta in sella alla sua capra e fa un po’ la matta?

    Perchè non scende in paese e parla con la gente!

    luisa

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