Spezzare le parole

Per presentare il volume di Antonio Spadaro Svolta di respiro. Spiritualità della vita contemporanea (Milano, Vita & Pensiero, 2010) si dovrebbe usare un’espressione di p. François Varillon, un gesuita molto caro all’A. e da lui spesso citato: «spezzare le parole». Il volume intende proporsi come un percorso alla ricerca della spiritualità della vita contemporanea, come recita il titolo, e per compiere questa ricerca utilizza parole di uso comune, legate all’esperienza, che è la nostra fonte inesauribile di conoscenza e comprensione, di apertura alla possibilità e alla bellezza. Sono le stesse parole quotidiane e ordinarie che Gesù usava nelle parabole, e che per noi però non sono più zizzania, grano, vite e olio per la lampada, ma piuttosto: città, strada, passeggiata, oppure verbi che definiscono azioni come abitare, pagare, navigare, e così via. Spadaro «spezza le parole» nel senso che le strappa dall’usura dell’abitudine, le trasfigura e le rinnova per condividerle con i suoi lettori.

Svolta di respiro apre un cammino di approfondimento spirituale, attraverso il quale si può camminare liberamente, ma che propone comunque un itinerario preciso: la prima parte, che ha per titolo «L’apertura della vita», prende le mosse dal comprendere che cosa significa davvero «esperienza» – irriducibile agli «esperimenti» –, che va riscoperta, aperta, liberata dal bisogno per lasciare spazio aperto alle possibilità della vita, alla sua «genialità», all’attesa di una salvezza e al desiderio di Dio.

La seconda parte del volume, dal titolo «L’esperienza della parola creativa», offre alcune piste in questa direzione, attraverso modi diversi di «spezzare le parole» che ci restituiscono il senso della vita: parole di poesia e parole di preghiera. Riscoprire le parole e la loro capacità di fare risuonare l’infinito, come fossero conchiglie marine, ci aiuta a ritornare sulla nostra esperienza e a illuminarla di uno sguardo rinnovato.

Così nella terza parte, dal titolo «Tra le esperienze umane», ci si concentra su alcune azioni quotidiane che vengono indagate nella loro capacità spirituale: svegliarsi, cadere, navigare, studiare, decidere,… Nella quarta parte, infine, «Nel perimetro del mondo», Spadaro si sofferma sull’analisi dei piccoli oggetti che ci circondano, sugli ambienti (casa, terra, strada, acqua, cielo,…) e persino sui colori, che ci parlano del visibile e dell’invisibile: rosso, giallo, bianco, blu, verde… Il tessuto invisibile – perché ovvio – della nostra vita ordinaria viene illuminato da un’attenzione premurosa, liberato dallo strato di polvere che ce lo nasconde, abbracciato da una comprensione più ampia che ne spezza i limiti angusti e rivela la sua natura di «soglia»: «La nostra vita è costellata di esperienze ordinarie, che ci aiutano a vivere la nostra spiritualità» (p. 27).

Soglia è un termine molto ricorrente in questo libro, una parola che esprime un luogo antropologico cruciale in ogni cultura, oggetto di riti di ingresso e di uscita, ma oggi poco valorizzato, quasi rattrappito: nella cultura dell’esteriorità le soglie non servono. Soglia è un concetto di ordine spaziale e relazionale; è uno spazio che divide e unisce: il dentro e il fuori, l’interiorità e l’esteriorità, il familiare e l’estraneo, l’intimo e il pubblico, ma anche il materiale e lo spirituale, il visibile e l’invisibile. In questo libro si scopre come la parola della poesia e quella della preghiera sono porte di accesso a quell’indicibile che accende il nostro desiderio e che gli corrisponde.

L’essere umano stesso è una soglia quando «respira» la vita e poi la «espira» in parole, gesti, azioni, ma trasformata dai polmoni della sua interiorità: da qui il titolo del volume Svolta di respiro, che riprende quello di una raccolta del poeta Paul Celan. Questo movimento, questo dinamismo generativo si coglie in ogni pagina, anche attraverso i percorsi di poeti, scrittori e pensatori, credenti e non credenti, che testimoniano la forza di questo respiro. I frammenti riportati, le citazioni di cui il testo è intessuto spezzano e distribuiscono un pane di bellezza e profondità, facendo crescere la fame di chi lo consuma, come si addice a tutto ciò che risveglia il desiderio.

Il desiderio è un altro tema che attraversa tutto il libro e che è cruciale nella spiritualità di Sant’Ignazio di Loyola a cui l’A., gesuita, fa continuo riferimento, implicitamente ed esplicitamente. L’essere umano è un «essere di desiderio». È il desiderio che rende «incandescente» (altro termine caro a F. Varillon) la nostra vita, e che ci consente di sentirla intensa e piena di significato.

Ma perché il desiderio trovi spazio e sia autentico è fondamentale, paradossalmente, il «recupero della passività e del limite» (p. 6), scrive Spadaro. Senza una capacità di attesa, di ascolto, di accoglienza ciò che conosciamo sono solamente i nostri «bisogni», narcisistici e autoreferenziali, mentre il vero «desiderio» è sempre rivolto all’esterno, verso qualcosa o qualcuno che ci supera ed è «altro» da noi. E ci sono alcune esperienze della vita che fanno sperimentare questa forma di accoglienza attiva, che non è affatto pura passività. Una tra tante potrebbe essere quella della maternità, anche se non è citata esplicitamente nel volume: un’esperienza in cui si è insieme passivi (ricettivi, aperti all’ignoto, attraversati dalla vita senza averla prodotta…),  ma anche attivi, perché la disposizione in cui ci si pone è fondamentale.
Questa è la via per la quale Svolta di respiro accompagna il suo lettore in maniera discreta ma anche provocatoria, attraverso la «visione sacramentale» delle piccole cose fino alla soglia del desiderio più grande, quello che ci costituisce e ci interpella, cioè quello di Dio

(Antonio SPADARO, Svolta di respiro. Spiritualità della vita contemporanea, Milano, Vita & Pensiero, 2010, pp. 240, euro 18,00)

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