L’importanza della maniglia

Pensate di trovarvi davanti a una di quelle porte di vetro che si aprono automaticamente. Sapete già come comportarvi: perché si aprano dovete attendere. Non fare nulla: semplicemente attendere. Il desiderio di aprirla si “infrange” contro il vetro che automaticamente fa quello che voi desiderate senza che voi facciate nulla.

ManigliaMa quante volte, nonostante questo, soprattutto chi non è abituato alle porte automatiche, si chiede che cosa fare, arrivato a quel punto. Qualcuno disperatamente tende la mano verso il vetro per vederlo poi subito magicamente muoversi come per prodigio.

C’è qualcosa di innaturale in una porta automatica, qualcosa che mette a disagio. Persino quel secondo che ci mette ad aprirsi a volte ci sembra troppo lungo. Perché? Perché le porte vanno aperte. L’uomo è strutturalmente fatto per aprire porte. E per aprire le porte è necessario avere una maniglia. Pensate a una porta di legno completamente liscia e con i cardini, senza maniglia. E’ chiaro che deve essere una porta che si apre a spinta. Le porte ci sono perché possano aprirsi. Le porte chiuse sono innaturali, sono contro natura. La maniglia è rassicurante perché ci dice che noi possiamo aprire quella porta nella maniera più naturale possibile. Una porta senza maniglia è sempre qualcosa di imbarazzante: mette la sua apertura in balia dei meccanismi ignoti e degli ingranaggi complessi delle porte scorrevoli.

L’importanza della maniglia è dunque nel fatto che ci permette di compiere in maniera pienamente voluta e controllata un gesto naturale e intensamente simbolico quale l’apertura di una porta. E’ la maniglia a farci godere persino l’incertezza e il timore nell’aprire una porta quando non sappiamo che cosa c’è al di là. Forse anche l’emozione di un incontro o la paura. Immaginate la porta di un castello fatato che si apre automaticamente? Il senso del mistero, bello o brutto che sia, va mediato da una apertura lenta, da un gesto che è plasmato dall’intenzionalità, dalla volontà, dal sentimento o anche dalla sbadataggine. Ma va mediato: non c’è ad esso un accesso immediato, a scatto. E poi una porta si può anche aprire lentamente o si può anche aprire uno spiraglio…

La maniglia preserva il sentimento e il mistero, la volontà e l’intenzione; calibra i gesti e prende le misure. Le cose importanti della nostra vita spesso sono esperienze che stanno al di là di una soglia. Il suo attraversamento raramente è a scatto automatico. C’è sempre una maniglia da qualche parte…. Le parole, a volte, hanno questa funzione: non di porta, ma di maniglia che ci permette di aprire la porta grazie a una calibrazione che, in questo caso, solamente la poesia è in grado di mettere a punto. La parola poetica è maniglia: se la si afferra non è per possederla, ma per aprire mondi.

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  1. Andrea Monda ha detto:

    a proposito di poesia e di porte e maniglie, c’è una poesia di Francis Ponge dedicata proprio alle porte e in un verso si fa riferimento alle maniglie che i re non toccano mai (perchè qualcun altro apre loro le porte). Il che fa pensare al fatto che i sovrani e i potenti vivono in una dimensione disumana, che impedisce loro anche l’esperienza piccolissima ma decisiva di impugnare una maniglia. Una maniglia è più gloriosa di uno scettro?

  2. tita ha detto:

    Uno scettro chiude nel potere di cui è simbolo, una maniglia apre l’ingresso ad un mondo altro.

    Certo bisogna vedere poi che uso fa il soggetto dell’uno e dell’altra: “possedere le maniglie giuste” e “ricevere lo scettro di giustizia” suggeriscono immagini e situazioni ben diverse.

  3. Angela ha detto:

    >C’è qualcosa di innaturale in una porta automatica, qualcosa che mette a disagio. Persino quel secondo che ci mette ad aprirsi a volte ci sembra troppo lungo. Perché? Perché le porte vanno aperte.

    Penso che non tutte le porte vadano aperte, pertanto il mio disagio di fronte una porta automatica sta nel ‘se, quando e come’ aprire quella porta, prerogativa che vorrei rimanesse a me :-)

  4. Federico Cerminara ha detto:

    Un ‘editoriale’ fa, la lettura di un romanzo era la guida per l’esplorazione di nuovi sentieri, oggi una maniglia ci suggerisce cosa fare, dove andare, o anche, semplicemente, l’atto di andare, la prospettiva di un oltre dietro la porta. Chissà, se dovessi provare a indovinare il tema del prossimo editoriale, penserei ad un segnale stradale, un senso unico per la precisione. Leggo infatti una simpatica analogia con tutti quei casi in cui, nel dubbio esistenziale, si va alla ricerca del bugiardino, delle istruzioni per l’uso.

    E allora mi chiedo: se esistono dei contenitori di risposte, saremo noi in grado di fare le giuste domande?

  5. giusy ha detto:

    … a volte, poi, può succedere che per rispetto del mistero e della sua segretezza, io possa decidere di non aprire la porta… e per fare questa scelta c’è sempre la necessità che vi sia una maniglia!

  6. Vittorio ha detto:

    Mi torna in mente una gruppo rock che tutti conosciamo e che ho particolarmente amato e ascoltato in gioventù: The Doors.
    Le porte della percezione aveva detto il carismatico Jim Morrison (a proposito, quando ero al liceo ho avuto un cane che avevo chiamato – appuntuy – Jim Morrison e così registrato all’angrafe canina, solo che il veterinario non sapeva la “fonte” del nome e scrisse: “Gim Morrison”).
    Forse anche un “maledetto” come Jim Morrison aveva intuito “qualcosa”, a conferma che tutti siamo chiamati a cercare e, a volte, scegliere se spingere verso il basso la maniglia e aprire, o lasciare chiusa, quella porta.

  7. Anna Maria Palmieri ha detto:

    Io amo le porte automatiche, da quando ho imparato a dire loro:
    “Apriti, sesamo!”
    La porta mi ascolta e obbedisce. Meraviglioso.

    E’ molto più magico che far uso di una volgare maniglia, no?

  8. Luisella ha detto:

    Ci sono porte belle da aprire, porte brutte da aprire, porte curiose da aprire,
    altre invece da benedire perché hanno maniglie e serrature per poterle chiudere.
    Ci sono porte che credi siano destinate a non aprirsi mai, perché nonostante abbiano
    maniglie hanno anche serrature di cui tu non possiedi la chiave.

    E invece…un giorno,per caso, potrai capitare davanti ad una che… meraviglia delle meraviglie, senza nemmeno che tu dica “Apriti, sesamo!” come dice Anna Maria, si aprirà da sola come a dirti:
    “Aspetta, ci penso io! Entra,ti aspettano.”
    Bello vero!
    Che sorpresa!

  9. Luisella Melosi ha detto:

    Se vi incuriosiscono le maniglie e le porte vi suggerisco di provare quelle della Chiesa di Santa Maria Maddalena nel rione Colonna a Roma.
    Di per sé non hanno niente di apparentemente bello, però sono curve. Questo particolare mi ha colpito e mi ha spinto a osservarle meglio. Entrando devi afferrare una maniglia per tirare la porta verso di te. Uscendo non ci sono maniglie, devi solo spingere. Ti devi però ricordare da che parte spingere!

    Cercando la definizione di convesso ho trovato:http://spiega.com/g.php?o=convesso
    “Si dice che una curva volge la convessità verso l’alto e la concavità verso il basso”.

    Entrare volgendoti verso “l’alto” non può che farti uscire spingendoti verso “il basso”.

    Una porta curva può essere solo una porta oppure può dire molto più di tante omelie.
    Ci mostra come essere.

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