Nuda Verità

«Nuda Verità» di Andrew Rutt in collaborazione con Steve Bisgrove, Biblioteca Angelica, 3 – 15 ottobre 2010

In assenza di pubblico è un luogo segreto… La Biblioteca Angelica ridiventa un ambiente solenne di stupefacente maestosità dove si muovono solo i dipendenti, silenziosamente, riconfermando la sacralità dell’architettura nell’interagire con la necessaria attenzione con i manoscritti latini, greci, orientali, i libri antichi. I dipendenti toccano i testi scritti, senza leggerli, né sfogliarli; in quel momento il libro si trasforma in “oggetto” da collocare al posto giusto e così nello svolgere questa operazione il libro si contraddistingue a livello materico, visivo, semantico.

Fiammetta, Daniela, Marco, Fabrizio, Claudia e tutti gli altri confermano in questa azione il paradigma del riappropriarsi di una corposità materiale, significativa in un’epoca di ineliminabile dialogare della scrittura invisibile trasmessa attraverso vie informatiche. Ogni giorno la celebrazione della riposizione delle centinaia di volumi pone l’accento su quanto ogni libro perda in quel gesto ogni simulacro di parole o immagini per offrirsi nella sua completa nudità formale.

Andrew Rutt si concentra nella performance “Nuda Verità” (inserita nella manifestazione organizzata dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali la “Domenica di carta”) con la scultura, “Two books” in legno, con l’ installazione “Voices” composta da sette libri in plexiglas affiancati casualmente ai libri rilegati che si illuminano a intermittenza per avviare una trasmissione di pensieri, il video “The book in the back of your head”, costruito al contrario rispetto al montaggio tratto dal film di Truffaut “Fahrenheit 451”, per cui le fiamme non distruggono le pagine, ma al contrario le ricompongono e, anima del progetto, gli scatti “senza veli” dello staff della biblioteca. Il teatro di posa scelto è stato il loro posto di lavoro, tra i corridoi scanditi dai lunghi tavoli e le scaffalature antiche per stimolare, attraverso i busti-ritratto, un equilibrio instabile tra passato e futuro, tra memoria e sorpresa.

La sua opera si rende visibile completando quella connessione mentale, di intuizione, emozione e raziocinio che si stabilisce tra la creazione e il lettore. Rutt ci fa scoprire una parte della biblioteca che non conoscevamo, ma c’è ne è ancora un’altra da scoprire, facendoci entrare in un tempio e dandoci il tempo di conquistare autonomamente degli spazi vuoti e pieni. E, quindi, la nostra ottica sulla Angelica cambia anche dentro di noi.

La scelta estetica dello scultore che ha in testa “i libri”, come oggetto di ricerca in questo momento della sua vita artistica, di collocare due suoi lavori, ovvero “libri come opere d’arte” nel Salone Vanvitelliano, sottolinea la sua linea di artista “dissidente”, nello scegliere di presentare i suoi capolavori non in musei, ma in spazi che svolgono altre funzioni; ma in questa scelta di esporre i suoi oggetti ambigui che pretendono di essere altro da quello che sono, perdendo la materialità cartacea, Andrew Rutt denuncia le sue contraddizioni di artista che nell’affermare le sue idee, si concentra sul “libro”, che è un libro, ma amplifica la connotazione fisica, con la vistosità. “Two books”: sono costruiti da Rutt in un formato gulliveriano, privilegiando l’aspetto tattile e conviviale. Sui due volumi enormi di legno ci si può perfino sdraiare: la copertina è imbottita, comoda. I due tomi sono inchiodati e incollati in modo da creare un dislivello adatto per sedersi, in due. Nel momento di una morte annunciata i libri di Rutt diventano sculture-luoghi d’incontro, basi di esperienze reali. Le dimensioni danno più forza all’espressività materica. I suoi ritratti in biblioteca non si possono dimenticare perché attestano un’opera collettiva: le foto dei dipendenti con sullo sfondo le pagine scritte riportano a una vita vera, al lavoro che svolgono tutti i giorni. I libri, a secondo dell’orario della Biblioteca Angelica, con pubblico e senza pubblico, sono opere solo per la ricerca e lo studio, oppure opere d’arte totale.

Fabiana Mendia

La nuda verità dell’Angelica
I libri sono una parte di noi. Li leggiamo, li tocchiamo, li sfogliamo. Ci com- muovono, ci rapiscono, ci annoiano, ci accompagnano nel tempo. Il libro, in fondo, è molto più vivo di quello che a prima vista appare. Ce lo insegnano i maestri dell’arte contemporanea che giocano con i libri, plasmandoli e manipolandoli con i più creativi e giocosi travestimenti in un’ibridazione, sempre più aperta e provocatoria, tra arte e vita.
Ed è proprio questa la raffinata provocazione che Andrew Rutt presenta per la prima volta nel Salone Vanvitelliano della Biblioteca Angelica: un coinvol- gimento concreto e in piena azione della realtà quotidiana, in questo caso umana, che nel libro fluisce e dal libro rinasce.
“Nuda verità” è un racconto creato con i libri e sui libri. È un dialogo tra gli uomini e i libri dell’Angelica, quello che Andrew ci propone in un susseguirsi, quasi metamorfico, tra frammenti di vita e inserti di libri, tra l’impalpabile e fragile leggerezza della carta e il vissuto sostanziale dell’essere umano ripreso nel suo abituale contesto lavorativo.
Con la squisita raffinatezza che lo contraddistingue Andrew ha pazientemente studiato con ognuno di noi lo scenario delle fotografie, ambientate nella maestosa sacralità del tempio agostiniano, dove il risultato finale è una naturalezza forse più comune alle istantanee scattate casualmente, che alle foto d’artista.
In molte fotografie di Andrew si percepisce un contatto fisico, quasi carnale, con i volumi antichi e moderni della Biblioteca. I libri che amiamo, che leggiamo, i libri a cui siamo maggiormente affezionati e a cui è legata una parte della nostra storia e della nostra esperienza professionale: una comunione e una disinvoltura che forse, quasi mai, eravamo consapevoli di aver raggiunto negli anni.
L’effetto è simile a quello di una “pratica performativa”, poiché questo inne- sto, senza passaggi e mediazioni, tra il corpo umano e il libro raggiunge un coinvolgimento e un impatto visivo di altissimo livello, che non può lasciare indifferenti: i libri coperti dalla polvere del tempo si trasformano per una volta in attori disinvolti di un set cinematografico, in semplici oggetti decorativi inseriti in una cesta di frutta, oppure in invitanti poltrone su cui sdraiarsi e riposare.
Grazie Andrew: ci hai fatto sorridere, divertire, ma soprattutto riscoprire il valo- re di un libro, le emozioni che può suscitare non solo la vista, ma anche il con- tatto con tutti i volumi antichi. Spesso dimentichiamo il privilegio di conviver- ci ogni giorno, a distanza veramente ravvicinata.

P.zza S. Agostino, 8 – 00186 ROMA

Tel:+39+066840801 [email protected]

Le opere rimarranno esposte nel Salone Vanvitelliano fino al 15 ottobre 2010


Leggi i 2 commenti a questo articolo
  1. Andrea Monda ha detto:

    Oggi sono andato a vedere la mostra, merita davvero. Le 12 fotografie sono divertenti, ricche di riferimenti pittorici, realizzate con grande cura delle luci, simpatiche senza ammiccamenti.
    Ritornerò presto nella splendida cornice della Biblioteca Angelica a rivedere questa strana ma intrigante mostra, ciao!

  2. Antonio Spadaro ha detto:

    Sono rimasto FOLGORATO dalla mostra. E’ bellissima. Sono rimasto senza fiato per la realizzazione di queste immagini. Andrew ha chiesto ai dipendenti della biblioteca di mostrarsi nudi a contatto con i libri della biblioteca. No, no, nulla di erotico, ma tutto estremamente elaborato per mostrare parti del corpo denudate nel contatto col libro. E per far questo si è liberamente ispirato a elementi compositivi classici che sono riconoscibili per allusioni. Una cosa fantastica.

    Ma la cosa più straordinaria è che i dipendenti (gente comunissima) si sono galvanizzati. Ho avuto una visita guidata da uno di loro che esprimeva nei confronti di Andrew la gratitudine di tutti loro perché li aveva fatti uscire dal ruolo ordinario di magazzinieri, catalogatori, etc… creando con loro singolarmente e tra di loro un rapporto indimenticabile. Non ho mai visto impiegati così galvanizzati e presi da un fatto artistico che si è compiuto nel loro luogo di lavoro e che li ha sfidati a confrontarsi con prevenzioni, pudori, timidezze,…

    E’ questa, del resto, BombaCarta, dove l’arte diventa luogo di amicizia e si incontro.

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