Nell’ombra dell’attesa

Stanotte è, per molti uomini, la notte dell’attesa. La foto che pubblico a fianco a questo articolo in questo senso è più efficace qualsiasi parola. Ma cosa vuol dire “attesa”? Nel volume appena pubblicato da Ancora, “Nell’ombra accesa” (un’antologia di poesie curata da Antonio Spadaro) ci sono delle preziose intuizioni in merito e si trovano nei versi dei poeti e nelle brevi e scarne ma acute note del curatore.  Però, mi chiedo, giusto per fare l’avvocato del diavolo, non è che “attesa” rischia di diventare, come “esperienza” una parola-feticcio? Mi colpisce in tal senso la recente riflessione di Elmar Salmann su un’altra parola-feticcio, “responsabilità”, diventata un simulacro vuoto, dice il teologo benedettino, a causa dell’ipoteca di Levinas sulla teologia contemporanea.  Per la precisione Salmann scrive: “Responsabilità: come il valore, è una parola che si è ridotta a feticcio. Ormai siamo diventati responsabili di tutto, qualunque disgrazia ci interpella […] In realtà non c’è la responsabilità e non c’è l’altro: sono io che decido in determinate situazioni a chi rispondere”. Con la possibilità di non rispondere, e poi riprende: “Il levita [della parabola del figliol prodigo] avrà avuto le sue buone ragioni… La verità è che noi siamo fatti per poche persone. Pochi amici, qualche conoscente, un certo numero di persone più o meno riconoscibili. Poi basta. Io posso rispondere soltanto a coloro che riconosco come altri e dai quali a lungo andare io stesso vengo riconosciuto.”

Quindi, concludendo sull’attesa: è bello parlare dell’importanza dell’attesa, ma sta di fatto che se l’autobus tarda 5 minuti io sbuffo e a volte sottovoce impreco e se il mio pc (ma ora ho il mac!) ci mette qualche secondo in più e scrive “loading, wait..” anche qui sbuffo. Tutto questo per dire che l’attesa non è una cosa piacevole. E’ chiaro che l’attesa di cui si parla è un’altra, o no?Mi piacerebbe insomma parlare delle ombre che affollano la condizione dell’attesa. Parlarne insieme a voi. Ma intanto augurissimi a tutti, visto che fra poche ore l’attesa di molti verrà soddisfatta dall’avvento dell’Atteso.

Leggi i 5 commenti a questo articolo
  1. Paolo Pegoraro ha detto:

    Be’, ma perché la vera attesa comincia solo dopo il ritardo! Anche nelle antifone natalizie si dice “Se tarda, attendilo” e così pure nelle parabole del servo che attende il padrone: il ritardo è netto (Mt 24,48 e Lc 12,45).

    Cercando una citazione su Google ho beccato questo articolo su Sergio Quinzio, che fondò tutta la riflessione proprio su questo ritardo snervate e sul senso dell’attesa:
    http://www.stpauls.it/vita06/0612vp/0612vp39.htm
    E con la grande sorpresa tipica degli sbadati (l’unico pregio di questo vizio), ho scoperto che l’autore dell’articolo ero io!

  2. Emanuela Scicchitano ha detto:

    Attesa è tendere l’animo verso qualcosa: il fastidio o la trepidazione che da essa può generare è consequenziale a ciò a cui si guarda, a ciò che si spera di afferrare e che potrebbe riempire di senso l’orizzonte della vita. Ecco perché l’attesa si gioca sulla distanza fra desiderio e consapevolezza del nuovo, sul confine che leopardianamente “il guardo esclude” e attiva la capacità di fingersi una grande gioia. Nel Natale questi aspetti dell’attesa si esasperano, si ampliano perché scavalcano l’io e lo amalgamano in un noi, che fra tradizioni e novità si ritrova annualmente a celebrare la sua capacità di accogliere entro di sé la vita.
    Che questa attesa sia piena di senso e di vita per tutti,
    auguri,
    Emanuela

  3. Andrea Monda ha detto:

    rispondo a Paolo “per le rime”: l’unico modo per prendere un treno è perdere quello precedente.
    Grazie a Emanuela che mi ricorda l’importanza del desiderio.
    auguri a tutti
    andrea
    PS: come risulta evidente l’articolo doveva uscire domani.. ma va bene lo stesso, non resistevo all’attesa e ho giocato d’anticipo!

  4. Paolo Pegoraro ha detto:

    Guarda, io viaggio stanotte verso casa, per cui la notte attesa e dell’attesa è – almeno per me, indubitabilmente – proprio questa! :-)

    Auguroni!

  5. Andrea Monda ha detto:

    mi fai venire in mente un verbo che meriterebbe un’officina tutta per lui: vegliare… RIcordo quando studiavo i primi rudimenti di latino in IV ginnasio e m’imbattevo in quella bella parola: “vigilia, vigiliae.. la sentinella”. Domani notte è notte di vigilia.. ciao viaggiatore verso casa! (hai letto la meravigliosa poesia del nostro Gilbert oggi sul Foglio?)

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