Nella melodia della terra: la poesia di Giovanni Paolo II

Nella melodia della terraLa personalità poetica di Karol Wojtyla è stata scoperta con lentezza e gradualità dal pubblico, in quanto offuscata dalla luminosità della sua figura di Pontefice e resa problematica dalla difficoltà (fino ad almeno una decina di anni fa) di leggere in italiano i suoi testi poetici, pubblicati fin dalla lontana giovinezza dell’autore con continuità, ma in polacco e per lo più con pseudonimi.

Molto opportuna giunge quindi la pubblicazione di questo saggio di Antonio Spadaro (NELLA MELODIA DELLA TERRA. La poesia di Karol Wojtyla, Jaca Book, Milano 2007), che, come dice l’autore nella PREMESSA, vuol essere “una guida a un percorso complesso ma irresistibile”, piuttosto che “un vero e proprio saggio critico”.

Queste pagine “compongono un itinerario che, strada facendo, può aiutare il lettore a individuare i momenti salienti dell’ispirazione wojtyliana”, senza però “coprire la voce dei suoi versi”. L’intento è quindi quello di “mostrare l’ampiezza del gesto creativo del poeta e aiutare con discrezione il lettore ad accostarsi ad esso”, sottolineando soprattutto “la devozione per la parola”, che, secondo Spadaro, è “ciò che più conta nella comunicazione wojtyliana”.

Lo studioso prende dapprima in considerazione le poesie giovanili degli anni 1938-39, rimaste nascoste per un cinquantennio, anche per volere dell’Autore. Sono testi in cui la parola poetica si fa innanzitutto “salvaguardia della patria”, in quanto “l’amore per la lingua, il culto per la storia e la tradizione polacca emergono con forza e decisione”, ma sono anche testi in cui il poeta esprime chiaramente la consapevolezza del suo compito e della sua vocazione: “egli, comprendendo il cuore dell’uomo, compone con le parole umane una sorta di catena, come quella dei rosari, che le eleva a Dio”.

Sono quasi sempre versi di forte e coinvolgente intensità teologica che, formalmente, si allontanano sempre più dalla struttura della ballata per toccare il verso libero fino a raggiungere “l’affinarsi di un certo ermetismo che spingerà il poeta verso una poesia analogica, simbolica e visionaria”. Ci saranno poi le poesie della maturità nel ventennio 1946-1966, nelle quali filtra progressivamente l’ispirazione da San Giovanni della Croce, insieme alla lezione di Dante, di John Donne e di T.S. Eliot, poesie che legano teologicamente il momento terrestre, anche tramite il tema del lavoro fisico (La cava di pietra), alla trascendenza, attraverso riflessioni che prendono spunti da episodi della storia sacra (Pensiero – Strano spazio, Profili di Cireneo, Nascita dei confessori), anche alla luce di riletture da parte della Chiesa e di proclamazioni dogmatiche (La Madre).

Nei decenni successivi, tra il 1974 e il 2003 la poesia di Wojtyla passerà attraverso meditazioni sulla Polonia cristiana (Stanislao) e il concentrarsi sui momenti ultimi (Meditazione sulla morte), fino alla grandiosa sintesi di mondo terrestre e mondo celeste di Trittico Romano (2003). Attraversare la poesia di Karol Wojtyla vuol dire fare l’esperienza di una poesia dalle grandi architetture metaforiche che “si intrecciano a domande inquiete e risposte di grande intensità spirituale”. È una poesia da leggere per capire a fondo la vera dimensione dell’uomo nel mondo, oltre al valore, al significato e all’importanza della poesia stessa, sulla base di quanto proprio Wojtyla aveva affermato nella Lettera agli artisti. “Ogni autentica ispirazione […] racchiude in sé qualche fremito di quel “soffio” con cui lo Spirito creatore pervadeva sin dall’inizio l’opera della creazione”. Parole che sottolineano il legame tra l’espressione poetica autentica, rivelatrice e costruttrice, e la dimensione trascendente dell’uomo.

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