Preposizioni – “DI”

PreposizioniEccoci qui, anno nuovo, vita nuova. E scusate il ritardo. Settembre è volato, col suo sole estivo che ha rallentato l’entrata nel vivo della nuova stagione di BombaCarta, che però ora è pronta per ripartire, quindi prendete carta e penna e date un’occhiata al calendario qui a fianco, segnatevi le date di ottobre dei diversi laboratori e soprattutto della prossima Officina che si terrà il 5 novembre. Anno nuovo, tema nuovo: preposizioni.

Dopo ben due anni dedicati ai verbi, le azioni degli uomini (in ossequio al principio della concretezza tanto caro a BC che, secondo la lezione di Flannery O’Connor, avverte la letteratura come la più “incarnata” di tutte le arti), ecco che ora ci spostiamo ad un livello apparentemente inferiore: le preposizioni. Dalle altezze del verbo, cuore del linguaggio umano, scendiamo nel dettaglio di queste minuscole particelle, monosillabiche, che però rivestono grande importanza (chi ha detto che “Dio è nei dettagli”?). Tutte le conosciamo, la filastrocca che ci hanno insegnato da bambino ancora la ricordiamo a memoria: di, a, da, in, con, su, per, tra, fra, sono loro, queste umili ancelle della frase che ci faranno compagnia per quest’anno fino a giugno rivelando tutta la loro discreta e modesta potenza. Le preposizioni non sono possenti come i verbi, non sono affette da protagonismo come i nomi ma senza di loro cosa combinerebbero nomi e verbi? Sarebbero belli e solenni quanto tristemente incompleti. Introducendo i “complementi” le preposizioni appunto completano, facendo da ponte tra le parole, portano a compimento la promessa insita nel nome e nel verbo. Una piccola particella, un piccolo suono di una sillaba soltanto, ma è quel gancio, quel chiodo che tiene unite le cose; le preposizioni con dignità rispondono alla nobile domanda: “cosa tiene unito il mondo?”. Se i verbi e i nomi sono le grandi assi di legno di quell’Arca di Noè che è il linguaggio umano, questa accogliente nave che salva e accompagna il viaggio dell’umanità nelle onde della storia, le preposizioni (semplici o articolate) sono i piccoli chiodi, gli snodi attraverso i quali si articolano quelle grandi assi altrimenti inutilizzabili. Chi vuole salire a bordo lo faccia, presto, che si parte il 5 novembre!

Quest’anno quindi il nostro lavoro si fa più umile, terra-terra, il nostro sguardo più microscopico, la pazienza certosina e andremo a esplorare e a far esplodere (cos’altro fa BombaCarta?) queste piccole particelle del discorso che sono le preposizioni, consapevoli che questa fatica è lo stesso lavoro del poeta, che è come ha detto di recente un famoso padre gesuita (no, non è Antonio Spadaro): «Poeta è qualcuno che lavorando con pazienza sulla parola la salva, ne salva la dignità»

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DI

E il 5 novembre si comincia con la prima delle preposizioni. Quest’anno cercheremo di seguire rigorosamente l’ordine prestabilito delle preposizioni, per cui il 5 novembre sarà la volta di “di”, il 17 dicembre “a”, il 28 gennaio “da”, il 18 febbraio “in”, il 5 marzo “con”, il 21 aprile “su”, il 19 maggio “per”, il 16 giugno “tra/fra”.

A conferma dell’umiltà delle preposizioni, la prima, “di”, è già una grande “seconda”: il complemento di specificazione, nella lingua latina (priva di preposizioni) il caso genitivo è il secondo caso, dopo il nominativo.

Il “di” indica specificazione e questo già mi piace, sempre per quel principio di concretezza prima citato: il discorso umano non resta nel vago, ma si specifica, tende a circoscriversi. E mi piace ancora di più il termine latino: il genitivo. Mi sa di “generativo”, di genus, di gens, di sangue. In fondo noi siamo sempre “di” qualcuno, nel senso di “figli di qualcuno”. Non esistono solo i nomi, ma – non siamo supereroi – per fortuna anche i cognomi (che spesso sono preceduti dal “di….”) ad indicare la dimensione sociale e non solitaria dell’essere umano. In fondo il “di” sta a segnalare la dimensione dell’appartenenza che, forse oggi è un po’ in disuso a scapito dell’enfasi data all’identità, ma resta il fatto che quando devo fare una dichiarazione di identità dopo la domanda sul nome la seconda, finalizzata a conoscere le mie “origini”, è, semplicemente: “di”?

 

Leggi i 8 commenti a questo articolo
  1. Gabriele ha detto:

    Un paio di sassi nello stagno.
    1) Se non ricordo male, la grammatica inglese prevede l’utilizzo della preposizione “of” come equivalente del nostro “di” nella maggior parte dei casi. Un’eccezione è costituita dal “genitivo sassone”. Se una matita è mia (e mia soltanto), allora è “Gabriele’s pencil”. Il “di” che esprime appartenenza viene reso con la ‘s. Ancora più interessante, questa regola vale solo per le persone. Come a dire: una COSA non può appartenere ad un’altra cosa o a un animale. Ma solo a un ESSERE UMANO. Leggendo nel senso opposto, solo un essere umano può vantare IL POSSESSO di qualcosa. Insomma, l’uomo è diverso da tutto il resto dell’esistente. E’ speciale. Perlomeno per la lingua inglese!

    2) La particella “di” indica anche il 2 e la diversità. Il bello è che lo fa contemporaneamente.
    La “distonia” racconta di due toni talmente diversi da provocare fastidio all’orecchio.
    “Di-versi” appunto, cioè due modi non uguali.
    Il 2 porta con sè il concetto di diversità. E’, appunto, duale. Uomo/donna, bianco/nero, buono/cattivo. L’uno (1) e il suo opposto.
    Il 3 allora?
    Il classico motociclista in erba si pone di fronte a un bivio: due o quattro cilindri? E si butta sempre sul bicilindrico. Tum-Tum. Coppia pronta, botta immediata. Cavalli subito disponibili. Ma tra un TUM e un altro TUM c’è sempre un vuoto, pronunciato. Una lacuna.
    Il motociclista più scafato sa che il miglior compromesso è costituito da un motore che ha dell’impossibile: il 3 cilindri. Equilibrio puro. Pienezza.
    Provare per credere.

    Gabriele

  2. Andrea Monda ha detto:

    grazie Gabriele,preziosissimo messaggio che ti dico subito userò all’Officina del 5 novembre…anzi, perchè non vieni tu a dirci queste cose, visto che è un’Officina di Federazione? dai! ciao!

  3. Gabriele ha detto:

    Molto volentieri mon chèr.

    Gabri

  4. corpo10 ha detto:

    E come non notare il complemento di materia!?! Oggi più che mai un libro di carta ha un certo valore rispetto a una pagina di uno schermo. Una maglia di lana della nonna, come non se ne usano più. Una bistecca di manzo, per far crescere belli forti i bambini. Etc.
    La preposizione di è portatrice di valori positivi antichi che rischiamo di perdere in un mondo post-globale fatto di i-pad, tessuti sintetici e merendine.

  5. pietro ha detto:

    Per Cristo, con Cristo e in Cristo. Di più non c’è. Verità e pace !. All’ alba di un nuovo giorno desti, Signore, i tuoi figli, Ti inginocchi a pregare insieme a loro. E poi li mandi a lavorare nella Tua vigna. Pieni di gioia e di Grazia. Desiderano, sempre e ovunque, fare la Tua volontà. Trasformaci in un cuor solo e un’anima sola. Rendici, per mezzo dello Spirito, miti e umili di cuore. Aiutaci, e impareremo a imitarti. Il mondo mostra le quotidiane tragedie di un’umanità che è confusa e disorientata. Signore, abbi pietà di tutti noi peccatori!.Lungo il cammino ci guidi e ci protegga sempre la Beata Vergine Maria. Amen.

  6. Paolo ha detto:

    Allora il 5 Novembre prossimo si parlerà della proposizione “di”… e scusate, dove?
    me lo comunicate per e mail
    [email protected]

    Grazie

    Ps riconosco che a scrivere ho ancora molto da imparare, la mia è una scrittura molto naif:-))
    però mi diverte, alla fine è quello che conta… no?

    Un saluto
    e grazie ancora:-)

  7. Ignasi Navarro ha detto:

    Scusa Andrea, per favore, poi direme qui è il famoso padre gesuita che ha detto questa frase:
    «Poeta è qualcuno che lavorando con pazienza sulla parola la salva, ne salva la dignità»

    Mi piace molto.
    Grazie.

    Saluto
    Ignasi

  8. Andrea Monda ha detto:

    @Paulo: oggi, sabato 5, si parlerà di “DI” all’Officina di BombaCarta in via Panama 9 a partire dalle 16, ti aspetto!

    @Ignasi: il gesuita è padre Federico Lombardi

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