Chi sei? Cosa fai?

C’è mio nipote Paolo che ha due anni e mezzo ed è entrato nella fase della Domanda. Gira per la casa, per la città e bombarda il mondo con domande a raffica, su tutto. In realtà le domande che pone sono in effetti solo due: “Chi/che cosa è?” e “cosa fa?”. Stamattina mi ha sottoposto ad un terzo grado su qualsiasi cosa colpisse la sua attenzione (cioè tutto): cos’è il pigiama? Cosa fa il pigiama? Cosa è la mutanda? Cosa fa la mutanda? Cosa è il computer? Cosa fa il pinkuter (lui lo chiama così)? Cosa è l’aspirina? Cosa fa l’aspirina? …un tormento.
Poi si è fissato con i miei piedi: che cosa sono? Mi ha chiesto toccandomi entrambi i piedi con le sue manine. “Sono i miei piedi” ho risposto. “E cosa fanno i piedi?” difficile rispondere, ma lui ripeteva a raffica: “cosa fanno? Cosa fanno?” non puoi far aspettare un bambino troppo a lungo. “Camminano, i piedi camminano” ho risposto con un pizzico di incertezza, come se mi riappropriassi di una antica verità. Paolo ha cominciato a diffondere la notizia, sempre sotto forma di domanda: “zia Vivì, cosa sono?” chiedeva a mia moglie indicando i suoi piedi. “Sono i piedi”, “e cosa fanno?” di fronte all’indecisione di Elvira pronta e recisa l’affermazione del nipotino: “I piedi camminano!”

Riflessione: i bambini flettono, non riflettono. Si piegano sulla realtà, a quell’altezza in cui la realtà ti tocca e fa scaturire la domanda. Siamo noi (grandi, a grandi altezze) che ri-flettiamo e forse perdiamo il contatto da quella semplicità e quell’essenzialità ben espresse da quelle due domande: Chi è? Cosa fa? Forse invece noi ci attardiamo su tutta una serie di altre domande, seconde e secondarie…su come funzionano le cose e come potrebbero funzionare meglio se… e perdiamo il rapporto con la realtà, che invece i bambini tengono molto fortemente, con i piedi (che camminano) ben saldi sul terreno.

Riflessioni finali (letterarie): in questi stessi giorni di festa mio figlio Dante col cugino Maurizio, ottimo regista di cortometraggi, hanno realizzato un altro film di pochi minuti che racconta la storia di due personaggi che si incontrano in un paesaggio innevato (la dura dolcezza delle montagne della Sila). Mentre il film si sviluppava le domande che ritornavano di continuo ruotavano sui personaggi ed erano le stesse domande di Paolino: Chi è? Cosa fa? Forse l’arte, la letteratura, il cinema, il racconto, partono e arrivano a queste due semplici domande.

Mi è venuto in mente C.S.Lewis che diceva: “Un tempo quando eri bambino facevi domande, perchè volevi avere risposte, torna bambino, chiedi ancora”. E mi è venuto in mente anche Cormac McCarthy: “uno che fa domande vuole scoprire la verità, uno che hai dei dubbi è uno che vuole sentirsi dire che la verità non esiste. Io sono uno che fa domande”.

 

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  1. Federico Cerminara ha detto:

    Bella riflessione, Andrea. Grazie.

  2. Emanuela Scicchitano ha detto:

    Nella sua ecloga IX Zanzotto, ricordando la sua esperienza di studente/insegnante, scrive:
    “Io forse insegno a tollerare, a chiedere
    Ciò che illumina
    Più nel chiederlo che nella risposta.

    Tu forse insegni perché una risposta
    Hai generato in te.”
    Questi versi li misi come epigrafe nella mia tesi di abilitazione nella speranza che, nella dialettica con i più piccoli di me, mi ricordassi sempre di chiedere ai miei alunni e di ascoltare e imparare dalle loro risposte alla vita: per non smettere di “flettersi”, di declinarsi in tanti “casi” diversi pur mantenendo una radice generativa e identitaria salda.
    grazie della ri-flessione:-)

  3. Lorenzo ha detto:

    A Paolo piacerà Guglielmo di Ockham! :D

  4. Paolo Pegoraro ha detto:

    Nel Teeteto Socrate dice che «è proprio del filosofo (…) esser pieno di meraviglia; né altro cominciamento ha il filosofo che questo». E nella coppia flessione/ri-flessione è addensato questo sviluppo, il passaggio dalla percezione immediata per lo stupore di esserci (io sono questi piedi qui!) alla domanda di senso (“perché” sono proprio questi piedi? e non altri?)

    Spetterebbe quindi all’immaginazione, all’arte e al mito rispondere alla domanda “chi-cosa fanno i piedi?”; e alla filosofia la questione del “perché i piedi camminano?”. La distinzione non è sempre così netta – Platone filosofeggia narrando, Mann narra filosofeggiando – e tuttavia: c’è. E’ radicata nello sviluppo della nostra esperienza.

    Quindi preparati: è in arrivo la catena infinita dei “Perché”!!!

  5. alberto di giglio ha detto:

    Carissimo andrea,

    Fare domande sulle cose che ci circondano significa, desirerare la vita, desiderare entrarci da protagonisti. le domande del nipotino Paolo, mi fanno pensare alle tante domande che Gesù adolescente, faceva ai propri genitori, nell’interessante film di Guido Chiesa, “Io sono con te”, c’è qualcosa di divino, nel coraggio di fare domande,è profezia allo stato puro, è far venire fuori quando ci viene velato e nascosto. Grazie della bella riflessione, anche noi adulti dovremmo anche fare qualche domanda in più, senza continuare a fingere di sapere restando spesso nell’ignoranza. Un abbraccio. A presto. Alberto

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