Il maledetto United (di Tom Hooper)

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Il Leeds United vince il campionato inglese. L’Inghilterra non si qualifica ai mondiali di calcio. Come da copione chi ci rimette è l’allenatore. Valzer di panchine: Don Revie, trainer del Leeds più vincente di tutti i tempi, diventa il CT dei Leoni. A chi andrà allora la guida più ambita della First Division?

Brian Clough
Brian Clough è stato definito in molti modi. Spocchioso, chiacchierone, scostante, irritabile e irritante, permaloso, arrogante. Un vincente, insomma.

Figlio di operai, secondo di otto figli, Clough fu calciatore nazionale inglese: due presenze, prima che un gravissimo infortunio lo spazzasse via dal calcio giocato mentre militava nel Sunderland.

Mr. Clough prende il Derby County nel ’67, in Terza Divisione. E da lì lo porta alla Prima Divisione. Nel ’74 Brian Clough è il miglior giovane allenatore sulla piazza. L’ideale per il “maledetto United”.

Un esteta
Cos’è lo sport? Arte. Passione ed estetica. Agonismo e bellezza.

“Il calcio è un gioco meraviglioso e deve essere giocato meravigliosamente.”

Gran bel biglietto da visita, Mr. Clough! Soprattutto se inviato alla tua nuova squadra. Quella dell’ex Revie. Pratici e pragmatici i giocatori del Leeds. Anche scorretti. La grazia piegata alla logica dell’utile. “Non avrebbero giocato quel calcio se fossero stati felici.”

Si può gioire svolgendo il proprio lavoro? Brian Clough acconsentirebbe. Adora il proprio lavoro. E’ preso anima e corpo. Corpo segnato, anima combattuta. Mendicante di riconoscimenti. Quelli del pubblico? No, non basterebbero. Quando sei un profeta brami approvazione da uno soltanto: il tuo dio.

Idoli
Don Revie è la luce-che-cammina. E’ la vetta agognata, irraggiungibile Fata Morgana. Clough non solo si sente inferiore: prova devozione. Tempo fa Clough ebbe la possibilità di confrontarsi con il proprio dio. Poté riceverlo, adorarlo. Servo zelante e riverente, Brian pulì personalmente i bagni del piccolo stadio di seconda fascia. Preparò gli spogliatoi degli ospiti, disponendo doni per la corte celeste: arance e asciugamani profumati. Per suo-signore-Don-Revie dispose un’offerta ancor più speciale: vino di primissima scelta versato in calici da grande occasione.

Il Maledetto United arrivò, infine. Non si insozzò con la security locale. Preferì fermare il bus 100 metri prima e percorrere a piedi l’ingresso allo stadio. Nutrendosi degli osanna della folla. Guadagnandosi gli inni dei presunti avversari. Trasudando santità. Il pubblico scelse i propri eroi e li acclamò. I paladini tronfi, consci di essere grandi, applicarono il detto cesariano: veni, vidi, vici. Nessuna pietà. E gli abitanti dell’Olimpo tornarono lassù. Disdegnando irrispettosamente gli oboli. Dèi terreni.

Essere campioni
Basta vincere? Sconfiggere, essere più forti? E’ sufficiente dimostrarsi superiori per considerarsi Campioni?

“Non sarò mai come Don Revie.”. Brian Clough quel giorno abiurò. Scelse l’apostasia. E passò il resto della propria vita a odiare il proprio dio. Amore spassionato e rancore viscerale. La medesima misera ossessione.

E comincia la lotta personale. La guerra alla divinità. Clough vince contro il Leeds e il Derby County, arrivato dalla serie B, conquista il massimo campionato.

Voilà. Un nuovo eroe, nato dal nulla, fattosi da solo. Quali migliori ingredienti per forgiare una leggenda?

Il giovane mister lo sa. Lo sente. Lo vuole. Prometeo e Adamo desiderarono la stessa cosa: scalzare gli dei dal cielo. Per sostituirsi a loro. Ecco i flash, le telecamere, le interviste, i talk show. I riflettori danno alla testa. “Siamo noi i padroni del Derby!”

Alter ego
Chi è un Peter Taylor qualsiasi? Un secondo. Eccelsa definizione. Leggiamola in senso culinario: non un primo, certo. Non un elaborato trittico di carboidrati, ma carne succulenta.

Cibo modesto, ma ricco di sostanza. Talmente corposo da essere l’unica portata a potersi costituire “piatto unico”.

Peter è timido e intelligente. Cervello fino. Legge le squadre come fossero puzzle incompiuti: intuisce prima degli altri quali tasselli mancheranno, cosa servirà a completare il quadro. E si muove per colmare le lacune.

E’ un errore considerare Peter un parassita, un fungo che cresce nel sottobosco del Grande Albero. E’ più un profumato mughetto, un’azalea o un iris: meravigliose infiorescenze che prediligono la frescura ombrosa alla diretta luce del sole. Capita sovente che chi vive in basso riesca a scorgere particolari che sfuggono a chi ha occhi solo puntati al cielo.

L’ambizione, caro Brian. L’ambizione ti sta divorando come un tarlo, sta masticando il tuo tronco come una feroce formica rossa. E il fido Peter ti allerta per tempo.

“La tua ambizione può essere positiva: un fuoco che accende tutti. Ma talvolta è negativa: un’ossessione che divora, che distrugge ogni cosa buona.”

Disconoscersi e riconoscersi
Il diverbio tra Clough e Taylor rappresenta lo scontro tra due visioni della vita. Il mondo fatto di opportunità da una parte, la logica della fedeltà e della dignità dall’altra.

Ma non è solo questo. Brian e Peter sono due amici che si dis-conoscono. Si dicono l’un l’altro il peggio. Si rinnegano reciprocamente.

Visto che questa settimana è molto sensibile il tema del papato, citiamo un esempio famosissimo. Ciò che avviene qui è esattamente il contrario di quanto accade tra Gesù e Pietro in Matteo 16: “Disse loro: “Voi chi dite che io sia?”. Rispose Simon Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. E Gesù: “Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa.””

Simone riconosce Gesù come Messia e Gesù ricambia il favore rivelando a Simone che la sua cocciutaggine e concretezza non sono ostacolo alla comprensione, ma costituiranno anzi la roccia su cui sarà fondata la futura Chiesa.

Questo fanno gli amici: si ri-conoscono. Dimostrano l’un l’altro che i propri limiti possono rappresentare straordinarie opportunità.

L’allenatore e il suo secondo, invece, si feriscono a vicenda. E si separano. Ognuno aggrappato alla propria visione e destino. Ognuno meno della somma delle parti diviso due.

Clough naufraga, stregato dalla maledizione del Leeds. Troppi pregiudizi da ambo i lati. Troppi problemi personali. E’ dura combattere da soli contro se stessi.

Ma Brian tutto è tranne che stupido. Non ha bisogno di toccare il fondo per risalire. Gli manca solo un amico. Ha bisogno di Peter.

Il cerchio si chiude, ancora una volta come tra Pietro e Gesù (Gv 21). Brian cerca Peter e chiede perdono. Non ha timore di riconoscersi idiota. Ha fatto i conti col proprio ego e ne è uscito vincitore. Ora conosce più profondamente i propri limiti. E ne può trarre tutto il beneficio. Brian si spoglia del superuomo e torna un uomo super. Vero, intero.

“Non posso farcela senza di te.”. Esattamente come accade in ogni famiglia. Non ce la si può fare da soli.

Nel 1975 Brian Clough e Peter Taylor torneranno insieme e prenderanno una squadra di seconda divisione, il Nottingham Forest. Nel giro di un anno vinceranno il campionato inglese e nei due anni successivi conquisteranno due coppe campioni, unica squadra d’Inghilterra ad oggi. Brian Clough è ancora ricordato come il più grande allenatore inglese. Alla faccia di Don Revie. Don Revie chi?

Gabriele Guzzetti

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