Quel che resta del Fantasy

Il fenomeno più appariscente degli ultimi anni per quanto riguarda il mondo della televisione è senza dubbio il successo a livello mondiale delle serie ad episodi che ha investito tutti i generi dal poliziesco al sentimentale, dall’horror al distopico, dal politico all’apocalittico fino al fantasy. Di quest’ultimo il caso più eclatante è senz’altro Game of Thrones (in Italia nota col titolo de Il Trono di Spade), tratta da Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco la fortunata saga di George R.R.Martin, una serie che rappresenta forse il più grande successo a livello mondiale come dimostrano i suoi “numeri” a partire da quei centonovantatre premi accumulati e le centosettantatre nazioni in cui è stato simultaneamente trasmesso il secondo episodio della quinta stagione. Scelta giusta quindi quella del giovanissimo ma già maturo autore, Valerio De Felice, laureato in Filosofia del Diritto (e cultore della materia) col “vizio” della critica artistica e letteraria esercitato soprattutto nel suo ruolo di vicepresidente dell’associazione culturale “BombaCarta” che da quasi venti anni diffonde il suddetto vizio in tutta Italia.

L’intento però di De Felice non è tanto quello di un’analisi sociologica della contemporaneità a partire dal fenomeno televisiva quanto piuttosto una riflessione di tipo estetico e letterario che rivela un approccio e un taglio di tipo narrativo, come indica il sottotitolo di questo breve ma acuto saggio. A spingere l’autore verso questa indagine è stato infatti il suo amore per il genere avventuroso e fantastico: “Come molti ragazzi prima di me, anch’io ero caduto in battaglia con Orlando nelle gole di Roncisvalle, avevo rischiato di perdere la testa insieme a Galvano nell’antro del Cavaliere Verde ed ero accanto a Bilbo Baggins mentre tentava di ingannare il drago Smaug” (p.9). Amore questo non del tutto appagato dal cinema che ha spesso tradito le aspettative degli spiriti epici e avventurosi degli spettatori non solo giovani. Una serie così imponente come Game of Thrones si presenta quindi come l’occasione ghiotta per appagare quelle aspettative, salvo sorprese. Il saggio di De Felice parla appunto delle “sorprese” in cui si imbatte una volta che si inizia a seguire la lunga sfilza di stagioni di questa serie che si rivela solo apparentemente “fantasy”.

Di quale materia è fatta Game of Thrones? La stoffa con cui è stato intessuto questo grande successo televisivo non è di genere puramente fantastico, ma si tratta di materiale spurio, contaminato; sin dall’inizio della prima serie, osserva De Felice, “la fantasia rimane sullo sfondo, quasi nascosta o presagio di futuri sviluppi, mentre la storia progredisce grazie a punti di snodo legati alle relazioni tra i personaggi. Il grande mistero non è costituito dall’esistenza degli Estranei o dal ritorno dei draghi, ma dalla reale paternità di Joffrey e, quindi, dalla legittimità della sua aspirazione al trono. Alla cosmogonia tolkieniana si sostituisce, per così dire, una costruzione dinastica” (p.21). Il modello delle opere di Tolkien, vero “padre” del genere cosiddetto fantasy, resta il punto di riferimento della riflessione dell’autore, che dimostra di conoscere il mondo del creatore degli hobbit, un modello preso per evidenziare soprattutto i punti di distanza con il suo fortunato epigone. Ne scaturisce un’opera per cui è difficile dare una definizione in quanto “capace di solleticare ora le corde proprie dell’eroismo ora quelle della contemporaneità. […] Questa oscillazione continua tra èpos e contemporaneo, tra fantasy e soap, rende davvero difficile comprendere Il Trono di Spade in un genere definito. Il risultato è quello di un gigantesco calderone postmoderno, dove gli sceneggiatori mescolano, semplificandoli, ingredienti tratti da suggestioni varie”(p.25).

In questo calderone l’autore del saggio si muove a suo agio e permette al lettore di comprendere dal di dentro tutte le suggestioni presenti della serie televisiva che viene sviscerata anche attraverso alcuni approfondimenti molto preziosi come quello sugli “Elementi di diritto in Game of Thrones” come recita il titolo del capitolo forse più riuscito (merito anche della competenza specifica di De Felice), o come quello sulla figura dell’eroe e dell’antieroe entrambe di difficile ricognizione in questa saga contemporanea. Di lettura quindi non immediatamente facile, questo solido e ben strutturato saggio permette però al lettore di entrare agevolmente nell’opera che intende analizzare, “spremendone” tutto il succo e il profumo, inconfondibilmente postmoderno.

Game of Thrones. Il fantasy in epoca postmoderna, di Valerio De Felice
Edizioni Estemporanee, Roma, 2016, pp.84, euro 12,50

(Il presente articolo è stato pubblicato sul n.4010 de La civiltà cattolica nel mese di luglio 2017)

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