La trama del tes(su)to

Da un po’ di anni a questa parte anche in Italia si è diffuso, a livello stradale, l’uso di realizzare le rotatorie, lì dove una volta c’erano bivi e incroci ora abbondano queste piazzole circolari, con immancabile aiuola verde nel centro, che costringono ad un lungo giro e permettono, grazie alla segnaletica, di imboccare la direzione desiderata, la strada giusta, di nuovo la “dritta via”. Una volta l’alternativa sembrava essere più secca, più impegnativa, si doveva avere le idee più chiare e imboccare con determinazione la via desiderata. Oggi ce la prendiamo più comodamente, per giunta con l’ausilio, in genere, di un navigatore parlante che ti indica l’uscita da prendere quando un tempo era più facile sbagliare (e complicato tornare indietro). Più volte mi è capitato di girare in tondo un paio di volte prima di vedere e capire per bene quale fosse la strada da prendere e uscire dal labirinto circolare in cui mi sono quasi divertito (e stordito) a girovagare per qualche minuto. Ovviamente questo vale per le strade statali o provinciali, non vale per le autostrade: viaggiare in autostrada è un’impresa per persone decise che hanno le idee chiare. Nessuna rotatoria in autostrada, tutto è più preciso e lineare, non stiamo a perdere tempo.

Non è il caso qui di fare riflessioni socio-psico-logiche o addirittura filosofiche sulla post-modernità e la sua fluidità, liquidità e reversibilità. Qui è il caso di riflettere, come stiamo facendo da tanti anni noi di BombaCarta, su cosa significhi l’esperienza di leggere e scrivere un testo; ebbene ho la sensazione che stringere un rapporto corpo a corpo con un testo letterario (come autore e/o come lettore) sia un’esperienza che ha a che fare più con le strade provinciali che con le autostrade. Forse il discorso cambia da autore ad autore ma leggendo anche quello che spesso gli autori confidano del processo creativo, creare (o comporre?) un’opera d’arte sembra che abbia a che fare con il perdersi in qualche rotatoria, trovarsi costretti a prendere, a volte quasi al buio, delle decisioni, e quindi una direzione, cosa che si può fare se si intuisce la presenza di un disegno che più o meno gradualmente si sviluppa, si dipana davanti ai nostri sensi. Un disegno che difficilmente appare chiaro, netto e preciso sin dall’inizio.

All’inizio c’è l’intuizione. E quella è forte, intensa, ma non lucida e perfettamente trasparente, in genere è confusa. Quando non c’era la rete, Google Maps e tutti questi “navigatori”, si dava un’occhiata alla cartina stradale per capire, a grandi linee, il percorso da seguire ma poi di volta in volta era necessario mettere a fuoco le diverse tappe del percorso, con momenti di pausa e scegliere cartine sempre più “ingrandite” della zona in cui si trovava. Quella delle strade è una rete e la rotatoria è uno “snodo” di quella rete stradale che può essere facilmente assimilata a un testo inteso come “tessuto”. Un tessuto di cui la trama si snoda appunto, proprio perchè non è chiara e per diventare progressivamente più chiara ha bisogno di svilupparsi, dipanarsi, dispiegarsi. Questo “sviluppo” (il discorso vale evidentemente anche per la fotografia e il cinema) costa. Dall’intuizione confusa, caotica, dell’inizio, il mettere a fuoco necessita di un impegno costante di attenzione, concentrazione, raccoglimento, discernimento.
Dallo smarrimento iniziale, perchè la “dritta via” è appunto “smarrita”, si deve attraversare la selva oscura, o addirittura tutto l’inferno per approdare all’agognata meta finale. Dal labirinto delle rotatorie non si può evadere con un salto in alto, tantomeno con un volo, come ci insegna il mito di Icaro, ma, come ricorda R.L.Stevenson:

“il compito davanti a noi, cioè quello di sopportare la nostra esistenza, richiede una finezza microscopica, e l’eroismo necessario è quello della pazienza. Il nodo gordiano della vita non può essere risolto con un taglio: ogni intrico va sciolto sorridendo”.

C’è una consolazione in tutto questo: non siamo soli, non siamo del tutto al buio. Proprio lì, negli snodi piccoli o grandi della trama, si trova (auspicabilmente) la segnaletica: il mondo è un testo che possiede un linguaggio fatto di segni, si tratta di leggere, decriptare, decodificare perchè, come ricordava il poeta messinese Bartolo Cattafi: «poesia è dunque per me avventura, viaggio, scoperta,  tentata decifrazione del mondo».

Lascia un commento a questo articolo

Prima di inserire un commento, assicurati di aver letto la nostra policy sui commenti.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *