Calvino: un labirinto di trame

Nel 1979 Italo Calvino pubblica Se una notte d’inverno un viaggiatore, romanzo che potremmo definire “metaletterario” ma che, procedendo man mano con la lettura, scopriamo essere un labirinto di specchi in cui si muovono due personaggi, il Lettore e la Lettrice; le loro figure si riflettono, sempre diverse, sulle superfici di incipit di romanzi che non possono mai essere finiti. La struttura della trama si dipana infatti attraverso due filoni: da una parte la storia che segue il Lettore (e la Lettrice in cui egli si imbatte dal secondo capitolo), un comune e semplice lettore che tenta disperatamente di finire i romanzi che inizia; dall’altra i molteplici inizi di questi romanzi in cui anche noi lettori esterni ci ritroviamo invischiati, come pure siamo coinvolti dalla medesima frustrazione del Lettore ogni qual volta la lettura viene interrotta (sempre sul più bello, perché Calvino non risparmia nessuno, neanche se stesso).

Non ci troviamo semplicemente di fronte a storie nella storia, quanto piuttosto a libri-oggetto, che il Lettore tiene in mano, sfoglia, trova, perde, insomma quasi l’oggetto magico delle fiabe, che l’eroe manovra ma non sa controllare; e difatti c’è un mistero che pervade il mondo editoriale raccontato nella storia: in esso si è insinuato un traduttore falsario che malignamente e per vendetta ha deciso di svolgere meticolosamente il compito di mettere scompiglio tra le trame.

È anche, questa, la storia di un uomo che insegue una donna e che ad un certo punto — inevitabilmente — si ritrova intrappolato nella tela di lei, o forse sarebbe più giusto dire che ci si ritrova con lei. Questa svolta avviene nel capitolo sette e l’incipit di romanzo che accompagna questo capitolo vede protagonista un uomo ossessionato dalle immagini riflesse e dalle superfici degli specchi, per un motivo ben preciso:

È la mia immagine che voglio moltiplicare, ma non per narcisismo o megalomania come si potrebbe facilmente credere: al contrario, per nascondere, in mezzo a tanti fantasmi illusori di me stesso, il vero io che li fa muovere.

Egli quasi riesce nel suo intento, fino a ingannare se stesso, ma sua moglie riesce a intrappolarlo nel suo stesso gioco di specchi, a metterlo di fronte a sé e a costringerlo a specchiarsi in lei, così da non poter più sfuggire.

Ciò che viene ricercato in tutto il libro non è soltanto il modo di leggere in santa pace e dall’inizio alla fine un libro, ma è anche una identità persa, frammentata, moltiplicata. Essa prende forma lungo tutto il racconto ma il momento fondamentale, sempre rimandato, è ovviamente il finale.

Un finale, dichiara un personaggio nel penultimo capitolo, può esplicarsi in due modi: 

Anticamente un racconto aveva due modi per finire: passate tutte le prove, l’eroe e l’eroina si sposavano oppure morivano. Il senso ultimo a cui rimandano tutti i racconti ha due facce: la continuità della vita, l’inevitabilità della morte.  

Cosa sceglierà (o toccherà in sorte) il Lettore, lo scoprirete diventando lettori voi stessi.

Chissà mai se alla fin fine anche voi scegliereste la stessa cosa…

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