Perché mi piace Tolkien?
Già, perché mi piace così tanto questo scrittore? È facile indicare i libri e gli autori che si amano, più difficile è indicare le ragioni di questo amore. Provo a dire qualcosa in merito e spero che altri mi seguano, rivelando i loro amori e le ragioni che supportano tali passioni.
In fondo questo è uno dei sensi dei laboratori di lettura di BombaCarta: confrontarsi, sfidarsi sulla propria esperienza di lettore, ragionando insieme e buttandosi nell’agone con audacia ma anche buon senso e capacità di ascolto. Quindi vi dirò la mia (è l’unica che posso dirvi): perché mi piace Tolkien? Non so spiegarlo bene…mi serve prima raccontarvi una storia.
Dovevo fare la seconda o la terza media quando il mio amico Marco (non l’ho più rivisto dopo le medie) mi passò sotto banco questo librone tutto sgualcito: era la vecchia edizione de Il signore degli anelli (la seconda in realtà) della Rusconi e ogni volta che la rivedo provo un sussulto al cuore. Da allora infatti sono quasi trent’anni che rileggo il romanzo di Tolkien (per intero o per lunghi brani). Cosa c’ho trovato? Lasciamo pure agli esperti della psiche la facile spiegazione che l’adolescente Andrea, orfano da un paio d’anni, si sia tuffato in questa splendida “evasione” rappresentata dal capolavoro del genere fantasy del ‘900 e non ne sia mai più uscito. Tutto vero, o tutto falso, non saprei. E non mi appassiona saperlo.
C’è un fatto, che ricordo bene, però: quando chiusi l’ultima pagina (del romanzo e delle struggenti Appendici), le calde lacrime solcavano le mie guance e una struggente e gioiosa malinconia aveva invaso il mio cuore. Ero confuso; non avevo capito quasi niente del finale, ma mi si spezzava il cuore al pensiero di dover restituire il libro al buon Marco. Era come se avessi trovato una bellezza che già conoscevo ma che avevo perso di vista, come se un tesoro fosse emerso da una coltre, vecchia e massiccia, di polvere. Dicevo a me stesso mentre leggevo: ma questa è la storia che avevo sempre immaginato e che cercavo! Questo qui dice che le cose che avevo dentro il cuore e le dice meglio di me, in modo più largo e profondo, caspita! (Considerate pure che le mie letture preferite nei miei primi dieci anni di vita erano state l’Antico Testamento, la mitologia greca, quella nordica, i poemi epici, Re Artù…). Insomma, dopo qualche mese (o l’anno dopo? non ricordo bene) mi comprai il volumone e lo rilessi. La rilettura fu più bella della lettura, ora piangevo non solo al finale ma anche in molte scene precedenti. Ad esempio il capitolo dedicato ai I cavalieri di Rohan mi commuove sempre. Non capii il finale della storia nemmeno a questo giro ma alla fine trovai il mio cuore del tutto incatenato a quell’esperienza, mentre la mia mente e l’immaginazione erano “scatenate”, vedevo il mondo più “colorato” e profondo, come se fosse finalmente a tre dimensioni e che l’artefice del miracolo fosse proprio il buon Tolkien.
Come capita a tutti incominciai a leggere tutto quello di e su Tolkien che riuscivo a trovare. Ho letto tutto Tolkien, tutto quello tradotto in italiano e nel 1985 ho anche letto Il Signore degli Anelli in inglese. Ma su Tolkien non riuscivo a trovare quasi nulla. Poi, nella prima metà degli anni ’80 ho letto i lavori di due critici letterari, Emilia Lodigiani e il padre gesuita Guido Sommavilla e accadde una cosa strana: ho capito perché mi era piaciuto tanto leggere Tolkien. Non è esattamente così (perché ancora non l’ho capito bene) ma ho capito allora che la critica letteraria può svolgere un grande compito. Avete presente l’episodio dell’ultimo capitolo del Vangelo di Luca dei discepoli di Emmaus? Quel sublime brano evangelico secondo me spiega bene qualcosa in merito alla critica letteraria. Io avevo letto Il signore degli anelli, avevo fatto l’esperienza, ma adesso trovavo qualcuno lungo la mia strada che mi spiegava il senso di quei testi che avevo letto. Ma lo faceva così bene che alla fine quell’esperienza passata ritornava presente con tutta la sua potenza, ma rinnovata, rivelata nel suo splendore. Il punto essenziale era però quello che dicono alla fine i due discepoli quando si domandano: “Non ci ardeva forse il cuore lungo la strada quando camminava insieme a noi?”. Ecco perché mi piace Tolkien, perché ha scritto un bel libro, cioè “qualcosa” (ma un libro è semplicemente una “cosa”?) che è diventato per me uno stupendo compagno di strada, qualcuno che riesce “a far ardere il mio cuore”. Quando leggevo sentivo che il mio cuore ardeva e lo capisco ogni volta che rileggo Tolkien. Non mi dilungo sui contenuti dei romanzi di Tolkien (pronto a farlo se qualcuno me lo chiederà), ma posso accennare soprattutto al tema dell’amicizia, che mi sembra centrale e mi sembra per me fondamentale in ogni libro che mi piace leggere. Ci deve essere l’amicizia dentro il libro e l’amicizia tra libro e lettore, tra autore e lettore. Io cerco libri che abbiano a che fare con l’amicizia. Robin Hood e Little John, D’Artagnan e i tre moschettieri, i ragazzi della via Paal… questi sono i libri che io cerco (o loro cercano me?). E Frodo e Sam stanno proprio bene in questa compagnia. Ecco la parola magica: compagnia. In fondo, perché sto dentro a questa strana banda che si chiama BombaCarta?
Ma nn si può parlare solo e più semplicemte di emozioni? “Tu chiamale se vuoi emozioni” diceva un bel giorno un certo Sig. Battisti. Quelle emozioni che al giorno di oggi sono difficili da vivere e più facili da dimenticare…da eliminare…per continuare a vivere in un limbo senza scossoni di alcun tipo…non fa per me! E sono molto gli scrittori che mi danno “emozioni” quel brivido alla schiena. E il più delle volte sono scrittori dei quali non viene detto bene o non sono considerati quasi. Non amo i fenomeni di massa, non li leggo quasi mai. Tolkien? Sono riuscita a leggere solo l’Hobbit e non andrò oltre a questa lettura benchè mi sia piaciuta.
Tolkien è troppo descrittivo per me, ma è un eroe, un gigante delle sue descrizioni. Musicale negli stornelli, magico ed intrigante negli incrastri magnetici. Non tanto per Tolkien, ma “quale meraviglioso frammento d’anima la tua memoria!”. Stupendo il tuo sentire, il tuo amor letterario. Una passione pura che omaggio. Rose sul tappeto, e avvio d’ orchestra.
Due sono i termini che ritornano spesso nel mio linguaggio quotidiano, “esperienza” e “compagnia”. Giudicare la realta’a partire dall’esperienza e vivere con una compagnia che ti aiuti a “spiegare le vele” verso il porto sicuro… Grazie dunque del commento, con il quale mi richiami a questi due fattori essenziali della mia vita e delle indicazioni bibliografiche che presto andrò a cercare …perchè stare in una compagnia significa anche seguire chi ne sa piú di te…
Livia parla di emozioni, bene. Però penso (meglio, immagino) che quando ieri ho scritto che un libro di deve “far ardere il cuore”, citando il Vangelo, volevo dire qualcosa di più profondo dell’emozioni. Il cuore, non solo la pelle. L’immagine più giusta sarebbe quella che il libro deposita un seme dentro la parte più intima di me…un seme che poi, eventualmente, fiorisce quando meno te lo aspetti. Quando ho letto gli altri libri di Tolkien e i saggi della Lodigiani e del padre Sommavilla il seme tolkieniano è esploso dentro di me. E alla fine anch’io mi sono trovato a scriverne. C’è una fase di inabissamento, di occultamento (i tolkieniani riconoscerenno il linguaggio preso a piene mani dalle opere del suddetto…succede anche questo, che usi le parole e le immagini del tuo autore) che accade quando la lettura è per te “decisiva”. All’inizio quasi non te ne accorti, magari sei commosso, ma sei confuso. Poi piano piano tutto si chiarifica e si illumina..mai del tutto, penso. Infatti ogni volta che rileggo una pagina del Signore degli Anelli è come se fosse nuova, sconosciuta.
Un ultima battuta sempre per Livia: eviterei di cadere nello snobismo di chi non legge i libri “fenomeno di massa” è secondo me un errore speculare a quelli che leggono un libro “perchè” è popolare (a parte che per me la letteratura è popolare o non è).
Non è snobismo il mio quanto, a mio modo di vedere, è snobismo il dire ” ah io l’ho letto” come per vantarsene (parlo in generale); questo anche in relazione a un film…la penso nello stesso modo. Non ho visto e non vedrò mai Titanic, me ne venne talmente a noia che era come averlo visto 100 volte e più.
Ma il mio non è snobismo, dirmi snob vuol proprio dire non conoscermi o non averci neanche provato a conoscermi. E’ che proprio non fa per me. Questo sistema lo utilizzo anche nel mio lavoro. Sarebbe come riempire la mia enoteca di “Sassicaia” perchè è un fenomeno di massa e “fa fico” averlo, piuttosto che cercare tra i tantissimi piccoli produttori che il più delle volte realizzano prodotti anche più interessanti del solo gigante Sassicaia (per chi sa cosa è il Sassicaia). Ecco per me è così, preferisco leggere cose che non stanno a leggere tutti, cerco rovisto cose che non si comprerebbe nessuno e sono fino ad ora le lettura fra le più belle che ho fatto…
E’ facile cadere nello snobismo. e’ una delle tentazioni efficacissimamente evidenziate da C.S. Lewis in “Le lettere di Berlicche”.Uno dei tanti consigli di Berlicche, zio demonio, a suo nipote Malacoda per catturare l’anima del ‘paziente’ di turno recita testualmente: “dovresti preoccuparti di far si che il tuo paziente abbandoni le persone o il cibo o i libri che veramente gli piacciono in favore delle persone ‘migliori’ , del cibo ‘giusto’, dei libri ‘importanti’.” Lo snobismo ricorre, e sì che ricorre! cara Lidia, anche se non è il tuo caso! Certamente è stato il mio circa i due romanzi di Ammaniti: Il cacciatore di aquiloni e Mille splendidi soli, da non poterne più nel solo sentirne citare i titoli! Queste conversazioni però, servono a rivedersi e abbandonare qualsiasi pregiudizio. Giuro che leggerò Ammaniti! Ma, raccogliendo l’invito di Andrea nel dire perchè ci si avvicina ad un autore in particolare, voglio dire la mia. Da un anno amo E.E.Schmitt, del quale ho letto tutto o quasi, e mi ha entusiasmato tutto o quasi. Adoro la sua sensibilità e il modo straordinario di tradurla spesso anche al femminile. Mi rimane nel profondo tanto da filtrare le mie esperienze con l’ottica delle sue lenti rosa (parlo di speranza e di risorse positive insite nell’uomo). Voglio dire però come arrivo a Schmitt. Solo per l’invito di un caro amico a cui voglio bene e che stimo molto: se lo dice lui sarà magnifico! Ecco che anche in questo caso ritrovo il tema dell’amicizia cara a Tolkien e ad Andrea e a Bombacarta e a me!
Mio fratello è figlio unico perchè non ha mai giudicato un film senza prima vederlo (cantò un genio).
Ma io non giudico un film senza vederlo. NOn ho mica detto è brutto…ho semplicemente detto che ormai ne avevo talmente tanto a noia che l’interesse era stato annientato in me. Ammanniti, ad esempio, l’ho letto prima che diventasse ancora più famoso grazie al film (da io non ho paura) e sono andata a vedere il film proprio perchè il libro mi era piaciuto e volevo vedere la corrispondenza e non per sentito dire o altro. Ed è stata una mia libera scelta. Per quanto riguarda invece il consiglio di un amico è diverso il mio discorso. Certo anche io prendo in considerazione il pensiero/gusto di un amico. Questo mi capita per un libro, per un film per un vino! Sarà il mio gusto, il mio libero arbitrio poi ad avvicinarmi a leggere, vedere assaggiare. Per quanto riguarda i vini, non ho detto che non bevo e non acquisto Sassicaia o Ornellaia senza averli bevuti, si li ho bevuti, spettacolari senza dubbio, ma amo portare ai miei clienti cose molto meno conosciute e di grande qualità ugualmente. Ecco che di contro leggo libri scelti tra tanti anche solo da un titolo o da una copertina e così facendo ho scoperto dei piccoli capolavori di scrittura, quelle pagine che mi hanno aperto la mente, mi hanno stuzzicato la fantasia, mi hanno emozionato, mi hanno dato qualcosa. Dico un titolo su tutti che ho letto mesi fa e che rileggerei di continuo: La puttana del Tedesco di G.d’Alessandro. Ecco l’emozione è stata grande per me fra quelle righe, molto grande. Eppure chi lo conosceva?
Però hai detto anche: “e non vedrò mai”. Questo mi dispiace ma non per Titanic. Non ti dovresti annoiare per sentito troppo. A me avevano parlato tanto e male di “Arancia Meccanica”, non l’ho visto per anni, poi mi è capitato sotto mano, l’ho visto e mi sono innamorata perdutamente. Forse non lo dico a te ma a me stessa: “Che fregatura la Noia!”.
Vabbeh ma penso ci sia una bella differenza fra Titanic e Arancia meccanica. Il secondo non lo vedo perchè mi fa paura…ma mai dire mai! Di Kubric non riesco a vedere niente! Eyes Wide shut mi mette una paura che non sapete (pensa che scema che sono) sento solo la musica e ho gli incubi la notte! ma non ho detto che non abbia mai fatto capolavori, anzi! lo so ho ancora tanto da risolvere…
La domanda, evidentemente retorica, che si pone Andrea: “Ma un libro è solo una cosa?”, mi ha fatto venire in mente una bellissima poesia di Gertrude Kolmar, grande poetessa tedesca del primo novecento.
Il poeta.
Mi tieni completamente nelle tue mani.
Come quello di un minuscolo uccello batte il mio cuore
nel tuo pugno. Tu che leggi, sta attento
perché vedi, stai sfogliando una creatura.
Ma se per te è fatta solo di cartone,
fogli stampati e colla, allora resta muta,
non ti colpisce col suo grande sguardo
che dai neri segni guarda cercando;
allora è solo una cosa con il destino di una cosa.
Pure s’era cinta di veli come una sposa,
s’era adornata perché tu la potessi amare
ed, esitante, prega che, per una volta,
tu cacci via la pigra indifferenza
e trema e sussurra a se stessa:
“Non succederà.” Ti fa un cenno e un sorriso.
Chi dovrebbe sperare se non una donna?
Il suo intero mondo è quel solo: “tu…”
Con fiori neri e sopracciglia dipinte,
con catene d’argento, con sete, stellata d’azzurro.
Da bambina sapeva cose più belle,
ma le parole più belle le ha dimenticate.
L’uomo è molto più saggio di noi.
Nei suoi discorsi parla della morte,
della primavera, delle industrie, del tempo.
Io dico: “tu…”, solo e sempre: “tu ed io.”
Questo libro è un vestito di ragazza,
può essere bello e rosso o poveramente sbiadito
e sempre soltanto da dita amate
si lascerà gualcire, qualche volta macchiare.
Perciò sono qui a mostrare quello che mi è accaduto;
quello che un forte candeggio ha sbiadito
senza poter del tutto cancellare.
Perciò ti chiamo. Il mio richiamo è leggero, sottile.
Tu senti quello che dice, ma comprendi quello che sente?
Buona lettura! tita
Nel leggere i commenti seguiti al mio, ho scoperto, con l’aiuto di mia figlia, di aver commesso un errore. Dovevo essere nelle grinfie di Berlicche se ho attribuito ad Ammaniti i due capolavori di Hosseini. Commento in gergo di mia figlia: “cche tt’eri fumata?”. Mi tocchera’, quindi, per la promessa fatta, leggere l’uno e l’altro! Ah, dimenticavo di ringraziare la sempre straordinaria Tita per il dono di questa poesia.
Livia nel commento del 1° dicembre u.s. ricordava il bel romanzo di G. D’Alessandro, “La puttana del tedesco”, che le ha dato forti emozioni.
Mi permetto di segnalare, dello stesso autore, lo straordinario primo romanzo, “Se un dio pietoso”.
A me è piaciuto anche il secondo, “I fuochi dei Kelt”, che è stato presentato, poco tempo dopo la pubblicazione, proprio a Reggio.
tita
Grazie Tita per le tue segnalazioni. Ti derei che provvedo subito a cercarli e leggerli ma ahimè ho così poco tempo e così tanto lavoro ache purtroppo la lettura non è parte della mia vita adesso! Non ho molto tempo libero e quel poco non riesco a concentrarmi nella lettura! Crollo dal sonno! Ma “mai dire mai”.
E comunque ho controllato! I Fuochi di Kelt neanche potrei leggerlo! E’ stato posto fuori catalogo dall’editore…mi sorge il dubbio che non sia stato un grandissimo successo! Eppure scrive così bene d’Alessandro…
A Fulvia che ha apprezzato la poesia della Kolmar, segnalo anche questa poesia di MARGHERITA GUIDACCI:
“All’ipotetico lettore”
Ho messo la mia anima tra le tue mani.
Curvale a nido. Essa non vuole altro
che riposare in te.
Ma schiudile se un giorno
la sentirai fuggire. Fa’ che siano
allora come foglie e come vento,
assecondando il suo volo.
E sappi che l’affetto nell’addio
non è minore che nell’incontro. Rimane
uguale e sarà eterno. Ma diverse
sono talvolta le vie da percorrere
in obbedienza al destino.
tita
Incomincio ora ad affacciarmi al mondo della poesia, a parte quella classica. Sto imparando non solo ad apprezzare, ma anche a gustarne le carezze che arrivano al cuore. Io nasco ora, e solo ora, grazie alla letteratura e alla poesia, il mondo, anche il mio mondo, mi sembra più bello e più creatura del mio Dio. Grazie a tutti, grazie Tita.