Cercare l’invisibile – Il silenzio

MoMa, 2013

There will never be silence. Così scriveva John Cage in una lettera datata 1954. Per il compositore americano, autore del noto brano 4’33”, non era un’affermazione che poteva destare sospetti.

Nell’estate del 1952 David Tudor, sul palco del Maverick Concert Hall a Woodstock, New York, interpretò il cosiddetto pezzo silenzioso di Cage: tre movimenti durante i quali all’esecutore è richiesto di non produrre intenzionalmente alcun rumore, il tutto per la durata di quattro minuti e trentatré secondi. Un modo di fare musica che potremmo definire destrutturato: via l’attenzione dall’esecutore e spazio ai rumori dell’ambiente circostante. Nel corso della sua vita Cage ebbe modo di sottolineare il fatto che questa sua opera, più che creare una sorta di shock nel pubblico aveva, nelle sue intenzioni, lo scopo di metterlo in sintonia con il silenzio, pensato come una struttura all’interno del contesto musicale.

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BombaCalendario

Officina di espressioni creative
Sabato 14 dicembre: ore 15.00-18.00
Via di Porta Pinciana, n. 1 (Roma)
Tema: Cercare l’invisibile – L’Anima
Laboratorio di lettura O’Connor
Giovedì 19 dicembre: ore 19.00-20.30

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[Report] Officina di ottobre 2024

Con l’Officina di ottobre principia il nuovo anno delle Officine di BombaCarta, dedicate al tema della ricerca dell’invisibile, cioè di quelle cose sottratte alla vista, ora perché troppo lontane ora perché troppo vicine, ora perché strutturalmente immateriali ora perché nascoste. “Cercare l’invisibile” significa cercare quello che, pur non vedendolo, sappiamo che c’è. Il tema dell’Officina di ottobre coincide con quello dell’anno e ne costituisce sostanziale introduzione.

Greta

Per iniziare a parlare delle cose invisibili Greta ha portato una pagina da La settimana enigmistica intitolata L’uomo invisibile: nell’immagine di un cantiere al lavoro ognuno doveva cercare quell’indizio che svelava la presenza di Astolfo, l’uomo invisibile. Ci siamo fatti aiutare dalla vista e dalla logica.

Abbiamo lasciato più spazio alla fantasia con una citazione di Ray Bradbury, da Cronache marziane: lo scrittore descrive il Tempo che scorre immaginando quale odore, suono, aspetto e consistenza esso possa avere.

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Cercare l’invisibile

Quante cose invisibili ci passano davanti gli occhi tutti i giorni? L’essere umano è da sempre consapevole dell’esistenza di cose che sfuggono ai suoi sensi, e che tuttavia determinano aspetti fondamentali della sua vita. Ogni civiltà esistita ha trovato modi diversi per cercare di decodificare queste cose invisibili, dando loro molti nomi: divinità, destino, fato, karma, magia, anima, psiche, etere, tempo…

Nonostante questi tentativi, l’invisibile non è stato ancora afferrato e ogni volta che ci imbattiamo in esso siamo costretti a fare i conti con i nostri limiti, a ripensare i nostri schemi e le nostre abitudini. L’invisibile non si concede facilmente, e bisogna soffermarsi sulle cose per poterlo cogliere.

Uno che ha molto a che fare con le cose invisibili è il fotografo. Non a caso l’ispirazione che ci ha spinti a scegliere questo tema dell’anno proviene da una Storia della fotografia:

Il fatto è che la speranza profonda […] è di rendere fotograficamente visibile tutto ciò che sfugge, tutto ciò che è al di là della visione naturale: ciò che è troppo vicino o troppo lontano, ciò che è nascosto nelle pieghe del corpo, ciò che è trasparente, ciò che scompare — e perfino l’anima.

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Ricominciare

A settembre tutto ricomincia. L’estate ci abbandona con una certa discrezione, la scuola riprende, le vacanze terminano e il lavoro torna ad essere protagonista delle nostre giornate.

Come a dire che la routine riprende possesso di noi e del nostro tempo, quel bene prezioso che non ci stanchiamo mai di “adorare”, che vorremmo ottimizzare e mettere al centro di tutto.

Anche BombaCarta recupera la sua quotidianità e si prepara ad affrontare un nuovo anno con Officine, laboratori e con una gestione del tempo che richiede impegno, iniziativa, entusiasmo, volontà e disponibilità. Come si decide, si sceglie un tema? Nell’anno 2005-2006 il nostro tema fu Cose che bisognerebbe sapere e uno degli editoriali aveva come titolo: Come si fa a prendere una decisione? La scelta è piena di aspettativa: rischi, opportunità, tensioni fra desideri opposti…

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Pance impossibili e possibili surrogati

GREULOT, NACHI STULÒ me tengo ‘na
fame, ‘na sgandula che pe’ la desperasián u
zervèl me STRÒPIA A SGRÒLL. Deo che
fame! Gh’ho ‘na fame che me magnaría anca
un ögio (mima di cavarsi un occhio) e me lo
ciuciaria ‘me ‘n’òvo. (Succhia l’immaginario
uovo) Un’orégia me strancaria! (Fa il gesto di
strapparsi un orecchio) Tuti e dòi l’oregi
(esegue e li mastica con avidità) ol naso
cavaria. (Esegue) Oh, che fame tégno! Che
me enfrocarla ‘na man dinta la boca, ziò in
t’ol gargaròz fino al stomego e CAÒ IN
PRATOSCIÒ GUIU (mima tutta l’azione) e
stroncaria da po’ le bidèle, tute le tripe a
STROSLON FRAGNAO (mima di cavarsi le
budella tirandole fuori attraverso la gola,
quindi le arrotola sul braccio) STROPIAN
CORDAME – SRUTOLON.

“La fame dello Zanni”, Dario Fo

Inizia così “La Fame dello Zanni”, il monologo di Dario Fo all’interno del suo “Mistero Buffo” del 1969. Difficile descriverlo a parole, andrebbe visto ed ascoltato!

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La pancia

Le pancette sono sexy” dice Fabienne, sdraiata su un fianco, mentre Butch si toglie i vestiti di dosso. È uno dei celebri dialoghi à la Tarantino, di quelli che sembrano riempire uno spazio vuoto, e invece danno rotondità ai personaggi, li dipingono nei loro rapporti. Si tratta del discorso sulla “pancetta”, che restituisce un momento di dolcezza tra due personaggi di Pulp Fiction e, al contempo, ci consente di introdurre l’ultima parte del corpo da esplorare nelle Officine di quest’anno. Se lo scheletro è elemento di sostegno e struttura, la pancia invece è spia di bisogni, luogo da riempire, plasmare, proteggere.

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Incontro con il teschio, da elmo a confidente

La parte dello scheletro più ricca di richiami simbolici, religiosi, culturali è senza dubbio il teschio. La testa è in effetti la parte del corpo che più ci identifica e rappresenta la totalità dell’essere umano, la parte per il tutto. Non a caso, la tradizione celtica considerava il cranio come il fulcro centrale dello spirito.

È curioso notare che le parole teschio e cranio indicavano originariamente alcuni oggetti usati per contenere, proteggere o da collocare alle estremità.

Teschio deriva dal latino testulum che significa coperchio, vaso di terracotta e cranio deriva dal greco kranion (κρανίον) che significa elmo (divertenti i passi dell’Elogio della calvizie, V secolo d.C.,  in cui Sinesio di Cirene gioca proprio sul doppio significato cranio-elmo).

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