
Kung San Storyteller, 1947 (Nat Farbman)
Abbiamo bisogno di storie per salvarci in questo 2021. Nel 2020 hanno trionfato le statistiche e i decreti, le norme e le regole. Cose necessarie. Ma per salvarci abbiamo bisogno di esperienze, racconti e persino poesia. Per vivere e affrontare il dramma abbiamo bisogno di senso.
In mezzo a tanti auguri densi di retorica, di buoni propositi e di immancabili polemiche, lo spunto più illuminante – di certo non il primo – l’ho ricevuto da un tweet di Antonio Spadaro. Senza dubbio, l’anno appena trascorso è stato l’anno dei bollettini, di una comunicazione asettica e anestetizzata, dove i numeri si sono inevitabilmente sostituiti ai volti, mentre la narrazione degli eventi è stata affidata essenzialmente a curve e indici. Per interpretare la realtà abbiamo fatto ricorso al presenzialismo degli esperti, che, almeno nella maggioranza dei casi, hanno ceduto alle lusinghe televisive, andando ben oltre i confini delle loro competenze e, appunto, esperienze.
E tuttavia nessun bollettino, per quanto terribile, ha conservato la potenza e l’efficacia dell’immagine di una colonna di carri militari che attraversavano il centro di Bergamo con il loro nefasto carico. Perché in quella foto è compresa una storia, che va oltre il mero dato fattuale. Scriveva Saba in una delle sue Scorciatoie:
I fatti preesistono. Noi li scopriamo, vivendoli.