Letteratura e radio
Tra gli anni ’30 e gli anni ’50 la radio raggiunse una diffusione che la mise in grado di concorrere con la stampa. È questo il periodo nel quale scrittori e pensatori come L. Pirandello, Trilussa, G. Deledda, B. Brecht videro nella radio nuove possibilità per la diffusione della cultura e nacquero i «radiodrammi», testi di spessore letterario scritti appositamente per essere letti e diffusi via radio . Il radiodramma si collega alla tradizione del racconto orale, ma impegna l’autore a far interagire la parola, attraverso il montaggio, con le musiche, i suoni e i rumori.
La B.B.C. vanta forse la più ampia tradizione mondiale nel campo della drammatica radiofonica. La prima opera scritta appositamente per la radio fu Pericolo di Richard Hugues, diffusa il 15 gennaio 1924. Questa tradizione, accuratamente seguita, ha fatto del dramma radiofonico un vero servizio pubblico. La prima opera in assoluto però fu La lente di E. Walter e venne trasmessa il 3 agosto 1922 negli U.S.A. dalla stazione WGY. Il 30 ottobre 1938 O. Welles, direttore di una serie di programmi di fiction per la CBS, mise in onda il «radiodramma» La guerra dei mondi: uno dei massimi esempi dell’impatto del mezzo radiofonico e della sua capacità di far interiorizzare l’emotività. Dagli anni ’30 si diffuse anche la recitazione di poesia alla radio e si comprese subito come la suggestione della poesia sposi bene quella della radio che richiede attenzione al ritmo della recitazione, all’oratoria, all’alternanza di musica e silenzio.
In Italia nel ’29 il futurista F.T. Marinetti declamò Il bombardamento di Adrianopoli . Altri autori italiani scrissero radiodrammi di qualità (M. Bontempelli, R. La Capria, G. Arpino, P. Volponi,…), ma prevalsero di fatto le «riduzioni radiofoniche» (come nel ’33 Le mie prigioni di Silvio Pellico) o la messa in onda di opere teatrali.
La radio è un mezzo di comunicazione che è in grado di interagire non solo con il teatro e la poesia, ma anche di dare una vita nuova al libro di narrativa attraverso le letture integrali o parziali. Al piacere della lettura solitaria viene così a sostituirsi il piacere del racconto a cui si è spesso abituati, grazie alle favole, sin da piccoli e che poi viene a perdersi col tempo: «Quell’improvviso armistizio dopo il frastuono della giornata, quell’incontro al di là di ogni contingenza, quel momento di silenzio raccolto che precede le prime parole del racconto, la nostra voce finalmente identica a se stessa, la liturgia degli episodi» .
Non agendo sullo spazio, ma solo sul tempo, la radio si trova vicina all’opera testuale. Anzi, mentre il linguaggio scritto apre la percezione solo attraverso le parole, legate alla continuità e alla successione della stampa, il linguaggio della radio può invece offrire la sovrapposizione, la contemporaneità, il mixaggio di contenuti diversi.
Sappiamo come i grandi racconti dell’antichità, l’epica, la Bibbia nascono spesso dall’oralità, da tradizioni orali poi sedimentate in scritture redazionali. Il bisogno di ascoltare storie caratterizza l’uomo. La radio ha innanzitutto il grande potere – poi resosi anche autonomo nella forma dell’ «audio-libro» attraverso registrazioni in cassette e compact-disc – di trasformare un testo narrativo in un racconto orale. Questo implica innanzitutto il non trovarsi di fronte ad un oggetto (il libro), il non poter scegliere il momento e il contesto adatto per la lettura, la frammentazione di un testo in «puntate» e il non poter ripercorrerlo per ulteriori letture di paragrafi o frasi non ben compresi o particolarmente graditi. L’operazione culturale che la radio ha compiuto sempre con successo consiste tuttavia proprio nel benefico recupero della narrazione da ascoltare. Lo scrittore C. E. Gadda scrisse addirittura un manuale a uso interno degli autori della RAI nel quale sostiene l’importanza di usare un lessico quotidiano e chiaro, cioè l’esatto contrario del linguaggio da lui prediletto nelle sue opere letterarie .
Il grado di intensità e capacità di coinvolgimento della radio non deriva solo dalla diffusione della voce (nel ’37 in questo senso R. Arnheim scriveva il suo «Elogio della cecità»), ma dall’espressività stessa della voce diffusa. La radio deve dischiudere la realtà dell’immaginario attraverso percezioni che non valgono per sé, ma per la loro capacità evocativa, cioè gli «analoghi percettivi», che in questo caso sono la musica, i suoni e le parole. L’evocatività del testo può essere sottolineata da sottofondi musicali o può essere indirizzata dal lettore professionista, e ciò di fatto consiste in una esecuzione interpretativa del testo letterario.
Se la lettura orale di un testo scritto o di una sceneggiatura è il principale livello di intersezione tra radio e libro, possiamo trovarne senza dubbio altri. Esistono, ad esempio, programmi del palinsesto di alcune radio interamente dedicati al libro. È da ricordare, per ciò che riguarda l’Italia, innanzitutto L’Approdo, avviato da A. Seroni nel dicembre del 1945: un programma culturale di forte valore morale e intellettuale nel periodo immediatamente successivo alla liberazione e che visse fino al 1978 . La trasmissione si riconosceva non come semplice programma informativo, ma vera e propria «Rivista di Letteratura ed Arti» con il compito di «stimolare e orientare l’attenzione dei propri ascoltatori» e accompagnare gli eventi culturali con «letture originali di narrativa, di poesia e di saggistica, letture d’invenzione e di interpretazione» (C. Betocchi). La trasmissione fu persino in grado di generare una rivista cartacea, L’Approdo letterario, e dal ’63 una trasmissione televisiva, L’Approdo TV: una vera e propria operazione multimediale ante litteram. Oggi programmi come Lampi e, successivamente, Fahrenheit, di Rai Radio Tre occupano ampi spazi del palinsesto quotidiano con la discussione e presentazione di temi culturali mediati attraverso la presentazione di attività legate all’editoria, alla letteratura e alla critica.
Altro livello di interazione tra radio e letteratura consiste nella ricaduta dell’ascolto radio nella composizione di opere letterarie. Molti giovani autori italiani, ad esempio, ammettono di scrivere con la radio accesa. Da notare, ad esempio, i testi dello scrittore P. V. Tondelli contrassegnati dal titolo «Radio on» . U. Eco in Apocalittici e Integrati ci ricorda che la radio dall’inizio ha avuto la funzione di trasmettere a distanza musica e da quando la musica è diffusa in modo massivo da radio, televisione e strumenti di riproduzione analogica o digitale, poesia, romanzo e musica si sono spesso incontrati sulla pagina scritta .
L’avvento di internet, della radiofonia telematica e del podcasting stanno fornendo strumenti tecnici che permettono di diffondere atteggiamenti sperimentali. È abbastanza facile trovare nella Rete documenti che contengono registrazioni degli archivi radiofonici (come, ad esempio, quello della RAI) relative a interviste con scrittori noti e critici letterari o letture celebri di brani letterari o delle vere e proprie sessioni di lettura compiute dagli stessi autori. Ciascuno da casa potrebbe crearsi in modo autonomo il proprio palinsesto tratto da materiali di archivio o trasmissioni che avvengono in qualunque parte del mondo .
Stimatissimo P. Antonio Spadaro,
la sua riflessione su scrittura e media mi piace moltissimo anche nelle indicazioni sull’utilizzo della rete. Il rapporto tra suono e significato apre valenze liturgiche oltre i monitor che ci condizionano, verso la poesia, l’incontro con gli “altri” e la visione di Dio.
Con tanti sinceri auguri di Buona Pasqua a Lei, eccellenti collaboratori e lettori.
Antonio Meneghello ( Brescia)
Una bella riflessione!