Cuore e Cervello

Per introdurre il tema di questo mese, bisogna innanzitutto riconoscere che prendere in considerazione anche solo una di queste componenti del nostro corpo, cuore e cervello, sarebbe bastato a riempire pagine di analisi e intavolare ore di discorsi. Quel che vorremmo fare, però, questo mese, è osservare cosa succede quando cuore e cervello – emotività e razionalità – si incontrano o si scontrano. Parliamo di due facce della stessa medaglia, entrambe fondamentali nell’identità di ognuno di noi e da tenere il più possibile in equilibrio. Non si può agire sempre e solo d’impulso, seguendo l’istinto e l’emozione del momento, così come forse sarebbe riduttivo agire sempre in maniera puramente logica e razionale. Nella mancanza di equilibrio tra cuore e cervello possono nascere conflitti insanabili, di cui la letteratura e le arti si sono sempre nutrite.
Cuore, cervello, identità
Per cercare di definire il modo in cui cuore e cervello concorrono a formare chi siamo, possiamo partire dalla poesia Il cuore è la capitale della mente di Emily Dickinson:
Il Cuore è la Capitale della Mente.
La Mente è un unico Stato.
Il Cuore e la Mente insieme fanno
un unico Continente.
Uno – è la Popolazione –
numerosa quanto basta –
questa estatica Nazione
Cerca – sei Tu.—
The Heart is the Capital of the Mind.
The Mind is a single State.
The Heart and the Mind together make
A single Continent.
One – is the Population –
Numerous enough –
This ecstatic Nation
Seek – it is Yourself.
Nella metafora creata dall’autrice, il nostro corpo – e per estensione la nostra identità – diventa un’entità politica in cui il cuore e la mente hanno un peso e un potere specifici, anche in rapporto l’uno all’altro. Il cuore è la capitale, spesso il luogo più rappresentativo di un paese, che ne racchiude la storia e lo spirito. La mente invece è lo Stato, l’aspetto giuridico di un paese, l’insieme di leggi e norme da seguire.
Quale dei due detiene più potere? Difficile dirlo, ma uno Stato non può esistere senza la sua capitale e viceversa. La poetessa ci dice poi che insieme la mente e il cuore hanno la portata di un intero continente. È in questo vasto territorio, nell’unione di cuore e mente, che ognuno di noi deve cercare sé stesso. Alla fine Dickinson passa dal concetto di “Stato” – concetto politico e giuridico – a quello di “Nazione”, che fa forse più riferimento proprio all’idea di identità di un popolo. Questo popolo, appunto, sei tu.
Al cuor non si comanda (forse)
Cosa succede, invece, se il nostro cuore ci dice che amiamo una persona, mentre il nostro cervello ci mette davanti tutte le ragioni per cui quell’amore non dovrebbe funzionare? È proprio questo il conflitto alla base dell’intricata storia d’amore tra Mr. Darcy ed Elizabeth in Orgoglio e Pregiudizio di Jane Austen. Due menti razionali, lucide, che combattono contro i rispettivi cuori, inesorabilmente innamorati. Nel testo che segue, Darcy decide di dichiararsi ad Elizabeth e chiederle di sposarlo. Ma lo fa presentandole tutte le ragioni che andrebbero a sfavore della ragazza, con il risultato di spegnere in Elizabeth anche il minimo sentimento di gentilezza:
Mr. Darcy sedette per un momento, poi, alzatosi, prese a camminare nervosamente su e giù per la stanza. Elizabeth era sempre più stupita, ma non disse una parola. Dopo un silenzio abbastanza lungo, le si avvicinò dicendo in tono concitato:
«Ho lottato invano. È inutile. I miei sentimenti non possono più essere soffocati. Dovete permettermi di dirvi che vi ammiro e vi amo ardentemente».
La sorpresa di Elizabeth fu indicibile. Trasalì, arrossì e tacque dubitando. Egli pensò che fosse un incoraggiamento bastante, e seguitò con un’immediata confessione di tutto quello che provava e che aveva provato da tanto tempo per lei. Parlava bene; ma vi erano altri sentimenti, oltre a quelli del cuore, che doveva esporre, e non fu meno eloquente nel dimostrare il suo orgoglio di quanto non lo fosse stato per rilevare il suo affetto. L’idea dell’inferiorità sociale di Elizabeth, per lui così umiliante, degli ostacoli familiari, per cui aveva sempre cercato di combattere la sua inclinazione verso di lei, tutto fu esposto con un calore forse dovuto ai pregiudizi che aveva la forza di vincere, ma che non era certo adatto a rendere accetta la sua domanda.
[…] Egli concluse esponendo la violenza di un sentimento che, nonostante tutti i suoi tentativi, non era stato capace di vincere, ed esprimendo la speranza di esserne ricompensato ottenendo la sua mano.
Elizabeth rifiuta la proposta di Mr. Darcy mostrando tutto il suo orgoglio e risponde in maniera distaccata alla proposta:
«Perché, con l’intenzione così evidente di insultarmi e di offendermi, avete voluto dichiararmi che mi amate contro la vostra volontà, la vostra ragione, e perfino contro la vostra natura?»

Darcy rende, insomma, fin troppo chiaro che il suo sentimento gli appare totalmente irrazionale, così chiaro da essere offensivo. Elizabeth, dal canto suo, sceglie di dare più peso alla propria razionalità e a quella di Darcy stesso, piuttosto che alla confessione d’amore. Questo squilibrio tra i due, in cui l’uno è costretto ad ascoltare il suo cuore, mentre l’altra è portata dal suo orgoglio a rimanere lucida e fredda, sembra destinato a generare solo sofferenza. Se non fosse, chiaramente, che la penna di Jane Austen interviene, infine, ad appianare le circostanze che hanno allontanato i due protagonisti, a sciogliere tutti gli equivoci, finché tutte le ragioni che li tengono lontani possono essere messe da parte per lasciare spazio al sentimento. Forse è vero che “al cuor non si comanda”, ma di certo la ragione può giocargli brutti scherzi.
Sentimento vs Legge
Ancora un amore, ma stavolta fraterno, ci permette di vedere il binomio cuore/cervello in azione in un contesto molto diverso: dai rapporti personali, passiamo alla sfera pubblica. Nell’Antigone di Sofocle la protagonista si trova a scegliere tra legame familiare e legge dello Stato. Il re Creonte vieta infatti la sepoltura di Polinice, fratello di Antigone e Ismene, perché considerato un traditore. Per Antigone è fuori discussione che l’amato fratello rimanga insepolto, anche se questo significherà trasgredire la legge e pagare con la vita. In questo dialogo Antigone dichiara alla sorella Ismene che ha intenzione di dare degna sepoltura a Polinice e Ismene cerca di dissuaderla:
ISMENE
Ragiona sorella, nostro padre
come detestato ed infamato è morto,
per la scoperta delle sue colpe entrambi gli occhi
Si strappò con mano autolesionista;
poi sua madre e sposa, storia gemella,
con corde annodate si tolse la vita;
come terzo i due fratelli in un sol giorno
Uccidendosi a vicenda infelici posero
fine alla sorte comune con mani vittime
e carnefici. Ora, rimaste sole noi
due, pensa come finiremo male
se contro la legge violiamo il decreto
e l’autorità dei capi. Questo s’ha
da pensare, che noi due femmine siamo nate
e non tali da combattere contro i maschi. […]
Io dunque pregando quelli di sotterra
di avere pietà, ché vi sono costretta,
obbedirò a quelli che stanno al potere.
Ché strafare non ha nessuna ragione.
ANTIGONE
[…] Sii pure quel che ti pare, io quello là
lo seppellirò. È bello, così, morire.
Amata con lui giacerò, con l’amato,
dissacrerò tutto: ché molto più tempo
devo piacere là sotto che qua sopra.
Laggiù giacerò per sempre; se tu credi,
quel che in alto apprezzano, disprezza pure.
ISMENE
Io nulla disprezzo, sono per natura
un disastro a muovere contro lo stato.
ANTIGONE
Tu accampi pretesti: io andrò a tirare su
una tomba per il fratello più amato.”

Ismene, dunque, cerca di portare la sorella a ragionare. Come Darcy, elenca una serie di motivi razionali in opposizione al sentimento provato da Antigone, che è però irremovibile. Per Antigone, il rispetto delle leggi divine che impongono la sepoltura dei morti e l’amore che prova per il fratello, sono sufficienti a morire felice per la causa. Ismene d’altro canto, confessa che per sua natura non potrebbe andare contro lo Stato. Per amore Antigone è pronta a “dissacrare tutto”, mentre la ragionevolezza di Ismene la frena dal violare la legge. Possiamo provare a chiederci chi delle due sia nel giusto, ma forse ognuno di noi darebbe la risposta che sente più vicina al suo modo di vedere il mondo.
In conclusione, ognuno di noi potrebbe schierarsi con Antigone o con Ismene, lasciarsi travolgere dai sentimenti come Mr. Darcy o rimanere lucido come Elizabeth. Ma la domanda rimane sempre: stavolta ascolterò il cuore o userò il cervello?