Poesia come unica interprete dell’unicità

Officina BombaCarta 2000Ti è mai capitato di aspettare una persona in una zona affollata? Il tuo sguardo si muove a “scanner” sulla folla e vede tanti volti. Gli occhi continuano a muoversi. Ogni tanto sono colpiti da un volto particolare per qualcosa, ma solo per pochi istanti. Poi la ricerca continua. Alla fine, quando si focalizza il volto, immediatamente c’è un effetto spot e la folla resta sfocata a vantaggio di quel singolo volto. Quel volto non è più il volto di un “essere umano”, ma il volto di Francesca o di Giuseppe, di Maria o di comunque si chiami. Il volto diventa un nome. Tutti gli altri sono “esseri umani” un po’ sfocati. Così a volte un viso, un oggetto, la fiamma di una candela, un fiore… ci sembrano “unici”. Cogliamo con evidenza che le cose escono dalla massa e diventano assolutamente insostituibili. Un fiore non è più un fiore, ma quell’essere-lì assolutamente inclassificabile, non richiudibile nel genere “fiore”. Le altre cose scompaiono nella “massa”. Allora capita quello che è stato teorizzato in maniera assoluta dal poeta inglese G. M. Hopkins, capita di avere quello che lui definiva “inscape” e cioè di cogliere “la qualità essenziale o individuale d’una cosa; l’unicità di una cosa osservata, d’una scena, d’un evento”. Si tratta di un’intuizione fulminea che solo la poesia può riesprimere… Si tratta di una “bomba” percettiva per cui possiamo pronunciare delle parole di stupore come quelle usate dallo scrittore R. Carver: “It’s real something!” Solo la parola o l’immagine poetica può esprimere questa esperienza di unicità. In Bombacarta siamo alla ricerca di questo “inscape”…


Arte espressione della creatività rivelatrice della verità

È tempo di ricominciare.
L’estate lascia il posto all’autunno e le due stagioni si salutano e lasciano spazio alla nostra voglia di riprendere a vederci, sentirci, esprimerci, comunicare, essere “artisti” e “creativi” (che paroloni, vero?).
Per riprendere riconcentriamoci sull’essenziale di Bombacarta. L’arte è tale quando comporta un’espressione della creatività che rivela una verità sulla condizione dell’uomo (cioè mia, tua, nostra…).
Un’espressione della creatività è “buona” se porta una verità sul nostro esistere, se ci aiuta a fare luce su noi stessi, se ci aiuta nella ricerca del senso della nostra storia personale su questa terra, se ci aiuta a conoscerci realmente e a conoscere realmente gli altri, se ci orienta nel nostro viaggio dentro di noi e dentro il significato nascosto e profondo di quanto ci circonda.
L’arte è “buona” quando mi parla del lato gioioso e luminoso dell’esistenza, ma è arte anche l’espressione creativa che mi parla del lato oscuro dell’uomo che vaga lontano e solo. L’arte è “cattiva” quando una espressione della creatività non mi parla in modo autentico dell’uomo, ma cerca di sedurmi o di vendermi apparenze.
Così riprendiamo a confrontarci con l’arte e dunque, in qualche modo, con noi stessi…