Letture. La caduta di Giovanni Cocco

Che la complessità sia il carattere più immmediatamente evidente della contemporaneità è osservazione quasi banale; assai meno banale è la constatazione che di essa cerchi di farsi carico la “finzione” narrativa, con le possibilità che le sono proprie, descrivendola, anzitutto, e proponendo motivi, se non di comprensione, quanto meno di riflessione profonda. Notevole senza altri aggettivi è infine la circostanza che il tentativo sia azzardato e condotto a buon fine da un autore sostanzialmente esordiente, Giovanni Cocco, nel suo primo romanzo La Caduta (Nutrimenti 2013, euro 16,00). Della complessità della materia che sostanzia l’opera è raffigurazione esplicita la stessa strutturazione del libro, che si compone di un ciclo di racconti, non connessi tra loro apparentemente (ma solo apparentemente: i rimandi sono facilmente rintracciabili ed essenziali per la comprensione della concezione della storia che sostiene il testo). La cornice, nella migliore tradizione della nostra novellistica, racchiude e completa il mondo che si intende raffigurare (come in alcuni cicli pittorici rinascimentali, precisa l’autore nella Notafinale), in un alternarsi di scene principali e “tondi” di raccordo (qui eseguiti come “voci narranti”, narrazioni brevi inerenti il destino a suo modo esemplare di un singolo personaggio). Si tratta in totale di dodici episodi, compresi un prologo ed un epilogo. I sei capitoli recano, infine, ad esergo versetti del Pentateuco e dell’Apocalisse, quasi che in essi il caos fumigante evocato dalla narrazione possa trovare ordine, se non spiegazione.

Cocco percorre il primo decennio del Duemila adunando alcune delle più rilevanti manifestazioni del nostro disorientamento, che con pervicacia incomprensibile intrecciano le vicende dei singoli e l’ondivago andamento della storia dei popoli. Una sofferenza collettiva ha scosso i nostri anni nel proliferare di un male che continua ad annidarsi nella Storia e nei giorni degli uomini, come provano la strage di matrice islamica nella metropolitana di Londra del 2005, con i suoi cupi riflessi sui destini che vi si sono incrociati, o l’altra causata dalla follia lucida e perversa dell’unico omicida di 69 giovani in Norvegia nel 2011, o ancora la catastrofe naturale (naturale? ma nemmeno naturale è sinonimo di innocente) che devasta New Orleans ancora nel 2005.

Altrettanto apparente irredimibilità hanno le cadute che sorprendono le vite degli uomini e delle donne protagonisti degli altri episodi, squassando i singoli minimi universi di chi ha attraversato il decennio accumulando angosce e inconsapevolezze, sradicamenti e subitanee accensioni di violenza. Tracce di un caos inspiegabile con parole umane si addensano allora nell’inseguimento tragico con cui una donna magistrato cerca prove delle colpe di un avvocato corrotto, ma anche nell’integrazione apparente di una coppia di nordafricani a Berlino, che, nella ricerca di un posto in ospedale per partorirvi, rapidamente degrada in vittimismo pretestuoso ed arrogante, ed ancora nel destino amaro ed esemplare di un italiano che risale la penisola da sud a nord per trovare lavoro e dignità, ma l’ascesa è soltanto preludio per cadute dolorose e definitive (per lui soltanto? o il suo destino non è invece raffigurazione di un un intero paese, che sul lavoro in teoria fonda il suo sistema politico e sulla sua mancanza avvita una collettiva discesa agli inferi?). E che senso può avere la confessione del broker newyorchese, corresponsabile del baratro finanziario e sociale sul quale ondeggia qualche anno l’Occidente, spiegazione tecnica che non sa suscitare perdono, a riprova di quanto perdonare sia così straordinariamente difficile laddove non ci sia pentimento?

Cocco padroneggia diversi registri stilistici, che le stesse vicende narrate gli impongono. Utilizza agevolmente toni e linguaggi tipici delle storie d’azione per descrivere corse ed agguati sull’autostrada Napoli Salerno o per seguire movimenti e sentimenti di attentatori e vittime nell’attacco terroristico alla City londinese. Fronteggia altresì con pari disinvoltura le esigenze espressive derivanti monologo interiore, e quelle imposte da modi propri del romanzo popolare ottocentesco. Ma la pur evidente abilità nel costruire narrazioni rischia di essere offuscata dalla ricchezza dei richiami simbolici, nonché dall’ampiezza dell’architettura dell’impianto narrativo. I due aspetti si intrecciano, e’ lo stesso autore a precisare che il libro e’ il primo di quattro che comporranno un’opera più’ articolata chiamata Genesi, e il suo tema principale è “la Caduta dell’Occidente analizzata attraverso il filtro dell’Infanzia e dell’Adolescenza (categorie romanzesche per definizione)“.

La considerevole presenza di citazioni bibliche introduce il tema del rapporto tra invenzione letteraria e teologia, considerata altresì la mancanza, nei diversi episodi che compongono La caduta, di qualsiasi esplicito riferimento religioso. Il che non significa certo assenza di religiosità, qualora questa si intenda come “attenzione alla trascendenza” o “passione del trascendere”, sulla scorta delle acquisizioni fornite in materia da studi, come quelli di Jean Pierre Jossua, che indagano i rapporti tra teologia e letteratura, e di cui è opportuno avvalersi per la migliore comprensione di testi come questo. In coerenza con questa prospettiva dalle proporzioni evidentemente molto ampie, si può collocare quella concezione della storia a cui dichiaratamente si ispira l’autore, che nella Notaattesta che”il retroterra culturale, i riferimenti teorici e il presupposto ideologico del presente volume sono … da ricercarsi interamente nel dibattito culturale nato in seno ai curatori della rivista Annales negli anni Venti e Trenta del secolo scorso e sviluppatosi, nei decenni seguenti, intorno alle diverse generazioni di storici”. In una tale visione, che sulle tracce di Braudel si sviluppi intorno a concetti come, per citare ancora Cocco, “un corpo sottratto alla gravità, all’accelerazione della storia”, “una storia che non voglia limitarsi a cogliere l’événementiel”, “la storia à part entière oltrepassa i confini geografici, i limiti generazionali, i comparti del sapere specialistico”, ben può trovare spazio allora, anche nel cuore oscuro della contemporaneità, il rifluire di diverse letture del nostro stare nel mondo elaborate dal sapere antico, ma non per questo meno vivo, della Bibbia. Che poi una porzione di Genesi venga illustrata con versetti tratti dall’Apocalisse e’ una ben singolare traccia ermeneutica. E tuttavia per nulla incongrua, se vale ad indicare una pur remota possibilità di salvezza, un punto estremo di caduta oltre il quale può anche non esserci il nulla, ma una nascita nuova.

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