La classifica del 2014

Parker

Parker Millsap

Al termine dell’anno tiro le somme su cinque album pubblicati nel 2014 e che mettono al centro l’uomo e le sue potenzialità, lontani da quel pop superficiale – perché privo di contenuti – suonato stabilmente nelle radio. Nell’etere non li ascolterete mai, fatta qualche eccezione per gli U2 e i Subsonica presenti nella lista.

Le canzoni estratte e qui elencate non esaltano i precetti di una religione, casomai portano alla luce una tensione o una ricerca spirituale sui generis. La musica contemporanea soffre di vertigini, agli artisti non piace salire troppo in alto. Non si allontanano delle proprie certezze; e se ciò non li soddisfa cercano un senso a tutto in maniera istintiva e scomposta, sbirciando nell’aldilà con i piedi ben piantati nell’aldiquà. Si avvolgono in se stessi quando bisogna dare un nome a chi agita il lago calmo dell’anima. Andare oltre probabilmente spaventa, eppure sono inquieti, scavano nelle cose umane per trattenere nel mondo quell’eternità promessa altrove.

Cinque dischi per pensare sul mistero della vita e dell’amore, sulla reciprocità nei rapporti che ci umanizzano. La musica colta perpetua il tentativo di Icaro di volare in alto con ali di cera, ignorando il Sole e le sue conseguenze. Buona meditazione.


Earth Hotel – Paolo Benvegnù

Branco di spacciati ululanti, abbondati al mondo. Ansimanti, dove volete andare? Non avete da mangiare, da sognare. Che il vostro amore sia incandescente, se il desiderio è Cristo che mente. Per poi precipitare, per trovare un senso, per trovare il falso… (Feed The Destruction) 

Il nuovo “Earth Hotel” di Benvegnù è per palati sopraffini, metafisico e incastonato nei sentimenti più contraddittori. Si canta lo disfacimento dell’anima (“Feed The Destruction”) avendone prima invocato la salvezza (“Avenida Silencio”). C’è l’insopprimibile voglia di amare pur odiando (“Piccola Pornografia Urbana”) e ci si interroga sul senso della vita (“Orlando”). “Earth Hotel” guarda all’uomo che grida al cielo mentre cerca consolazione in terra. È l’album italiano dell’anno, 56 minuti di grande musica d’autore. Ne consiglio l’acquisto, un disco da possedere.


Parker Millsap – Parker Millsap

Il ragazzo ha preso una botta. Suo padre gridò a pieni polmoni una lettura del vecchio testamento: “Se si risparmia la verga, il figlio si vizia”. Ha cicatrici per la sua ferita. La paura di Dio riempie tutti. È possibile ascoltarlo supplicare… (Old Time Religion)

Parker Millsap a soli 21 anni suona un “country gospel” ironico verso la religione e mai irriverente. Di lui scrivono: “Questo ragazzo sa cantare un brano soul per davvero, può predicare e si dimena come Elvis. Una stella in divenire” (Ann Powers, NPR). Nato nello Stato di Oklahoma e figlio di pentecostali, utilizza i temi biblici per raccontare l’America e le contraddizioni di un popolo profondamente cristiano. “Old time religion” riprendere una strofa dell’omonimo classico portato al successo da Tennessee Ernie Ford per accusare le vecchie generazioni di fanatismo religioso e di ottusità. In “Truck Stop Gospel” narra la storia di un pastore che a bordo di un camion porta la sua chiesa sull’autostrada per redimere chi vive nel peccato. Millsap  pensa alla religione non più chiusa nel museo delle proprie tradizioni e invece capace di operare la salvezza in modo nuovo, nelle zone più remote e inospitali. In molti paragonano Parker Millsap al giovane Johnny Cash (anche lui interpretò “Old Time Religion”). Forse un azzardo, probabilmente un auspicio.


Una Nave In Una Foresta – Subsonica

Vorrei saper pregare con le mie dita scure. Forse puoi farlo tu per me che aspetto di sapere. Mentre non riesco a dire che sarò salvo solamente… (Tra Le Labbra)

Le avvisaglie c’erano già nel brano “Lazzaro” che ha anticipato l’uscita del nuovo cd “Una nave in una foresta”. Nessun dubbio sul riferimento letterario al Lazzaro di Betania del vangelo di Giovanni (11,1-45). Ci sono i temi della rinascita e la voglia di risollevarsi in qualche modo da una morte apparente. È un disco alla Paolo Benvegnù, più “leggero” e diretto. Perfetta la trasposizione dell’immaginario religioso nei testi, un mash up di esperienze che evocano l’eternità, la pace e cieli limpidi: “Il cielo copre tonnellate di oscurità però che in fondo non mi schiaccerà finché combatto per la mia stabilità. Perdo sangue e attacca il panico, finché resisterò sarò più forte” (Attacca Il Panico). Un disco privo di fronzoli, essenziale, direi necessario.


Do L’Anima – Alberto Fortis

Certo è un inganno imponente lo scherzo alla mente di un Dio che non sa, ma se il mio Dio è importante all’istante ti dico che fa. Asciuga lacrime al viso, senza un paradiso là fuori non puoi. Scioglie la neve all’inferno, ci ha deriso. Ma in fondo l’eterno è dentro di noi… (Infinità infinita)

Alberto Fortis torna sulle scene dopo un lungo periodo di assenza ed esplicita la sua fede mentre spiega la canzone che da il titolo (e il senso) all’album “Do L’Anima”:  “Credo all’esistenza di un’altra vita, ai suoi suggerimenti, alla missione di vivere quella presente al meglio, per se stessi ed anche per gli altri. Attribuisco a questa canzone la continuità della vita, la linea dell’orizzonte che c’è tra terra e cielo, tra uomo e donna, tra realtà e arte. Do l’anima significa essere a disposizione della propria Crescita. Ho sempre dato tutto me stesso e continuerò a farlo”. Non uno dei suoi lavori migliori, i testi prevalgono sulla musica. Ci sono duetti con Biagio Antonacci (“Tu Lo Sai”) e Roberto Vecchioni (“Mi Fa Strano”) che non lasciano il segno. Al professore Vecchioni – di cui ho una stima smisurata perché suo fan – avrei fatto interpretare un testo adatto alla sua sensibilità religiosa e il disco certo non è privo di contenuti del genere. L’intero “Do l’anima” è un inno alla misericordia e di speranza per chi soffre, un Te Deum alla vita. In una parola, un disco alla Alberto Fortis.


Songs Of Innocence – U2

Dio sa che non è facile prendere la forma del dolore di qualcun altro. Dio ora puoi vedermi. Sono nudo e non ho paura. Il mio corpo è sacro e non provo vergogna… (The Troubles)

Un disco gratis non si rifiuta mai. Trovo astuta la scelta degli U2 di far pagare il disco alla Apple per poi donarlo ai suoi fans su iTunes. La musica non la compra più nessuno e loro lo sanno bene. “Song of innocence” toglie la maschera a Bono e compagni, è sincero e autobiografico. Ci si accorge di avere di fronte i temi che hanno fatto la storia della band irlandese: la guerra civile in Irlanda, la fede in Dio, la famiglia, l’amore e le icone rock che hanno ispirato la band più famosa al mondo. La fede cattolica professata più volte dagli U2 appare in controluce, sostiene ogni storia anche laddove non c’è speranza né giustizia: “Nei tuoi sogni, tutto è a posto. L’alba di domani è come un suicidio. Ma dormirai come un bambino questa notte. Come un uccello, i tuoi sogni prendono il volo. Come San Francesco coperto di luce, dormirai come un bambino questa notte” (Sleep Like A Baby Tonight). La tensione di “October”, la rabbia di “War” e la fede di “Pop” sono sintetizzati nelle liriche delle canzoni. Peccato per la musica che suona meno istintiva e diretta del solito, ma le regole ferree del galateo impongono che “a caval donato non si guarda in bocca”.

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