Avanti e in alto, verso le radici
Ieri, 6 luglio 2016, il fondatore di BombaCarta, il padre gesuita messinese Antonio Spadaro, ha compiuto 50 anni. Un “evento” molto importante per BombaCarta e per le migliaia di persone che hanno incrociato il proprio sentiero con quello di Antonio, di cui i giornali non hanno parlato (i criteri di importanza dei giornali non hanno stretti legami con la realtà della vita) anche se sulla rete ha circolato la notizia del premio consegnato a padre Spadaro l’altro ieri, il 5 luglio, a Taormina. Il “Premio Taormina” viene assegnato ai siciliani che hanno dato lustro alla Sicilia nel mondo della cultura e il premiato si è detto onorato dell’onore riservatogli dalla sua amata terra d’origine, in linea con un atteggiamento che non ha mai nascosto la fierezza e l’amore per le sue radici messinesi. Un tuffo, non solo metaforico, per il cinquantenne Antonio nei suoi luoghi d’origine. L’importanza dei luoghi, della concretezza dei luoghi, che sempre parlano, rivelano, è un motivo ricorrente nella vita e nell’opera di Antonio Spadaro (basti ricordare il lavoro “archeologico” realizzato nel suo studio appassionato nei confronti di alcuni autori come Pier Vittorio Tondelli o Flannery O’Connor), così come anche nella vita di questi 18 anni di BombaCarta (come è noto BC è nata da un’intuizione dell’allora 32enne Antonio, insegnante di lettere al liceo Massimo), come dimostra anche il fatto che il tema annuale di quest’anno è stato dedicato proprio ai “luoghi”.
Questo ritorno alle radici stimola una riflessione sul tema stesso delle radici, anche alla luce del tema che sarà affrontato da BombaCarta nella prossima stagione a partire da settembre. E sì, perchè il tema del prossimo anno vuole essere uno stimolo, un’occasione per ripartire dai “fondamentali” dell’esperienza di BC, un vero ritorno alle fonti iniziali. Non si tratta di un’operazione nostalgica, ritorno come nostalgia non sono parole molto consonanti con la visione, sulla vita e sull’arte, che Antonio Spadaro ha voluto offrire a tutte le persone che si sono affacciate nei luoghi di BC.
Per chiarire meglio può essere utile un’immagine, che è quella famosa dei salmoni che risalgono la corrente, nuotando e saltando contro le onde dei fiumi che scendono a valle; loro invece procedono verso un avanti che apparentemente è indietro, e verso un alto che equivale a dire verso le proprie radici, perchè in effetti lo scopo di questo sforzo paradossale è quello di andare a trovare il luogo dove sono stati generati, per deporre le uova e generare nuove vite. L’immagine dei salmoni ci dice questo: c’è uno sforzo, una stranezza (andare controcorrente) e c’è un rischio (c’è sempre un orso appostato lì a ghermire il pesce mentre salta), ma tutto questo però genera nuova vita. Per questo ritengo che questa immagine può dire efficacemente qualcosa dell’esperienza di BombaCarta. Una decina d’anni fa, nel marzo del 2006, sul blog di BombaCarta lo stesso Antonio aveva citato non i salmoni ma le trote iridate, così care ad uno dei suoi poeti e scrittori più amati, Raymond Carver; ecco uno stralcio interessante di quel testo:
“Ma spesso la nostra vita interiore è un caos, un magma di sentimenti e desideri opposti. Spesso sappiamo di volere una cosa e invece facciamo una cosa diversa o addirittura opposta. A volte ciò che crediamo di desiderare veramente ci eccita all’inizio, ma alla fine ci lascia vuoti, aridi. A volte ci rendiamo conto che desideriamo veramente e ci dà veramente gioia ciò che non avremmo mai pensato di desiderare. A volte non sappiamo ciò che vogliamo veramente. Allora a decidere si impara, anche per tentativi ed errori…
Stamattina sono diviso
tra la responsabilità verso
me stesso, il dovere
verso il mio editore, e la spinta
che io provo verso il fiume
sotto casa. C’è il passaggio
invernale delle trote iridate,
ecco il problema. E’
quasi l’alba, la marea
è alta. Proprio mentre
questo piccolo dilemma
si presenta e il dibattito
continua, i pesci
stanno entrando nel fiume.
Ehi, vivrò, e sarò felice
qualsiasi cosa io decida.(R. Carver, The Debate)
Scegliere liberamente significa aver imparato a riconoscere la trota iridata, conoscere con stupore ciò che si desidera veramente da questa vita.
Stupore, desiderio, vita. Incrociamo il fascio luminoso che proviene da questi tre punti-luce e illumineremo qualcosa del “mistero” di BombaCarta. E’ interessante notare che tutte le persone che hanno incrociato questa esperienza trovino poi difficile esprimerne a parole il senso compiuto, che forse ancora fa fatica ad emergere, un senso che poi funziona come quei medicinali “a lento rilascio”, fermentando e germogliando lentamente nel corso dei giorni o anche degli anni successivi.
Il punto di partenza resta comunque il “caos”, il “magma” a cui fa riferimento Antonio nel testo del 2006. Ecco se dovessi dire qualcosa di questi 16 anni che conosco padre Spadaro e BC dovrei partire da questo: la realtà della vita non è chiara e distinta, ma magmatica. Ora se tu leggi un testo di Antonio o se parli con lui, vedrai che lui procede invece per affermazioni chiare e distinte, concatenate e compatte, difficilmente scomponibili e sindacabili. Però la cosa interessante è che questa “lucidità” porta a riflettere e a prendere atto che la vita è un caos e, proprio per questo, è qualcosa di creativo, che la vita è sporca, ma è, appunto, vitale. La “purezza” non fa parte della vita, della storia degli uomini, e nemmeno di BombaCarta. La vita non la si conosce come si può leggere una cartina geografica, ma la si scopre vivendo, da qui lo stupore.
Forse BC non ha un vero e proprio “contenuto” ma si potrebbe dire che è “una maniera di procedere”. Per spiegare questo devo fare ricorso non ad una immagine ma ad una storia, la mia, dentro BC. Quando sono arrivato c’era Antonio che faceva i suoi one-man-show e bombardava l’uditorio con suggestioni, intuizioni, illuminazioni, spesso a partire da quegli autori che in quegli anni erano per lui punti saldi di riferimento, per lo più i tre già citati, Tondelli, Carver, la O’Connor. Ora, so di farlo rabbrividire, per me i primi due erano dei perfetti sconosciuti e, brivido anche maggiore, una volta che mi accostai spinto dalla marea montante di BC, non li trovai per niente accoglienti, non riuscii ad entrarci (anche se poi col tempo ho avuto modo di apprezzare il Carver poeta).
Era una BC per certi versi molto diversa da quella che poi si sviluppò successivamente, a conferma della “magmaticità” di questa esperienza. Io ci entrai all’inizio timidamente, portandomi appresso i miei autori di riferimento, che potevano suonare come dei “perfetti sconosciuti” per la maggior parte delle persone che già vivevano da anni dentro BC, sto parlando di scrittori come Tolkien, Lewis, Chesterton e Borges, e siccome Antonio ha un approccio “partigiano” rispetto ai suoi gusti e ai suoi odi letterari, l’incontro non fu sempre pacifico ma direi abbastanza “accidentato”. Non ci siamo mai trovati d’accordo sui “contenuti” ma ben presto compresi che attraverso questi scontri stava nascendo una relazione che era più importante delle nostre “idee”, apprezzai insomma la maniera di procedere di questo fazioso e spigoloso siciliano che nella chiarezza leale della sua posizione gettava le basi per la nascita di una storia che si poteva condividere, con esito proficuo per entrambi. Rispetto ai “miei autori”, una parola su Chesterton può essere utile, visto che fu l’unico che nel giro di qualche anno fece breccia dentro BC al punto che BC è diventata con Civiltà Cattolica uno dei luoghi più importanti in Italia della diffusione dell’opera del geniale scrittore inglese. Questo è avvenuto per una serie di motivi: innanzitutto ci siamo resi conto che Antonio era ed è un “chestertoniano anonimo”, un propugnatore inconsapevole di una visione della vita che è vicinissima a quella di Chesterton. Mi riferisco in particolare al tema dello “stupore” e della vita come avventura, scoperta, progressiva conquista, tutti aspetti che legano lo scrittore londinese al critico messinese.
E poi Chesterton ha un altro punto a suo favore, qui devo usare una parola rischiosa: l’ottimismo. Un ottimismo che si basa sul sano realismo di Tommaso D’Aquino. Sempre a proposito della “maniera di procedere”, dopo un po’ di tempo che frequentavo BC ho dovuto apprezzare, pur continuando a dissentire su tanti aspetti puntuali, il fatto che la visione proposta da Antonio era, per dirla semplificando drasticamente, aristotelica più che platonica, tomista più che agostiniana: quando Antonio ama ripetere, con un sano gusto per la provocazione, che “BombaCarta non esiste, ma avviene”, rivela questo approccio anti-platonico, questa idiosincrasia verso l’astrattezza delle idee e il favore invece per la concretezza delle cose.
“Not ideas, but in things”, come scrive W. C. Williams, poeta americano fondamentale per capire la visione spadariana: “non idee, se non nelle cose”, una visione anti-cartesiana e per certi versi anti-moderna e anti-novecentesca con la sua prevalenza della coscienza sulla realtà. Contro l’autoreferenzialità e il narcisismo di una vita tutta giocata intorno ai rovelli della propria mente, a BombaCarta abbiamo provato a dire che il “fuori” conta più del “dentro”, che al di fuori del proprio ego c’è la possibilità e quindi la speranza della novità, della salvezza.
Proprio oggi è uscita un’intervista che Antonio Spadaro ha fatto su Civiltà Cattolica al cardinale Schoenborn e, parlando di Papa Francesco, il cardinale di Vienna ha detto parole che possono essere ben applicate al nostro discorso: “[il Papa] rifiuta lo sguardo di ripiegamento su enunciazioni astratte, separate dal soggetto che vive testimoniando l’incontro con il Signore che cambia la vita. Lo sguardo astratto di tipo dottrinario addomestica alcune enunciazioni per imporre la loro generalizzazione a una élite”. Lo sguardo, altro termine di cui ho apprezzato il valore grazie all’incontro con BC, deve dispiegarsi, altrimenti corre il rischio di ripiegarsi.
Conosco da 16 anni Antonio e BC, ma solo negli ultimi tre ho capito meglio il loro segreto e mi ha aiutato in questo cammino di comprensione l’avvento di Papa Francesco, il primo pontefice gesuita, soprattutto per comprendere l’ultimo aspetto che adesso accennerò in questa mia riflessione inevitabilmente caotica, magmatica.
Sto parlando dell’aspetto del desiderio. Non è una parola che circola molto dentro BC, ma secondo me il desiderio vive alla base di questa esperienza, anzi la fonda, la sostiene, agitandola.
Per quel sano ottimismo realista che arriva fino a Tommaso ed Aristotele, passando ovviamente da Ignazio di Loyola, Antonio è portato a credere che ogni uomo è un essere desiderante e che in quel “fondo” dove alberga il Desiderio grande dell’uomo, c’è qualcosa di buono, di vero, di giusto. Allora bisogna creare le condizioni affinchè emerga questo desiderio che spesso l’uomo non riesce a comprendere, se non in maniera confusa, frammentata, contraddittoria. C’è bisogno di fare in modo che l’uomo impari a “riconoscere la trota iridata”, perchè ogni uomo, così è convinto fiduciosamente Antonio, è spinto nella propria vita da un desiderio ed è alla ricerca quindi di una decisione da prendere, ma tutto questo come “al buio”, nella piena confusione della quotidianità e dell’inconsapevolezza. E’ necessario allora creare dei “luoghi” o dei momenti che aiutino gli uomini a nominare il proprio desiderio, dei luoghi dove poter fare esercizi, pratiche, per intraprendere questo viaggio “lontano, dentro se stessi”, al fine di riconquistare la propria esperienza di vita che altrimenti rischia di rivelarsi muta e sorda. BombaCarta è questo luogo, un luogo proporzionato al viaggio di chi ha accettato di mettersi in gioco, un luogo che ci porta innanzitutto fuori di noi stessi e dentro altri luoghi ricchi di luce e significato, i luoghi dell’espressione artistica ed in particolare poetica-letteraria. L’insistenza con cui Antonio ha ricordato l’immagine che Proust offre della letteratura, uno strumento fotografico che consente all’uomo di mettere a fuoco quelle esperienze della vita che rischierebbero invece di rimanere come lastre non sviluppate, ci dice proprio questa cosa qui: l’uomo è animale desiderante e al tempo stesso animale narrante, si ciba e produce continuamente storie e queste storie lo conducono a dare un nome ai propri desideri.
L’esperienza delle Officine e del laboratori in effetti risponde a questa esigenza del “nominare”: in fondo siamo tutti bravi a indicare le cose che ci piacciono, ma tutti entriamo in crisi nel momento in cui ci viene chiesto perchè una cosa ci piace anziché un’altra. Il desiderio ci agita ma ci sfugge, anima le nostre scelte ma si sottrae ad una piena comprensione. Non sappiamo bene quello che vogliamo e soprattutto perchè. Antonio, inventandosi BombaCarta ha creato questo luogo in cui è piacevole, ma non comodo, camminare, viaggiare, ricco di punti di riferimento (l’importanza del testo, con cui intraprendere un serrato corpo a corpo) che però non chiudono mai l’esperienza del viaggio in un esito già confezionato (a BC non si danno risposte ma si fanno e si accolgono domande), la meta del viaggio ancora non la si conosce, c’è invece il gusto della scoperta e dell’avventura in uno scenario di cui si cerca di dispiegare tutte le possibilità e le alternative, stimolando poi per ciascuno la decisione, che passa attraverso il riconoscimento della trota iridata.
Anch’io alla fine con tutte queste parole un po’ disordinate, non ho fatto altro che raccontare una storia, la storia mia con BC e con Antonio Spadaro, una storia di cui molta parte significativa è rimasta fuori, “le storie accennate ma non dette sono le più belle” ricordava Tolkien, e l’ho voluto fare per ricordare il passato, le radici di BC, festeggiando il compleanno “tondo” del fondatore di BC, ma soprattutto per gettare uno sguardo verso il futuro, visto che il prossimo anno che ci attende dopo questa lunga estate calda, girerà intorno alla vecchia sempre nuova domanda “a che cosa serve la letteratura?”, convinto che il passato sia irrerversibile, non torna mai (anche questa è una lezione appresa da Antonio), ma che è giusto procedere sempre in avanti e, possibilmente, in alto, come fanno rischiosamente i salmoni, o le trote iridate, quando vogliono generare, gettando di nuovo le radici per chi verrà dopo di loro.
Accipicchia. Bel punto di arrivo e di partenza questo editoriale.