Orientarsi con le stelle
Sembra che la prima testimonianza di una parvenza di rappresentazione cartografica, giunta intatta sino ai nostri tempi, non riguardasse la superficie terrestre quanto quella celeste. Si tratta di alcuni puntini dipinti con pigmenti minerali, circa sedicimilacinquecento anni prima di Cristo, sulle pareti delle grotte di Lascaux, che riproducono, in piccolo, costellazioni quali le Pleiadi, Vega, Deneb e Altair. Questi frammenti di mappe del cielo notturno, intervallati da figure di cervi, bisonti, cavalli e felini, ci ricordano uno dei bisogni che da sempre accompagnano l’umanità, ovvero la necessità di orientarsi nel mondo.
Orientarsi significa, letteralmente, trovare l’oriente e, da lì, determinare gli altri punti cardinali, in modo da chiarire la propria posizione geografica. La capacità di sapersi localizzare nello spazio circostante e di stabilire delle coordinate in grado di ridurre a sistema i luoghi conosciuti e sconosciuti rappresenta uno di quei passaggi evolutivi fondamentali nella storia dell’uomo. Tuttavia l’esigenza di orientamento spaziale, pur coincidendo con una necessità di basilare sopravvivenza dell’umano, di per sé non soddisfa la domanda di senso dell’individuo, che si chiede piuttosto quale sia la sua posizione esistenziale nel mondo. Sono note, in proposito, le tre ferite narcisistiche individuate da Freud, che umilierebbero l’uomo rivelandogli la menzogna di una sua supposta centralità rispetto al cosmo (Copernico), all’evoluzione (Darwin) e, infine, rispetto a se stesso (Freud). Ma tali disillusioni non rappresentano la causa di un disorientamento; al contrario sono spie della necessità umana di individuare il proprio posto nel mondo, inteso come consapevolezza della situazione in cui il soggetto viene a trovarsi, in relazione allo spazio, al tempo, a se stesso, agli altri.
In Che cosa significa orientarsi nel pensiero? Kant principia l’orientamento dell’essere umano dalla materialità del corpo e, in particolare, dalla distinzione fondamentale tra mano destra e mano sinistra.
“Al buio, in una stanza a me nota, posso orientarmi a condizione di poter afferrare almeno un oggetto di cui ricordo la posizione. In tal caso, però, non mi è evidentemente d’aiuto nient’altro che la capacità di determinare le posizioni in base a un fondamento soggettivo di distinzione (…) tra i miei due lati: quello destro e quello sinistro”.
Kant viene dunque a sottolineare due elementi fondamentali dell’orientamento: la necessità di un punto di riferimento esterno e l’esigenza di un fondamento soggettivo di distinzione. In altre parole, l’individuo riesce a trovare la propria posizione nel mondo per confronto con ciò che lo circonda e per discernimento, dicendo “questo sì e questo no”, definendosi e ridefinendosi ogni volta per somiglianze e per moti a contrario.
La prima presa di coscienza del cosmo è rispetto a se stessi, misurandolo in relazione alla propria destra e alla propria sinistra, al davanti e al dietro, al prima e al dopo. Sono queste coordinate necessariamente egocentriche:
“Ognuno di noi dice io (…) e trova in ogni momento se stesso come centro di un ambiente circostante”,
afferma Husserl, sostenendo che la condizione umana sia caratterizzata dalla considerazione dell’io come di un punto centrale, un “punto-zero del sistema delle coordinate”, a partire dal quale vengono pensate, ordinate e conosciute tutte le cose del mondo. E, tuttavia, esistono coordinate non egocentriche per orientarsi nel mondo; ce lo ricordano le bussole con i loro punti cardinali, le mappe, le costellazioni.
D’altronde, se ogni io è il centro del mondo significa che il mondo ha tanti centri quanti i suoi abitanti, centri in movimento, in continua esplorazione e in reciproca relazione, che entrano in contatto tra di loro e modificano la propria percezione. Centri che appaiono come tanti piccoli puntini luminosi all’interno di costellazioni più grandi.
Può succedere, poi, che questi piccoli io-centro siano attraversati, tutti insieme, da eventi più grandi di loro, che la Storia comune invada le singole storie personali. Se la domanda sulla propria posizione nel mondo è intrinseca all’esistenza stessa dell’uomo, la necessità di orientarsi può essere acuita da determinati eventi piccoli o grandi, che impongono all’individuo un ripensamento di sé e dei propri rapporti.
Non è un caso se, guardando agli ultimi temi da noi affrontati con i BombaMag, emergano titoli particolarmente evocativi di una sensazione di disorientamento, quali “Fuori fase” o “Nel labirinto”, ovvero dedicati alle difficoltà relazionali dell’ego, come “Me, myself and I”. Questi temi mi sembrano intercettare un comune sentire, venutosi a creare a seguito degli eventi che ci hanno travolti negli ultimi due anni, rivelando cioè l’esigenza di scoprire nuovi punti cardinali, nuove modalità di orientamento.
Serve una nuova cartografia dell’anima, che parta tuttavia fuori dal sé, dagli altri, dall’alto. La famosa statua del pensatore di Rodin rappresenta un uomo colto nell’atto di riflettere, con lo sguardo accigliato verso il basso, il pugno sotto il mento e il corpo piegato su se stesso. Chi osserva le stelle, invece, è costretto ad alzare il capo e aguzzare la vista, per guardare oltre e navigare in un cosmo molto più grande del proprio ego.
Nel pensatore di Rodin, l’individuo è contemporaneamente centro e orizzonte di se stesso. Le grotte di Lascaux, invece, ci insegnano a guardare in alto, a rivolgerci verso altri sistemi e altre luci.
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