[Report] Officina di ottobre 2021

Valerio

L’icona del “voi siete qui” tenta di rispondere alla domanda “dove siamo?” e ha la funzione di individuare un soggetto in una mappa. Si tratta, dunque, di una rappresentazione del rapporto tra soggetto e spazio.

A partire da questo presupposto, iniziamo con l’affrontare il tema dal versante del soggetto rappresentato. Durante un’intervista al David Letterman Show, un disorientato Joaquin Phoenix appare assolutamente remissivo e impenetrabile. Joaquin ha deciso di abbandonare la carriera d’attore e non sembra molto presente a se stesso, tanto che alla fine Letterman lo saluta dicendo “Grazie di NON essere stato qui stasera”.

https://youtu.be/rmOVhA12C54

Dopo un anno e mezzo, il disvelamento. Phoenix stava recitando una parte per il film I’m still here (Sono ancora qui), interpretando una versione depressa di se stesso. Durante la seconda intervista, Phoenix dice a Letterman: “credevo avresti notato la differenza tra un personaggio e una persona reale”. Sono qui, ma chi sono?

Il rapporto tra soggetto e spazio è al centro della storia narrata da E. A. Abbott in Flatlandia: racconto fantastico a più dimensioni, in cui il protagonista, un abitante di un mondo bidimensionale, compie un viaggio tra le dimensioni, scoprendo la Lineland (mondo a una dimensione) e la Spaceland (mondo a tre dimensioni), fino ad avere la visione di un punto (per definizione, adimensionale).

“Osserva quella miserabile creatura. Quel Punto è un Essere come noi, ma confinato nel baratro adimensionale. Egli stesso è tutto il suo Mondo, tutto il suo Universo; egli non può concepire altri fuori di se stesso: egli non conosce lunghezza, né larghezza, né altezza, poiché non ne ha esperienza; non ha cognizione nemmeno del numero Due; né ha un’idea della pluralità, poiché egli è in se stesso il suo Uno e il suo Tutto, essendo in realtà Niente. Eppure nota la sua soddisfazione totale…”.

(…)

“Esso riempie ogni spazio”.

Il punto di Flatlandia, essendo privo di dimensione, è al contempo Tutto e Niente, e coincide con il suo stesso spazio. “Io sono qui” muta significato. Da “io mi trovo qui” a “io coincido con qui”. Il punto non concepisce la pluralità e tutti gli input che arrivano da soggetti esterni diventano una seconda voce del punto stesso, incapace di confronto con un soggetto che non sia il sé. Questa autoreferenzialità rispetto allo spazio che ci circonda ricorda da vicino la “filter bubble“.

Io sono qui. Ma cosa è “qui”?

Ci sono due giovani pesci che nuotano e a un certo punto incontrano un pesce anziano che va nella direzione opposta, fa un cenno di saluto e dice: – Salve, ragazzi. Com’è l’acqua? – I due pesci giovani nuotano un altro po’, poi uno guarda l’altro e fa: – Che cavolo è l’acqua?

La storiella è raccontata da David Foster Wallace nell’ambito del discorso tenuto nel 2005 ai laureandi del Kenyon College. Ci rammenta che si può letteralmente essere immersi nel “qui” senza comprenderlo e che occorre “imparare a pensare”, nel senso di “esercitare un certo controllo su “cosa” e su “come” pensare”, riallacciando la questione dell’orientamento al tema fondamentale del discernimento.

Cristiano (con Tiziana e Valeria)

Per via dell’assenza imprevista di Tiziana e Valeria, Cristiano ha “cucito” insieme un intervento a sei mani. L’intervento è iniziato con tre racconti di Borges che hanno come tema le mappe o i labirinti e per il brano “Del rigore della scienza” in particolare sono state offerte alcune analisi di altri autori.

Siamo passati poi all’aspetto semiotico della mappa e alla univocità (o meno) dei segni “iconici”.

In conclusione è stata proiettata una breve sequenza da un episodio di “See”, in cui i personaggi discutono di una mappa che è stata disegnata in modo intenzionalmente sbagliato.

Greta

Iniziando con un video che ci mostra quanto, in una prospettiva umana, la struttura dell’universo sia grande e quanto la struttura atomica sia piccola, ci addentriamo nel mondo degli atomi attraverso le parole di Bill Bryson (dal libro Breve storia di quasi tutto) scoprendo come la sua struttura, composta di elettroni, manchi della proprietà di posizione: gli elettroni non stanno mai in un punto, almeno finché non ci sia un’interazione con qualcuno che  li osserva.

Questo ci dice che la realtà, nella sua più piccola parte, manca di proprietà fisiche che però esistono in scala umana: se l’elettrone non ha posizione, l’uomo invece ce l’ha, esattamente come l’elettrone è mancante del tatto (non ci si tocca mai, semplicemente le forze elettriche si respingono) ma per noi il tatto è non solo reale ma spesso essenziale. 

Ci dice anche come l’interazione svolga un ruolo fondamentale a livello fisico. Finché non è studiato, l’elettrone si trova in uno stato specifico, che è quello di non avere posizione; andandolo a studiare però, si interagisce con esso e si cambia questo stato, e cioè si può individuare una posizione. Questo meccanismo di cambiamento (e individuazione) grazie a un’interazione è osservabile anche a livello di psiche umana, come bene ci mostra la scena tratta dall’anime Evangelion.

Margherita

Spostiamo la nostra attenzione dal mondo fisico a quello metafisico. Per orientarci nel primo abbiamo ormai diversi strumenti (dalle stelle al gps), ma come ci orientarsi in uno spazio al di fuori del reale, che non risponde alle stesse regole?

Dobbiamo innanzitutto individuare la parte di noi che dovrà rapportarsi a questo luogo: se è il nostro corpo a muoversi nel reale, definiamo l’anima come la parte di noi che fa riferimento ad altri piani di esistenza. L’anima infatti non può essere “provata” a livello fisico. Cartesio la individuava nella ghiandola pineale. MacDougall affermò che, pesando un uomo nel momento del trapasso, ci fosse una differenza di 21 grammi e che quello fosse il peso dell’anima che lasciava il corpo, ma nulla di scientifico. 

In un brano da 1Q84 diMurakami è descritto il particolare metodo che la protagonista Aomame – killer di professione – utilizza per uccidere le sue vittime. Aomame è l’unica a saper individuare uno specifico punto dietro la nuca, in cui inserisce una punta sottile quanto un ago. Questo provoca una morte istantanea per arresto cardiaco. Possiamo interpretare questo punto come un “punto di non ritorno” oltre il quale non possiamo sapere cosa ci sia, non possiamo orientarci. L’esistenza della vittima, la sua anima, sembra fuoriuscire da questo punto “come l’aria da una palla da basket”. Per andare dove? Rimane soltanto un’espressione di stupore sul volto del malcapitato, che possiamo interpretare come la sorpresa di una morte inaspettata o come la prima reazione ad un “nuovo mondo”, l’aldilà. 

Riguardo al momento della morte, non abbiamo neppure certezza che esista un “dove” a cui fare riferimento dopo. Per sopperire a questa “ignoranza”, abbiamo creato dei luoghi paragonabili al mondo reale quanto a possibilità di essere mappati, con una loro geografia. L’aldilà descritto da Virgilio e l’Inferno di Dante ne sono esempi. Questi luoghi hanno in comune due fiumi, l’Acheronte e lo Stige, e in entrambi è presente la selva, luogo di disorientamento attraversato da Dante all’inizio del suo viaggio – poiché essa rappresenta la confusione che proviamo nel varcare il limite tra reale e metafisico. 

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