Orizzonti

Chissà, chissà domani,
Su che cosa metteremo le mani.

Così canta Lucio Dalla all’inizio della splendida canzone che è Futura. Domani arriva presto, è quasi qui. Il futuro resta imprevedibile, certo, ma è tanto vicino da poterlo quasi toccare.
Ma se un futuro imminente, a portata di alba, può fare paura, cosa aspettarsi da un futuro lontano?

Guardare all’orizzonte può essere terrificante se non abbiamo idea di cosa ci aspetti oltre quella linea. Possiamo pianificare, agire con un obiettivo in mente, avere chiaro dove vogliamo andare, ma dobbiamo anche accettare che non sempre la strada sarà lineare, che potremmo dover deviare, persino cambiare del tutto destinazione. Perché non possiamo sapere cosa accadrà. Come non perdersi?

Francisco e Irene, protagonisti del romanzo D’amore e ombra di Isabel Allende, si trovano costretti a lasciare il loro paese – il Cile sull’orlo della dittatura – a causa del loro lavoro di giornalisti, per andare incontro ad un futuro incerto, in un paese nuovo. Essendosi dati alla macchia, grazie ad una guida si inoltrano tra le montagne, per raggiungere il confine.

Infine fu l’alba. Avanzò l’aurora come un fiore di fuoco e cacciò lentamente l’oscurità. Il cielo schiarì e la brumosa bellezza del paesaggio scaturì dinanzi ai loro occhi come un mondo appena nato. Si alzarono, scossero la brina dalle coperte, mossero le membra tumefatte e bevvero il resto della grappa per ritornare in vita.
-Ecco lì la frontiera. – disse la guida indicando un punto nella distanza.
-Allora qui ci separiamo. – decise Francisco.- Dall’altra parte ci saranno amici ad aspettarci.
-Dovrete passare a piedi. Seguite i segni sugli alberi e non potrete perdervi, è un sentiero sicuro. Buona fortuna, compagni…
Si salutarono con un abbraccio. La guida ritornò indietro con le bestie e i giovani cominciarono ad avanzare verso la linea invisibile che divideva quell’immensa catena di montagne e di vulcani. Si sentivano piccoli, soli, vulnerabili, due naviganti persi in un mare di cime e di nuvole, in un silenzio lunare; ma sentivano pure che il loro amore aveva acquisito una nuova e formidabile dimensione che sarebbe stato l’unica fonte di forza nell’esilio.
Nella luce dorata dell’alba si fermarono per guardare la loro terra un’ultima volta.
-Ritorneremo? – mormorò Irene.
-Ritorneremo. – rispose Francisco.
E, negli anni successivi, quella parola avrebbe costellato i loro destini: ritorneremo, ritorneremo…

Nel percorso impervio affrontato da Francisco e Irene, a permettergli di proseguire verso quel confine, quel futuro incerto, sono la consapevolezza che avranno l’un l’altra e la promessa del ritorno. I due hanno bisogno di punti di riferimento che li aiutino a combattere la sensazione di essere in balìa del vento. Non solo: non possono fare a meno di proseguire, non c’è – per il momento – possibilità di tornare indietro e l’orizzonte di quel paese nuovo è tutto quello che hanno. Questo futuro inevitabile, il domani di Francisco e Irene, raggiunto con scelte obbligate e sentieri tracciati da seguire, è certamente imprevedibile quanto qualunque altro futuro, ma è forse meno spaventoso.

In alcuni casi, però, ciò che ci aspetta può essere talmente imperscrutabile da lasciarci bloccati. Può capitare di non avere gli strumenti per decidere quale strada intraprendere, può capitare di non avere una guida o punti di riferimento che ci aiutino. È il caso estremo dei personaggi di Cecità di José Saramago. Colpiti da un’improvvisa cecità, per l’appunto, i protagonisti, insieme a centinaia di altre persone, vengono isolati in un ex-manicomio, per paura che siano contagiosi. La struttura va infine in fiamme e tutti i ciechi si ritrovano nel mondo esterno senza sapere – letteralmente – come muoversi:

A un cieco gli si dice, Sei libero, gli si apre la porta che lo separava dal mondo, Vai, sei libero, gli ripetiamo, ma lui non va, se ne sta fermo lì in mezzo alla strada, lui e gli altri, sono spaventati, non sanno dove andare, è che non c’è paragone tra il vivere in un labirinto razionale, come lo è per definizione un manicomio, e l’avventurarsi, senza la guida di una mano né il guinzaglio di un cane, nel labirinto demenziale della città, dove la memoria non servirà a niente, poiché riuscirà solo a mostrare l’immagine dei luoghi e non le vie per arrivarci. Immobili davanti all’edificio che ormai brucia da un capo all’altro, i ciechi sentono sul viso le ondate di calore dell’incendio, le accolgono come qualcosa che in qualche modo li ripara, proprio come facevano prima le pareti, prigione e, insieme, sicurezza. Stanno lì tutti uniti, stretti fra loro, come un gregge, nessuno vuol essere la pecora smarrita perché fin d’ora sanno che nessun pastore li andrà a cercare. Il fuoco scema a poco a poco, è di nuovo la luna a illuminare, i ciechi non possono restare lì, Eternamente, disse uno.

Anche in una situazione in cui non si hanno punti di riferimento, in cui non c’è nessuno a guidarci, il futuro arriva. I personaggi avranno bisogno di spostarsi, di cercare del cibo, di trovare un riparo, in un mondo in cui non possono vedere dove li porterà ogni passo. Perdersi nella città sarà inevitabile, ma a quel punto l’unico orizzonte a contare sarà quello della sopravvivenza.

D’altra parte, il futuro non può essere soltanto qualcosa da temere o da cui cercare di fuggire. Il futuro è anche possibilità, speranza, promessa. Avere una visione del punto a cui vogliamo arrivare, avere una prospettiva, è di per sé un modo di non lasciarsi trascinare via dagli eventi, un modo per non perdersi. Nel film I Sogni Segreti di Walter Mitty, il protagonista vive una vita ordinaria, lavorando senza grandi pretese per la rivista Life. Ci sono però momenti in cui si dissocia e immagina luoghi e avventure che vorrebbe vivere. I sogni si trasformano in realtà, quando Walter decide di lasciare tutto e affrontare l’ignoto, imbarcandosi in una vera avventura. Nella scena in cui si dirige all’aeroporto per partire verso la Groenlandia, alle sue spalle si legge il motto di Life:

Vedere il mondo, cose pericolose da raggiungere, guardare oltre i muri, avvicinarsi, trovarsi l’un l’altro e sentirsi. Questo è lo scopo della vita.

E tutto questo potrebbe aspettarci proprio al di là dell’orizzonte.

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